sabato 29 marzo 2008

Del perché il cavaliere non vuole che Air France compri Alitalia

(e perché né lui né i suoi amici hanno un reale interesse a farlo loro)

Allora, pare che il mio post dell'altro giorno non fosse sufficientemente chiaro, e mi si è detto che tacciare una persona di essere un bugiardo non è sufficiente a dimostrarne la malafede, visto che tutti diciamo qualche bugia.
A parte che c'è bugia e bugia, e dire che c'è una cordata che è interessata ad acquistare Alitalia quando non è vero non è esattamente una bugia di calibro minore, tipo che ne so, dire che non è vero che ho finito la nutella, così come dire che si
era capito che quella tra Alitalia ed Air France doveva essere una semplice fusione e non una acquisizione
può essere digerito solo se accompagnato dalla richiesta dell'infermità mentale, comunque è abbastanza
facile dimostrare la malafede di tutta l'operazione.

Sappiamo tutti benissimo che una delle principali difficoltà che si incontrano per la vendita di Alitali, e che è lo stesso motivo per cui la compagnia si trova nella situazione in cui si trova, è costituita dalla
sua struttura ipertrofica.
All'Alitalia, così come alle poste, alle ferrovie e in quasi tutte le aziende ed enti pubblici italiani, sono state collocate, in anni di voto di scambio, migliaia di persone che non ci sarebbero dovute stare.
La struttura ipertrofica ha generato un sindacato ipertrofico, che purtroppo, come spesso ha fatto il sindacato in Italia negli ultimi anni, ha scambiato la difesa del posto di lavoro e dei diritti dei lavoratori con un'attività saprofitica, che finisce con l'uccidere l'organismo ospite.
In altre parole, se il sindacato capisse che i fanulloni devono andare a casa a calci, visto che difendere il loro posto di lavoro significa a lungo andare far perdere il posto a quelli che invece lavorano, forse saremmo in una situazione diversa.
D'altra parte, spesso i sindacalisti sono ricattabili, nella mia ne ho visti tanti che oggi erano in giro con le pezze al culo e il giorno dopo con il macchinone, diventando ingranaggi funzionali al sistema.
In questo modo il meccanismo perpetua se stesso.
Ed ora Alitalia è in vendita.
Non ho informazioni sufficienti per dire se il piano esuberi presentato da Air France sia ragionevole o sia di lacrime e sangue, ma parto dal concetto che sia una vita di mezzo tra le due cose.
Accidenti, siamo sotto elezioni, c'è il rischio che un sacco di gente, dipendenti e sindacalisti, che stanno dove stanno perché in passato hanno scambiato il proprio voto per il posto, nell'ipotesi più semplice, restino a casa, e c'è il rischio che le stesse persone, non essendo più imbrigliate dalla contropartita data, votino secondo coscienza e non secondo scienza (per così dire).
E il governo, anche se castrato, incastrato, mastellato, tira avanti nel suo tentativo di liberarsi di una azienda che non rende e assorbe soldi pubblici.
E oplà, colpo di teatro, c'è la cordata, non c'è, oppure, appena sentita in viva voce alla radio dall'unica persona che è riuscita a rendermi odioso l'accento lombardo con cui sono nata, questa cordata si circonda di riserbo, e poi verrà fuori una volta fallita la trattativa con Air France.
E se non è un messaggio mafioso ai sindacalisti amici questo non so quale lo sia: fate fallire la trattativa, e avrete la vostra mercede.
Che cosa succederà dopo le elezioni, se verranno vinte da Berlusconi e nel frattempo fallirà la trattativa con Air France?
Succederà che nessuno acquisterà la compagnia, che verrà commissariata.
E ho tutte le mie idee di chi potrebbe essere il commissario, mentre non sono idee gli effetti dei commissariamenti in Italia, basta vedere la voragine economica che è stato ed è il commisariamento dell'emergenza rifiuti in Campania.
D'altra parte, ammettiamo che l'ometto e i suoi soci acquistino Alitalia: ma avete mai sentito di qualcuno che va a lavorare a Mediaset, o da Benetton, o da uno degli amichetti dell'ometto, in cambio di un voto?
Ma quando mai!
In quelle imprese si lavora tramite agenzie interinali, tutto un altro genere di ricatto.
Il posto, quello vero, è nelle aziende e negli enti pubblici, e c'è tutto l'interesse perché Alitalia cotinui a fare parte del pacchetto.

giovedì 27 marzo 2008

Ma quante belle balle madama Dorè

09:58 Berlusconi: "Benetton, Ligresti, Eni, Mediobanca, ecco la cordata"
Silvio Berlusconi ha rivelato al quotidiano La Stampa i nomi degli impreditori italiani nella cordata. Si tratta di Benetton, Mediobanca, Ligresti e Eni.
Io e il prof stiamo facendo una colazione tardiva, quando sentiamo questa comunicazione alla radio.
Siccome come sempre stiamo leggendo, ci mettiamo qualche minuto a comprendere la notizia.
Dopo di che il prof si lancia nel classico ommento sulla propaganda elettorale e sui gruppi privati che acquistano aziende pubbliche, contando assai probabilmente su finanziamenti pubblici.
Io invece mi rigiro la cosa nella testa, fino a ricostruire esattamente quello che ho sentito, e poi dico: è una bufala (nel senso di balla, non mozzarella di ..., argomento che richiederebbe un altro post)
Perché una bufala? chiede il prof. L'ENI. L'ENI non ha alcun interesse a ficcarsi in una avventura del genere, nè a legarsi in una precisa parte politica, non in tempi di spoil system.
E gli altri? Benetton è possibile, Mediobanca non so, e Ligresti non è uno che butta i soldi dalla finestra, un conto è una tangente a Craxi, un altro comprare Alitalia.
E infatti iniziano ad arrivare le smentite, tranne che da Benetton (non ho avuto tempo di controllare quali acquisizioni di aziende pubbliche con fondi pubblici abbia fatto Benetton, ma se domani è ancora brutto tempo potrebbe essere un ottimo esercizio sostitutivo della passeggiata di salute), fino alla frase stizzita del nano pelato: "meglio smentire che mentire".
Mentire, chi? Certo che detto da uno che mente anche sulla propria altezza e che non sa portare con dignità
nemmeno una pelata ...

Ma quante belle balle madama Dorè, ma quante belle balle ...

94,2 kg
134/81 mm/Hg

mercoledì 26 marzo 2008

La macchina degli arcobaleni

Tecnicamente parlando, è una cazzatina. Un minuscolo pannello solare che alimenta una dinamo, la quale fa muovere un sistema di ingranaggi demoltiplicatori che fanno girare,
molto lentamente, un grosso cristallo, che cattura la luce, la scompone e la proietta sui muri.
Niente di poetico o attraente, detto così.
Ma l'aspetto tecnico è fuorviante, di fronte all'effetto dei piccoli arcobaleni che ruotano lentamente in modo quasi ipnotico, e si intrecciano sulle pareti, colorando angoli, dettagli, dando nuova profondità agli spigoli, rendendo la mia camera da letto una misteriosa caverna illuminata dai bagliori dei gioielli provenienti dal tesoro di un re.
Nei giorni di sole, mi scopro a controllare il momento in cui inizierà la danza dei gioielli, e ora che il sole sta calando osservo, quasi con rimpianto, gli ultimi riflessi provenienti dal cristallo incantato, prima che si fermi.
Grazie Pino per questo magnifico regalo, so che il suo fascino non cesserà col passare dei giorni.

lunedì 24 marzo 2008

Pasqua, Pasquetta e il massacro gastronomico

E' la sera di Pasquetta, e, volendo descrivere questi ultimi giorni con un solo motto, bisognerebbe dire che "quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare".
Primo ciack sabato pomeriggio.
Preparazione dei cannelloni alla napoletana, comprensivi del ragù in cui vanno annegati.
I cannelloni di per se stessi possono essere preparati da chiunque:
pasta fresca per lasagne sbollentata, tagliata in quadrati e farcita con un ripieno formato da ricotta, mozzarella, scamorza, prosciutto crudo a dadini, carne macinata ben rosolata, uova sode a fettine e molto pepe.
Invece per cucinare il ragù ci vuole un napoletano, chiunque altro avrebbe la tendenza a toglierlo da fuoco troppo presto.
Ne sono venute fuori due teglie enormi, che sono state messe in veranda a riposare, così come è stato messo in veranda a riposare il polpettone farcito di friarielli.
Oltre a ciò, ho preparato il pane di carote.
Domenica mattina ho preparato invece il pane di olive, e poi, una volta acceso il forno, sono stati cucinati i cannelloni, il polpettone, e il pane. Nel frattempo, affettatrice alla mano, il prof ha preparato vassoi di antipasti: salame napoletano, salame
di Sauris, formaggi vari.
Una volta ben coperti due vassoi con queste cose, ci siamo ricordati di aver chiesto alla nostra amica di Ferrara di provvedere agli affettati, e infatti poco dopo è arrivata con zia ferrarere, pancetta piacentina e pancetta ferrarese.
Ci siamo messi a tavola alle due, e siamo andati avanti fino quasi alle otto, e dopo gli antipasti, i cannelloni, il polpettone con i contorni di verdura commissionati ai nostri amici monfalconesi, poi la macedonia, contributo dell'amico del prof, la pastiera, panpepato e panpapato.
Insomma, un duro lavoro.
Oggi abbiamo finito gli avanzi, in quattro, e con porzioni abbondanti.
Niente cena ovviamente!

Polpettone con friarielli
500 g macinato di manzo, 50 g mollica di pane raffermo, 2 uova, 2 cucchai di grana grattuggiato, 2 cucchiai di pecorino grattuggiato, pepe, 200 g di friarielli cotti, 100 g di prosciutto crudo, 1 piccola scamorza.
Ammollare la mollica di pane in un po' di latte, e strizzarla bene.
Mettere in una terrina la carne, la mollica di pane, i formaggi grattuggiati, le uova leggermente sbattute col pepe, e mescolare finché il composto diventa omogeneo e compatto.
Foderare una pirofila con della carta da forno leggermente unta, stendere metà del composto dandogli forma rettangolare.
Ricoprire uniformemente con alcune fette di prosciutto, lasciando libero un bordo di circa 2 cm, fare uno strato di fettine di scamorza, quindi aggiungere i friarielli, ricoprire con altra scamorza e altro prosciutto, quindi stendere l'altra metà del composto di carne, cercando di sigillare bene i bordi.
Cuocere per 40 minuti a 180 g. Far intiepidire prima di tagliare per evitare che si sbricioli.

94,2 kg
135/88 mmHg

venerdì 21 marzo 2008

Quelle mura

Oggi siamo andati alla Risiera di San Sabba.
Il prof ci va ogni anno accompagnando le scolaresche, per me era invece la prima volta.
Non è il primo lager che visito, ma San Sabba è diverso dagli altri.
San Sabba era una prigione in cui venivano praticate esecuzioni, i prigionieri razziali erano
pochissimi, e quei pochi venivano instradati verso i campi di lavoro in Germania, Austria, Polonia,
dove andavano incontro al loro destino, morendo di consunzione causata dalla fame e dal lavoro brutale.
E poi, dopo la morte, quei ciocchi di legno che una volta erano stati esseri umani, venivano bruciati.
I prigionieri di San Sabba sono soprattutto politici, partigiani, combattenti il nazismo e il fascismo, e come tali vengono giustiziati.
Dopo averli fatti patire brutalmente.
E i loro corpi vengono bruciati. A volte non sono nemmeno del tutto morti, secondo alcune testimonianze.
Della vera realtà di San Sabba è rimasto poco. Le microscopiche celle di sicurezza in cui venivano chiusi i prigionieri, nelle quali già due persone si sentirebbero soffocare, e che invece ne accoglievano fino a 15, e qualche altra stanza ormai spoglia, carica solo dei suoi fantasmi.
E l'impronta del forno crematorio, fatto saltare al momento della liberazione della città, per non lasciare tracce, anche se tutti sapevano.
Restano quelle mura di pietra, che a toccarle sembrano stillare lamenti.
Restano, e dovranno restare per sempre, perché il giorno che la cattiva volontà o l'incuria le faranno sparire, saremo di nuovo pronti per il più nero degli orrori.

giovedì 20 marzo 2008

Riti pasquali

Stamattina abbiamo fatto colazione con pane e ricette, per decidere che cosa cucineremo alla numerosa comitiva che farà la Pasqua con noi.
Io avevo sul mio lato del tavolo le mie riviste di ricette preferite, il prof la sua personale bibbia, vale a dire il ricettario di cucina napoletana di Aurelio Fierro.
Si, proprio Aurelio Fierro, il noto cantante napoletano scomparso qualche tempo fa, che con il ricavato della sua attività aveva aperto un ristorante, e quindi raccolto in un libriccino le ricette più tradizionali.
La copia del libriccino in questione era di proprietà del padre del prof, maitre d'hotel, ed è piuttosto malmessa: anni e anni di consultazione hanno fatto si che le pagine siano grigiastre, con vistose macchie di unto e di salsa di pomodoro, ma in casa nostra il prof non cucina niente senza aver prima verificato la ricetta, che ripassa mentre il piatto si cucina, tanto per essere sicuro di non aver dimenticato nulla.
Insomma che una volta deciso il menù il prof è partito per la spesa, mentre io ho preparato il pane.
Devo dire di essere estremamente soddisfatta del mio recente acquisto, vale a dire dell'impastatrice, decisamente più flessibile rispetto alla vecchia macchina del pane.
Oggi ho preparato dei panini morbidi con farro ed erbe aromatiche, che hanno lasciato un profumo stupendo per tutta la casa.
Dopo pranzo abbiamo iniziato le operazioni di cucina pasquale, con la preparazione della pastiera.
Io e il prof prepariamo la pastiera in equipe, lui fa la pastafrolla, io preparo l'impasto.
Non sto a scrivere la ricetta, ce ne sono tante e sono tutte abbastanza buone, l'importante è che vengano scelti ingredienti di primissima qualità e che, per avere una pasta frola croccante, si usi lo strutto invece che il burro.
In realtà un ciclo di preparazione prevede la cottura di due pastiere, e ovviamente nessuno è riuscito a reistere, stasera abbiamo fatto l'assaggio, sai mai che sia venuta male e che poi agli ospiti non piaccia :-)

94,2 kg
135/88 mmHg

mercoledì 19 marzo 2008

Il piccolo imbianchino

Questa Pasqua sarà movimentata. Domani arriva da Roma un vecchio amico del prof, che passerà con noi tutto il week end festivo, durante il quale ci raggiungeranno altre persone.
In casa nostra noi abbiamo una camera per gli ospiti, o meglio, dovremmo averla, ma ultimamente quella camera veniva usata prevalentemente come nursery per i cuccioli.
In questo periodo di cuccioli non ce ne sono, ma la camera non era esattamente nelle condizioni di essere utilizzata per un ospite, soprattutto per uno che non ha animali in casa.
Per quanto la camera sia stata tenuta rigorosamente pulita, fino a metà si potevano vedere delle simpatiche zampette di origine un po' dubbia.
Insomma che si è resa indispensabile una imbiancata.
In tutte le case del mondo in una situazione del genere l'abitante di sesso maschile prende in mano il pennello, mentre quello di sesso femminile si limita a tirare su le macchie brontolando perché l'altro non è in grado di fare un lavoro pulito.
Non qui. Qui abbiamo il prof, liceale classico, che ha imparato a fare un tot di lavoretti di casa, ma che con pennelli o rulli proprio non ha alcuna dimestichezza.
E poi ci sono io, che ho una formazione tecnica, per cui è normale (?) che sappia pitturare.
E per fortuna che mio padre non ha mai voluto, per pura avarizia, chiamare un imbianchino, così gli ho sempre fatto da assistente.
Così ho fatto il piccolo imbianchino, cancellando le zampette dai muri, e ritoccando qualche altro angoletto un po' mal messo.
Il prof ha fatto i trasporti dalla cantina di pittura e pennelli, e non ha nemmeno potuto brontolare per le macchie, visto che le ho pulite io.
Dato che da domani tutto il gran movimento comprenderà anche una dose industriale di cucina, per pranzo siamo stati leggeri,
e ci siamo preparati il risotto con le puntarelle.

Risotto con puntarelle (x 2 persone)
150 g di riso Vialone nano, 200 g di puntarelle, 1/4 di cipolla, 1/2 spicchio d'aglio, 10 olive di Gaeta, 1/2 bicchiere di vino bianco, 1 l di brodo vegetale, 2 cucchiai di ricotta dura di pecora grattuggiata, olio extrevergine di oliva.

Pulire le puntarelle e dividerle a filetti. Farle rosolare in poco olio con la cipolla tritata e l'aglio schiacciato. Aggiungere il riso e farlo tostare. Bagnare col vino, farlo evaporare, e continuare la cottura col brodo.
Quando il riso è cotto aggiungere le olive snocciolate, servire caldo cospargendo di ricotta grattuggiata.

Frase del giorno
"Chiediamo a Dio onnipotente, fonte di luce, che illumini le menti di tutti e dia a ciascuno il coraggio di scegliere la via del dialogo e della tolleranza" Benedetto XVI
Ma che belle parole ... nessuna fatica usarle per i tibetani, ma se si tratta di donne italiane tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, vero santità?

94,5 kg
135/82 mmHg

lunedì 17 marzo 2008

Pane!

Oggi ho inaugurato la mia nuova impastatrice preparando quello che si chiama pane della nonna, vale a dire un pane bianco con doppio lievito, e tre stadi di lievitazione successivi.
Ieri sera ho preparato il primo impasto, con 200 g di farina e 10 g di lievito secco sciolto in 125 ml d'acqua con 1 cucchiaino di malto, e ho lasciato a lievitare tutta la notte.
Questa mattina ho preso altri 400 g di farina, 10 g di lievito sciolto in 200 ml d'acqua, 10 g di sale, ho impastato per 5 minuti, poi ho aggiunto la biga preparata stanotte, ho continuato l'impasto, e poi ho lasciato a lievitare per due ore.
A questo punto ho preso l'impasto, l'ho rilavorato per 5 minuti, gli ho dato la forma di una pagnotta, e l'ho messo a lievitare coperto per un'altra ora.
A questo punto ho infornato a 200 °C per 50 minuti, mettendo in forno un pentolino d'acqua per ottenere una cottura a vapore.
E' venuto fuori un pagnottone dorato, con la crosta croccante, morbidissimo, decisamente goloso, e infatti non so se durerà la solita settimana.

Per il resto oggi ho cercato di disintossicarmi dalla abominevole politica italiana, e dedicarmi alle faccende di casa, piuttosto trascurate in questo periodo.

94,2 kg
136/87 mmHg

domenica 16 marzo 2008

Un fine settimana movimentato

Sono tre giorni che corriamo praticamente senza soste.
Venerdì il prof aveva una conferenza a Padova, per conto del Goethe Insitut, e io l'ho accompagnato con l'intenzione di farmi un giretto serale all'Ikea.
Ero convinta che il magazzino chiudesse alle 22.00, ma ovviamente mi sbagliavo, nei giorni feriali chiude alle 20.00, così abbiamo avuto solo il tempo di mangiare un boccone (promemoria per il futuro: il pranzo all'Ikea è accettabile, la cena assolutamente no) e fare un giretto aquistando solo le cose veramente indispensabili: un paio di padelle, degli strofinacci, il pieno di lampadine a basso consumo, e qualche altra sciocchezza.

Domenica Bologna. La scusa era di andare a ritirare un regalo di nozze, un delizioso regalo di nozze nero, con quattro zampe guantate di bianco, e una lunga coda, insomma una gattina.
Ovviamente la gita si è trasformata in un massacro gastronomico, dato che il pranzo era preparato da una banda di pugliesi.
Mozzarelle di bufala, salame di asina, mortadella e altre delizie come antipasto, porzioni mastodontiche di pasta al forno di primo, pollo al forno con patate e un enorme vassoio di pasticcini.
E solo con questo si sono fatte le quattro. Dopo di che sono arrivati un tot di altri amici, con altre cose da assaggiare.
Siamo ripartiti che erano quasi le nove, e ovviamente non abbiamo cenato.

Questa mattina, sul tardi, stavamo facendo colazione, quando abbiamo ricevuto una telefonata: venite a pranzo da noi che poi si va a Gorizia a sentire Veltroni.
Ovviamente si va a pranzo: spaghetti alla chitarra alla matriciana, pollo (in questo periodo è particolarmente conveniente) e insalata, e poi si va anche a sentire il grand'uomo.

E' un anno che non torno a Gorizia, da quando è cambiata l'amministrazione, e devo dire che questo periodo alla città non ha fatto per niente bene. La nuova amministrazione di destra (diciamo le cose come stanno, che il centro non l'hanno visto passare nemmeno di striscio), non ha mantentuo mezza delle promesse elettorali, tranne quella di permettere di nuovo l'utilizzo dei sacchi neri, che infatti giacciono tristemente ovunque, dando ad ogni angolo un aspetto sporco e trascurato, accentuato dalla pioggia e dalle buche nel manto stradale.
Di fronte al teatro Verdi c'è una piccola folla, che cerca di guardare nel maxischermo, tra un ombrello e l'altro.
Prima di Veltroni parlano un paio di supporter locali, e una di loro accena al fatto che l'amministrazione di centrosinistra ha portato la città ad essere ai primi posti nelle classifiche ambientali di legambiente.
Io, che per ottenere quei risultati ho lavorato in prima persona, so la fatica che è costato ottenerli in una città che vive di sogno e di promesse, e dove conta di più quello che
si dice che quello che si fa, la patria indiscussa del "no se pol".
A maggior ragione sono contenta della piccola folla davanti al teatro, anche se ci vedo un paio di personaggi che so non essere esattamente di sinistra, e nemmeno di centro.
Ma pazienza.
Mi convince il grand'uomo? No, non mi convince, Il suo discorso è pacato, credibile ai limiti dell'ovvio, molto educato, a tratti benedicente, ma non convincente.
Così benedicente che a un certo punto uno si aspetta che si squarcino le nubi e una luce lo ilumini, ma ovviamente non è il cavaliere, che questo effetto speciale lo avrebbe di sicuro fatto realizzare dai suoi scenografi.
Insomma, caro Walter, come avrebbe detto il buon vecchio Montanelli, mi turerò il naso e ti voterò, ma solo perché non vedo alternative. Insomma, non sei conviencente, ma gli altri lo sono meno, anche il buon Bertinotti, da cui sento tante parole, e nessuna che si avvicini a qualcosa di fattibile.

giovedì 13 marzo 2008

Il bianco e il nero

Il bianco

Oggi è stata a tutti gli effetti la prima giornata di primavera. Tempo spettacolare, cielo azzurro, montagne innevate in
lontananza, sole, rami dei gelsi che iniziano a diventare rossastri.
Ovviamente siamo andati a fare la spesa in bicicletta, e per la prima volta abbiamo incontrato altre persone che facevano altrettanto, probabilmente convinte dalla bella giornata.
Solo che il tempo era così bello che i tre km tra andata e ritorno dal supermercato ci sono sembrati una cosa un po' misera, soprattutto perché nei giorni scorsi, tra il tempo e gli impegni, non avevamo proprio messo il naso fuori di casa.
Così abbiamo portato su la spesa, il prof ha preso le sue medicine, e siamo ripartiti, con l'idea di fermarci una volta trovato un posto interessante per pranzare.
Abbiamo deciso di andare dall'altra parte della statale, una zona che di solito battiamo poco, ma dove sappiamo
che ci sono un po' di frasche, come si chiamano da noi gli agriturismi più alla buona.
Il posto dove ci siamo fermati si chiama La Fattoria, ed è a tutti gli effetti una fattoria che vende i suoi prodotti: affettati, formaggi, latte, vino, verdure.
Abbiamo preso ciascuno un bel piatto di affettati e formaggi misti, tutti stupendi, accompagnati da verdure fresche di orto e da pane casereccio.
Il prof ci ha bevuto sopra un bicchiere di merlot della casa, e io ho sfidato la mia intolleranza con un bicchiere di latte crudo, proveniente dalle mucche pezzate della stalla.
Il mio stomaco non ha ringraziato, ma pensavo peggio, soprattutto perché abbiamo concluso il pranzo con una panna cotta al caffè che andava dal sublime al mistico.
Per fortuna che eravamo in bicicletta, così abbiamo smaltito un po', l'alternativa sarebbe stata la pennica: il senso di pienezza e il sole caldino erano delle premesse irresistibili.

Il nero

Un candidato dell'ennesimo partito azienda di Berlusconi, il sig Ciarrapico, ha rivendicato la sua mai nascosta vicinanza con le posizioni del fascismo, limitandosi a una blanda 
presa di distanza dalle legggi razziali.
Questa cosa mi disgusta profondamente.
Ora, è vero che in una sentenza emessa dalla consulta nel 1956, e relativa all'art. 4 della legge 20 giugno 1952 n. 645, si dice che per "apologia del partito fascista" non si intende una semplice difesa elogiativa", bensì in una "esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista", cioè in una "istigazione indiretta a commettere un fatto rivolto alla detta riorganizzazione e a tal fine idoneo ed efficiente", ed è questo il motivo per cui nel 1973 Rauti si prese una condanna, mentre nessuno condannerà mai il sig. Ciarrapico, ma che uno che si presenta per diventare deputato o senatore di quella Repubblica Italiana nata sulle rovine lasciate in eredita proprio dal fascismo, beh, mi pare indecente.
E ancora di più mi pare indecente il cavaliere, quando dice: "Veramente pensiamo che con quello che sta succedendo con i rifiuti a Napoli, sia importante una dichiarazione del signor Ciarrapico?"
Ci sono i rifiuti a Napoli oggi, così come c'erano nel 1973, quando a Napoli per i rifiuti scoppiò il colera. Pare che la soluzione a questo problema non possa venire nè votando Berlusconi né votando Veltroni, ma soprattutto non può venire votando un Ciarrapico: tra le virtù magistrali del fascismo mi pare che si citi sempre la puntualità dei treni, non la rimozione dei rifiuti!
E poi non ci prendiamo in giro, cerchiamo di tornare ad essere cittadini ed animali politici, invece di consumatori come ci vuole questa gente.
Il consumatore si può occupare solo dei rifiuti, il cittadino invece si occupa di vedere come sono scritte le leggi per capire se effettivamente servono a portare via o meno i rifiuti.

98,5 kg
141/97 mmHg

mercoledì 12 marzo 2008

L'addio

Oggi la mia macchina del pane, dopo 4 anni di onorato e costante servizio, mi ha lasciato.
Il cuscinetto che aziona la pala è scoppiato, proprio nel bel mezzo di un impasto, che ho dovuto continuare a mano.
Impastare a mano per me è un grosso problema: ho e mani molto piccole e prive della forza sufficiente a fare un buon lavoro, oltretutto tengo le unghie lunghe, e anche questa è una controindicazione.
Ovviamente l'ipotesi che si possa tornare a comprare del pane industriale non mi ha minimamente
sfiorato: mi sono infilata un paio di jeans e le scarpe, e sono andata al supermercato per vedere i modelli in commercio e i relativi prezzi.
Quando ho comprato la mia defunta macchina, fare il pane in casa era ancora più una moda snob che un'attività diffusa, per cui i modelli in commercio erano pochi, e piuttosto costosi: mi ricordo di aver visto una vetrina in centro che esponeva un modello che produceva contemporaneamente tre panetti da 250 g l'uno, per la gioia di servire i panicini speciali sulle tavole bene, e costava la bellezza di 350,00 euro.
Ovviamente mi guardai molto bene dal comprare una simile inutility, anche se solo con dure fatiche trovai un modello semplice semplice e dal costo umano.
Adesso la faccenda è diversa. Un sacco di gente fa il pane in casa, perché è stufa di pagare follie per una cosa gommosa che non si mantiene decente nemmeno per il tempo di trasportarla a casa, mentre il pane casalingo dura diversi giorni, sempre fresco e fragrante, così i modelli in commercio si sono moltiplicati, e hanno prezzi più che abbordabili.
Il problema però è un altro: quale che sia il modello acquistato, se lasci fare la macchina ottieni pane in cassetta, sempre con la stessa forma, e con la stessa tipolgia di lievitazione, checché ne dicano i vari programmi impostabili,
e io del pane in cassetta mi sono ampiamente scocciata.
Così, dopo aver percorso avanti e indietro più volte la corsia dei piccoli elettrodomestici del
supermercato, ho preso una decisione epocale: niente macchina del pane, ma una robusta impastatrice.
Questo mi permetterà di effettuare più agevolmente alcune operazioni di panificazione che fino ad ora ho svolto in maniera un po' spuria, dato che non erano previste dal ciclo di lavorazione della macchina. Vedremo che cosa riuscirò a combinare.

Oggi pesce, ho provato una ricettina nuova, che è risultata gustosa, ma sarebbe certamente venuta meglio se ci avessi messo un poco di vino bianco, solo che, presa dal problema della macchina del pane, non mi sono accorta di averlo finito :-(

Filetti di scorfano con finocchi e arance (x 2 persone)
300 g di filetti di scorfano surgelati, 1 finocchio, 1 arancia, un po' di farina gialla, una decina di olive di Gaeta, olio extravergine di oliva, 1/2 bicchiere di vino bianco, pepe.

Scongelare e asciugare i filetti di scorfano. Rivestire il fondo di una pirofila con carta da forno. Tagliare il finocchio a fettine sottili e disporlo nella pirofila. Sbucciare a vivo l'arancia e tagliarla a fettine sottili, disporle sopra il finocchio.
Aggiungere le olive e per ultimo i filetti di scorfano infarinati nella farina gialla.
Aggiungere l'olio, pepare, e irrorare col vino.
Infornare in forno preriscaldato a 200 °C e cuocere per 20 minuti, servire ben caldo.

95,8 kg
151/102 mmHg

martedì 11 marzo 2008

Novità e tradizione

In questi giorni siamo molto indaffarati: il prof sta aiutando sua figlia a rifinire la tesi, e questa è un'occupazione che ci coinvolge tutti, vorrei dire gatti compresi, ma loro giustamente evitano qualsiasi coinvolgimento.
D'altra parte la tesi ha a che fare con l'autismo, e io sospetto da sempre che la personalità dei gatti sia molto vicina a quella dei bambini autistici, con l'abitudinarietà che tiene il posto della stereotipizzazione, e l'egoismo che tiene il posto della chiusura in se stessi.
In ogni caso i gatti si fanno normalmente i fatti loro, salvo dimostrare, a loro insindacabile giudizio, la loro disapprovazione per determinati oggetti e avvenimenti mediante opportune (secondo loro) marchiature strategiche.
Al momento però il fornetto elettrico per la pizza, regalo di nozze dei nostri testimoni, pare essere un oggetto gradito, e non ha subito attacchi.
L'abbiamo provato ieri e lo abbiamo trovato estremamente interessante: in pochi minuti abbiamo cucinato tre pizze, mettendo ognuno la farcitura di proprio gradimento, decisamente simili a quelle
di una buona pizzeria ... anche nell'effetto, dato che stamattina il prof aveva la glicemia un po' più alta del solito.
Questa cosa dell'effetto della pizza sulla glicemia dei diabetici è proprio strana, nessuno ha ancora trovato una spiegazione scientifica ma la cosa è documentata sui più autorevoli siti sul diabete: data una pizza e un qualsiasio cibo preparato con uguali quantità di farina di grano, formaggio e pomodoro, la pizza farà salire la glicemia molto di più del piatto equivalente ... boh.
In ogni caso oggi abbiamo deciso di affidarci a un piatto piuttosto tradizionale, gustoso ma leggero, gli involtini al sugo.

Involtini al sugo (x 2 persone)
2 fettine di manzo tagliate sottili, 2 fettine di prosciutto di praga, 1 cucchiaio di ricotta di pecora, 2 spicchi d'aglio, una decina di pinoli, una decina di grani di uvetta, un cucchiaio di parmigiano grattuggiato, 1/2 bottiglia di salsa di pomodoro, qualche foglia di basilico, olio extravergine di oliva, pepe.

Tritare uno spicchio d'aglio.
Spalmare le fettine di carne con la ricotta, ricoprire con il prosciutto, mettere su ciacuna fettina metà delle uvette e dei pinoli, un pizzico di aglio, 1/2 cucchiaio di parmigiano, una foglia piccola di basilico e una grattata di pepe. Chiudere gli involtini e fissarne i lembi con stuzzicadenti.
Soffriggere in poco olio il rimanente spicchio d'aglio schiacciato, mettere nel tegame gli involtini e rosolarli bene da tutte le parti. Coprire con la salsa di pomodoro. Cuocere coperto una decina di minuti, scoperchiare, aggiustare di sale e pepe, aggiungere un paio di foglie di basilico e far addensare il sugo.
Utilizzare il sugo per condire delle pennette, e servire gli involtini accompagnati da una insalata.

98,5
151/100 mmHg

lunedì 10 marzo 2008

Io sono leggenda

Sul Corriere della sera di oggi, nella pagina degli spettacoli, c'è la notizia che è comparso un finale alternativo del film sbancabotteghini "io sono leggenda" con Willy Smith.
Penso che moltissime persone abbiano visto il film, ma non so quante di loro hanno letto il magnifico libro omonimo di Richard Matheson.

La trama del libro, in breve, è la seguente:
una epidemia causata da insetti tropicali trasforma tutti gli abitanti del mondo in due categorie: cadaveri e vampiri (con vari sconfinamenti della categoria cadaveri nella categoria vampiri) tranne che per un uomo, un comune cittadino di un sobborgo di Londra. L'uomo attribuisce la sua immunità alla malattia al fatto che, quando era militare in zone tropicali, fu morso da un pipistrello vampiro, cosa che probabilmente gli fece produrre gli anticorpi a quella che a tutti gli effetti viene presentata come una malattia virale.
L'uomo è una persona tutto sommato semplice, e dedita ai lavori manuali, non è uno stupido ma nemmeno un intellettuale, e trascorre la sua vita tra il fortificare la sua casa e il cercare le creature,
nelle ore diurne in cui dormono, per ucciderle.
La sua personale nemesi è quello che una volta era il suo vicino di casa e migliore amico.
Un bel giorno, durante la caccia, incontra una donna.
Nonostante la paura, i dubbi, l'ormai inveterata abitudine alla solitudine, il fatto che lei sia viva e sveglia di giorno gli fa pensare che si tratti di una donna vera.
E invece è una emissaria, una testa di ponte della nuova razza che ha ereditato la terra, che vuole impadronirsi di questo ultimo uomo, che è diventato una spina nel fianco e un turbamento per il nuovo ordine pubblico mondiale.
L'uomo viene così catturato, e portato sul luogo dell'esecuzione.
Lui è una leggenda, e le leggende non possono essere vive.

Il romanzo di Matheson, che è uno dei miei libri preferiti, è a tutti gli effetti un saggio sociologico sulla percezione della differenza, sul concetto di normalità e sulla costruzione dell'identità culturale, oltre che sul disadattamento.

Il film, come tutti i film, snatura di molto il romanzo, ma sarebbe tutto sommato accettabile nella sua spettacolarizzazione, se non ci fosse il finale.
Quando l'ho visto credo di aver urlato un noooo a tutto volume nel momento in cui la superstite entrava nella specie di campo nazista riservato all'uomo bianco che, nelle intenzioni del regista (o forse del produttore), doveva essere la culla della rinata civiltà umana. E infatti l'uomo leggenda, interpretato da un attore di colore, a quel punto è molto opportunamento morto, e sulla piccola comunità redenta si stagliano la bandiera americana e la croce cristiana (cosa che mi ricorda un altro finale indegno, quello del film Il giorno dei trifidi)

Il nuovo finale, che forse è quello originariamente previsto, ristabilisce un po' dello spirito originale del libro, forse Matheson avrebbe potuto, se non approvarlo, per lo meno trovarlo adeguato, se non altro nella parte in cui si afferma il concetto che non è solo l'uomo bianco standardizzato che può provare emozioni, ma anche il diverso, il mostro, il vampiro.

Ovvio che, dato per buono questo finale, e quindi stabilita l'uguaglianza dello stato emozionale e del diritto a provarlo di qualsiasi genere di diversità, si mettono in crisi tutti coloro che della persecuzione della diversità di essere e di sentire hanno fatto la loro ragione di vita, e questo messaggio, passato attraverso un kolossal, non va per niente bene.

Dato che queste cose mi mettono di buon umore, ho festeggiato cucinando le scaloppine di trota.

Scaloppine di trota al crudo (x 2 persone)
2 filetti di trota salmonata, 4 fettine di prosciutto crudo, 1 limone, 25 g burro, 1/ bicchiere di vino bianco, pepe, maggiorana.

Dividere in due ciascun filetto di trota, tagliandolo in diagonale, e privarlo della pelle.
Avvolgere ciascuna delle scaloppine ottenute in una fetta di prosciutto, coprire con una rondella di limone e fissare con uno stuzzicadenti.
Sciogliere il burro in una padella, quando schiuma mettere le scaloppine e rosolare da entrambi i lati. Bagnare col vino bianco, pepare, e cuocere coperto per una decina di minuti.
Togliere il coperchio, aggiungere la maggiorana e far addensare il sugo prima di servire caldissimo, accompagnando con verdure grigliate

98,5 kg
141/91 mmHg

Io sono leggenda - I Am Legend - finale alternativo

domenica 9 marzo 2008

Oggi sposi

Dopo dieci anni di convivenza, e visto che in questo paese di baciapile e ipocriti non è possibile ottenere i patti di convivenza civile, che non servono, come ritengono i suddetti baciapile e ipocriti nostrani, solo alle coppie gay, ma anche alle normali coppie eterosessuali ancorché attempatelle, io e il prof, ieri 8 marzo, ci siamo sposati.
E' stata una cerimonia semplice, eravamo abbastanza emozionati tutti, e anche con un po' di ridarella quando la formula del matrimonio è arrivata ai doveri verso i figli, i quali (vale a dire i figli di entrambi provenienti dai nostri precedenti matrimoni)
assistevano alla lettura di un articolo che tutt'al più avrebbe potuto riguardare eventuali futuri pargoli, fortunatamente anagraficamente impossibili.
Dopo la breve cerimonia, siamo andati a pranzo in un locale che propone specialità rustiche, a base di selvaggina, quali


Prosciutto praga di cervo su crostini
Gnocchi di mirtilli con ricotta affumicata
Grigliata mista di selvaggina
Funghi trifolati
Torta di pan di spagna e sfoglia con crema al cioccolato


Ed ecco qui la foto della torta


venerdì 7 marzo 2008

Fischia il vento, urla la bufera

Per fortuna che avevo dato per arrivata la primavera. In realtà già ieri il tempo è peggiorato di nuovo. Niente pioggia, ma cielo grigio striato di nuvoloni, e vento, vento, vento.
Il vento che soffia tipicamente da queste parti è la bora, e la mia casa ne viene investita in pieno proprio sul lato verandato.
La veranda ci impedisce di morire di freddo, dato che quando c'è la bora non ci sono doppi vetri o infissi isolanti che tengano, soffia così forte che riesce a infiltrarsi lo stesso, in compenso la struttura in alluminio fischia in modo così abominevole da sembrare la colonna sonora di un film horror.
L'altro lato della casa è molto più tranquillo, però gli alberi del giardino sono piegati quasi fino al punto di rottura.
Insomma la giornata perfetta per andare dal parrucchiere, e quando sono uscita stamattina assieme al vento pioveva un po', non molto, di stravento.
Andare dal parrucchiere è una cosa che detesto con tutte le mie forze, per cui ci vado solo quando è assolutamente indispensabile.
Ho il massimo rispetto per le persone che fanno questo lavoro, io non saprei assolutamente farlo, ma mi infastidisce profondamento il chiacchiericcio che regna in questi posti, così come non sopporto i giornali, le cosiddette riviste femminili, che impestano questi esercizi.
Io ho sempre con me un libro, ma evidentemente la cosa è così insolita che ogni volta che vado a tagliare i capelli succede la stessa scenetta comica: la ragazza mi mette davanti una pigna di giornali, io mostro il libro, dicendo che non mi servono i giornali, la ragazza ritira la pigna di giornali e ne porta altri dicendomi cortesemente: preferisce questi?
Insomma che sono andata a tagliare i capelli, che ormai avevano assunto la forma e la consistenza di una scopa di saggina piuttosto trascurata, e mi è andata bene: non c'era praticamente nessuno, anche perché sono andata all'alba, e ho beccato il turno con le ragazze di sinistra.
E' stato quasi un piacere il taglio dei capelli comprensivo di commenti salaci su vari politici destrorsi, anche se relativi più che altro alle loro apparizioni televisive, a me del tutto sconosciute.

Oggi niente dati, per non arrivare tardi e trovare un sacco di gente davanti, sono schizzata fuori di casa alla velocità della luce.

mercoledì 5 marzo 2008

Forse è primavera

Dopo il nubifragio di ieri è tornato il sole, fa un po' più freddo dei giorni scorsi, ma il cielo è limpido, e si vedono le montagne piene di neve.
Il prof stamattina è uscito presto per via di una serie di visite di controllo, e io sono rimasta a casa a lavorare, ho passato praticamente tutta la giornata a scrivere sul computer, sono uscita solo pochi minuti per la spesina quotidiana, in macchina perché avevo fetta.
Peccato, sarebbe stata un'ottima giornata per un bel giro in bici o una bella passeggiata, ma pazienza.
In compenso i gatti hanno passato il loro tempo sul divano, esattamente come ieri, giusto per dimostrare che hanno un carattere forte e non si fanno impressionare da un'arietta primaverile.
Ma poi siamo sicuri che è primavera?
Magari uno si mette a girare per il terrazzo, a chiamare gli uccellini, a fare insomma tutte le tipiche attività primaverili che può fare un gatto, e poi viene un temporale e ci si bagna il pelo.
No no, meglio il divano.
Però un richiamo alla primavera c'è, visto che i due maschi di casa hanno iniziato ad annusare intensamente le gatte. Per la veirtà Leon lo fa in continuazione, ed è quasi una attività sportiva in cui coinvolge Indiana, mentre Jason è assai più flemmatico.
Insomma che annusa tu che annuso anch'io, a un certo punto Leon ha trovato che Pandora oltre ad avere un odorino più interessante del solito era anche disponibile a giocare a papà e mamma, cosicché abbiamo inaugurato la stagione degli amori.
E speriamo che per il momento la cosa finisca qui.

Dati gli impegni del prof oggi la corvee cucina è stata tutta mia. Ho preparato caserecce con la zucca e bocconcini di pollo coi friggiarielli per pranzo, e una omelette "puliscifrigo" per cena, accompagnata da una bella insalata mista.

Bocconcini di pollo coi friggiarielli (x 2 persone)
1/ cipolla, 300 g di petto di pollo, una decina di friggiarielli, 100 g di pomodorini, 1 mestolo di brodo, olio extravergine di oliva.

Tagliare il petto di pollo a bocconcini, i friggiarielli e i pomodorini a metà, e la cipolla a fettine sottili.
Soffriggere la cipola in poco olio, aggiungere i friggiarielli e farli appassire, toglierli dal tegame e mettere il pollo. Rosolare bene, poi rimettere in padella i friggiarielli, aggiungere i pomodorini, e cuocere qualche minuto.
Bagnare col brodo, coprire e far cuocere cieci minuti. Scoperchiare il tegame, aggiustare di sale e pepe, e far ritirare il sugo a fuoco medio per altri 10 minuti prima di servire.

95,9
153/98 mmHg

martedì 4 marzo 2008

Piove governo ladro

Sono due o tre giorni che tutte le previsioni del tempo annunciavano per oggi un drammatico cambiamento nelle condizioni atmosferiche.
Di norma accolgo questi annunci con una certa prudenza, dato che molto spesso si tratta di falsi allarmi, anzi, a dirla tutta non ho una enorme fiducia nelle previsioni del tempo, e in effetti ieri sera, quando siamo andati a letto, pareva che anche questa volta il tutto si sarebbe risolto in una bolla di sapone.
Stanotte, quando mi sono alzata per andare in bagno, ho sentito l'inconfondibile rumore della pioggia sulle tegole, ma era smorzato, sembrava più che altro acquerugiola, così stamattina sono rimasta un po' sconvolta nel rendermi conto che più che una pioggia si trattava di una specie di uragano.
Il vento soffiava fortissimo facendo sibilare la struttura in alluminio della veranda, che è rivolta a nord e prende in pieno la bora, e sui vetri l'acqua si riversava in vere e proprie secchiate.
D'altra parte dall'altro lato della casa pareva persino che non piovesse, solo gli alberi erano tormentati dal vento forte.
I gatti hanno passato la giornata sul divano, andando in terrazza solo il minimo indispensabile, e si che sarebbero gatti norvegesi ...
Solo la Ula, a cui piace avere il pelo scompigliato dal vento e che ha una sua personale faida con gli operai che stanno costruendo una villetta davanti al condominio, si è posizionata in pieni nel suo solito angolo, sopra il contenitore in cui faccio la raccolta differenziata della plastica, ed è venuta in casa solo quando ha capito che a causa del brutto tempo gli operai avevano disertato il posto di lavoro.
Inutile dire che gli operai non sanno nulla del fatto che la Ula ce l'ha moltissimo con loro.
Anche noi siamo stati rintanati in casa, tranne una puntatina al supermercato che ho fatto io stamattina, ovviamente nel momento in cui il nubifragio era più forte.
Quando sono tornata a casa i miei capelli erano così scompigliati che sembravo la medusa.

Sono uscita di nuovo stasera: iniziava finalmente il corso di scrittura di Marina Giovannelli, che attendevo da tanto tempo.
E' una cosa che mi rende felice, e quando Marina ha detto che il tempo era quasi terminato l'ho guardata stupita: mi pareva che fossimo lì a leggere e commentare le nostre letture da pochissimi minuti.

Dopo diversi giorni di pesce, anche per via della temperatura più bassa, oggi abbiamo preferito mangiare qualcosa di più corposo: carne per pranzo e una pasta e fagioli stasera.

Nodini di maiale allo zenzero (x 2 persone)
2 nodini di maiale, 1 spicchio d'aglio, 5 o 6 bacche di ginepro, un pezzetto di radice di zenzero fresca, 1/2 bicchiere di vino bianco, succo di mezzo limone, 1 foglia di alloro.

Tritare finemente l'aglio, spellare e affettare finemente lo zenzero, pestare le bacche di ginepro. Mettere i nodini in una terrina, cospargerli con gli aromi, aggiungere la foglia di alloro e bagnare con il vino e il succo di limone.
Corprire la terrina e far marinare per un'ora circa, mescolando di tanto in tanto.
Cuocere su una griglia ben calda, 3 o 4 minuti per parte. Bagnare con qualche cucchiaio della marinata rimasta, far sfumare lievemente, e servire con un contorno di verdure grigliate.

95,9
147/98 mmHg

lunedì 3 marzo 2008

Serriamo i ranghi

Si, ok, si va a mangiare in posto esclusivi, ma si mangia inevitabilmente troppo, e qui saremmo a dieta.
Che le situazione debba essere messa di nuovo sotto controllo lo dimostra la bilancia, che nel mio caso è fissa, mentre nel caso del prof mostra una lieve tendenza alla salita, e questo veramente non è bene.
Dato che far capire al prof che mangiare poco significa ridurre la quantità degli ingredienti con cui si cucina è una vera e propria mission impossible, ho deciso che per quanto possibile cucinerò io, per oggi ci sono riuscita.

Pranzo
Filetti di scorfano con verdure (x 2 persone)
300 g di filetti di scorfano, 2 zucchine, 6 pomodorini, 1/cipolla rossa, 1 spicchio d'aglio, 1 cucchiaino di erbe di provenza, 2 cucchiai di olio, 1/2 bicchiere di vino bianco secco, pepe.

Tritare la cipolla e farla soffriggere in un po' di olio, aggiungere le zucchine tagliate a fiammifero e i pomodorini tagliati a metà. Cuocere per 5 minuti.
Nel frattempo tritare molto finemente l'aglio e amalgamarlo alle erbe di provenza con un po' di olio.
Togliere le verdure dalla padella, mettere i filetti di pesce nel fondo di cottura, scottarli da entrambi i lati, bagnare col vino bianco e far evaporare. Rimettere le verdure nella padella, cuocere per altri due minuti, quindi aggiungere il trito di aglio ed erbe, pepare, quindi togliere dal fuoco e tenere in caldo.

Con una parte del sugo è possibile condire un po' di tubetti.
Accompagnare il pesce con una insalata di valeriana con quache gheriglio di noce.

Cena
Risotto con fave, acciughe e pecorino (x 2 persone)
160 g di riso arborio, 1/2 cipolla, 120 g di fave sgranate (anche in scatola), 2 filetti di acciuga, 1 peperoncino, 2 cucchiai di pecorino romano grattuggiato, 2 cucchiai di olio, brodo vegetale.

Tagliare fine la cipolla, rosolarla con un po' di olio, aggiungere le fave, cuocere per qualche istante, quindi mettere il riso e tostarlo. Aggiungere il brodo poco alla volta fino a completa cottura del riso.
Nel frattempo rosolare il peperoncino nell'olio e disfarvi i filetti di acciuga.
Mantecare il risotto con il pecorino e l'olio aromatizzato.
Servire caldissimo.

95.9 kg
133/80 mmHg

domenica 2 marzo 2008

Wow!

Ieri sera dei nostri amici ci hanno portato a cena a Capodistria, in un piccolo ristorante di cui non mi hanno detto, e non sono riuscita a scoprire, il nome.
Il locale, dall'ingresso piuttosto anonimo, si trova in una zona di case popolari, casermoni eretti ai tempi del socialismo reale, in una casetta nascosta da un po' di piante e dall'illuminazione scarsa.
Si parcheggia un po' dove capita, a noi, nemmeno a farlo apposta è toccato un cassonetto.
Anche l'atrio mantiene un che di anonimo da vecchia trattoria di paese: un bancone da bar, un paio di tavolini ingombri, fotografie alle pareti.
Che ci sia qualcosa di particolare si inzia a capire proprio guardando le fotografie, che ritraggono il padrone e chef del locale con vari monumenti del rock, le più recenti riguardano Robert Plant e Ian Anderson.
Mentre esaminiamo le foto per identificare i vari artisti, arriva proprio lo chef, che, prima di accompagnarci in sala al tavolo per noi riservato, ci mostra, non senza emozione, la pagina del libro degli ospiti del 17 di febbraio, dove campeggia la firma di Eric Clapton, accompagnata dal disegno di una chitarra.
Ovviamente impressionati, entriamo in sala, e lì il locale perde tutto il suo anonimato.
La struttura è ricavata da una veranda in legno, e i tavoli sono pochi, ben distanziati, così ogni gruppo può chiacchierare senza che le conversazioni si sovrappongano, e soprattutto, evitando che a un tavolo ci si facciano gli affari degli occupanti del tavolo vicino.
L'arredamento è semplice, confortevole, curato in modo che non ci sia niente di disarmonico, niente che possa alterare il puro piacere del gusto.
Una signora di una certa età viene a prendere l'ordinazione del vino.
I miei amici scelgono una malvasia istriana che giudicano favolosa, io, che sono astemia, mi accontento della Radenska.
La solita signora ci porta un piattino, che viene chiamato "benvenuto dalla cucina", un crostino tostato su cui è depositata una cucchiaiata di patè di olive, visibilemente fatto in casa, formato da olive verdi, nere, filetto di acciuga e profumo di tartufo nero, con un lievissimo velo di extravergine.
Se il buongiorno si vede dal mattino ...
Facciamo a tempo a finire il crostino che ci si avvicina lo chef, e inizia a recitare il menù. Non posso usare altro termine che recitare.
Ogni piatto viene descritto fino al più minuto degli ingredienti e dei dettagli di preparazione. Di ogni piatto viene detta la provenienza e il grado di freschezza degli ingredienti. Di goni piatto riusciamo a immaginare consistenza, profumo, gusto.
Quando alla fine ci viene chiesto che cosa ordinare si vorrebbe rispondere: tutto!
Io scelgo la granseola. Non è un piatto insolito, ma la buona granseola in realtà è diventata rara, e questa merita. Merita così tanto che mi mangio anche la foglia di lattuga che le fa da letto: è così dolce e fresca che trovo ingiusto trattarla da guarnizione.
Nel frattempo ci hanno portato un cestino di pane, pane fatto in casa ovviamente, dove le spesse fette di pane coi semi, simile a quello austriaco, sono alternate a delle buffe pagnottine sagomate a forma di riccio, con due granelli di pepe come occhietti, e guarnizione di semi di sesamo o di papavero.
Ci diciamo di non esagerare col pane, ma è talmente buono che ne mangiamo assai più del voluto.
I primi sono semplicemente sublimi. Io scelgo dei ravioli con un ripieno di pesce aromatizzato con tartufo nero e conditi son un sugo formato da caviale, uova di orata e uova di riccio di mare, decorati con qualche vongola e una cappasanta.
Il piatto è così delizioso che me ne frego di qualsiasi genere di etichetta e bon ton e faccio abbondantemente scarpetta, ripulendo sia il mio piatto sia quello del prof che ha ordinato lo stesso primo.
Per secondo ci viene proposto un branzino al sale che non è il solito branzino al sale, pure ottimo e così comune lungo tutta la costa della ex Jugoslavia.
Il branzino, selvaggio, è sfilettato, ogni filetto viene deposto su uno strato di fiore di sale proveniente dalle saline di Pirano, coperto con della carta da forno e con altro fiore di sale, il tutto è cotto ai ferri.
Semplicemente esaltante.
Come dolce scelgo un semifreddo a base di menta, cicciolato e profumo di caffè, com una lieve decorazione di caramello. Me lo servono su un piatto di cristallo che al centro ha una alzatina, che scopro essere fatta di ghiaccio, per evitare che il dolce si sciolga troppo in fretta.
Sarebbe facile dire che il rischio non esiste, vista la bontà, e invece non è vero: il sapore è così complesso, pieno di sfumature che si sviluppano man mano che ogni cucchiata si scioglie in bocca, che, dopo i primi due bocconi, lo si mangia così lentamente che effettivamente senza la base ghiacciata potrebbe liquefarsi.
Arriviamo alla fien di questo pasto straordinario con la stessa faccia di un credente che ha avuto una intensa esperienza mistica.
Ovviamente torneremo, oh si, se torneremo, anche perché il costo, pur non essendo bassissimo, non è esagerato, anzi, considerata la qualità di quello che abbiamo mangiato, e le porzioni che sono ben lontane dalla novelle cousine, è decisamente onesto.
E poi magari se siamo fortunati potremmo incontrare Eric Clapton, o chissà chi altro ...

195.9
130/87 mmHg

I libri di febbraio

Oro, incenso e polvere - Valerio Varesi - 29/02/2008
Nel cuore profondo - Henning Mankell - 27/02/2008
Uomini che odiano le donne - Stieg Larsson - 24/02/2008
L'uomo cannone - Pietro Colaprico - 20/02/2008
Cane mangia cane - Edward Bunker - 19/02/2008
Accelerando - Charles Stross - 16/02/2008
L'oscura immensità della morte - Massimo Carlotto - 10/02/2008
Cristo marziano - Philip José Farmer - 10/02/2008
Dottor Niù, corsivi diabolici per tragedie evitabili - Stefano Benni - 06/02/2008
L'ombra del coyote - Michael Connely - 03/02/2008
Millenium People - J.G. Ballard - 01/02/2008