sabato 31 maggio 2008

Anch'io sono una rapa

Ho letto molto attentamente l'articolo di repubblica che riporta l'intervento di Mario Draghi all'assemblea della Banca d'Italia.
Premetto che personalmente non capisco quasi niente di economia, anche se ho la sensazione che per anni ci abbiano propugnato delle enormi balle, tipo che il mercato si governa sulla legge della domanda e dell'offerta e che la concorrenza contiene i prezzi. Tutti possiamo vedere che se ci sono due distributori di benzina vicini i prezzi non si allineeranno su quello che costa meno ma il contrario, e che la domanda viene indotta artificialmente per coprire un'offerta ipertrofica.
Vabbè, fa niente, io sono solo un chimico e dopo essermi sentita dire da un politico che le leggi si cambiano, e si stava parlando del secondo principio della termodinamica, devo ammettere che probabilmente ho una mente troppo semplice per capire l'economia.

Però ... però ...

Riporto un paragrafo dell'articolo:
Di contro, "la dinamica della domanda interna è stata molto modesta; i margini di capacità inutilizzata si sono ampliati; gli investimenti hanno rallentato fortemente; sono peggiorati gli indicatori di fiducia delle imprese". Sul fronte delle famiglie, la spesa "è frenata dalla scarsa progressione del reddito disponibile, dal rialzo dei prezzi, che negli ultimi mesi ha colpito soprattutto i consumi delle famiglie a reddito più basso". I consumi, rileva il governatore, "continuano a risentire dell'instabilità dei rapporti d'impiego, diffusa specialmente tra i giovani e nelle fasce marginali del mercato del lavoro".

Mi pare che in questa analisi ci sia tutto quello che dovrebbe servire a riparare il sistema:
scarsa progressione del reddito ... quindi il reddito deve essere aumentato
rialzo dei prezzi ... ergo, i prezzi devono essere più bassi
instabilità dei rapporti di impiego ... addio al precariato insomma
E come si pensa di mettere in pratica questa precisa analisi?
Aumenti il reddito riducendo le tasse?
Scusate, ma ridurre le tasse non è una soluzione, non le tasse sul reddito per lo meno ... mi tassi meno il reddito, io ho più soldi, però siccome non ci sono più soldi per i servizi, si riduce lo stato sociale, e quindi sempre più servizi essenziali saranno a pagamento, o con tetti di accessiblità vergognosi ... sarà che qui diventiamo vecchi e ci sta capitando spesso di aver bisogno di analisi e cure abbastanza costosi, ma con un sistema sociale diverso non ci potremmo permettere quello che ci serve per vivere, nemmeno se ci venissero pagati gli stipendi interi, senza un euro di tasse.
L'unico modo per aumentare il reddito è aumentare l'imponibile ... e questo lo si può fare solo diminuendo gli utili di impresa, che in questi anni hanno raggiunto tetti vertiginosi.
La diminuzione dei prezzi è figlia diretta della logica di prima: diminuire gli utili di impresa serve anche a questo, e magari diminuire veramente gli stipendi dei manager, che vengono pagati in modo vergognoso ... lo so che c'è una legge, ma in Italia fatta la legge trovato l'inganno: lo stipendio è più basso, e il bonus annuale più alto, il totale è uguale, quando non di più, alè!
Ultimo ma non meno importante, il precariato. Questo cazzo di precariato, o impiego flessibile come lo si chiama tanto per utilizzare uno specchietto per le allodole, ha due conseguenze così negative da essere devastanti.
Una sulle persone, che non avendo una sicurezza di impiego non hanno un reddito tale da consetirgli una vita dignitosa, nè come cittadini, né come consumatori, che è poi la cosa che interessa di più al nostro beneamato Draghi.
Ma la conseguenza peggiore e più tragica è sulle imprese. Notoriamente i nostri imprenditori più che miopi sono ciechi e fanno del meglio un uovo oggi che una gallina domani il loro imperativo principe. Non a caso piuttosto che investire ammodernando le loro aziende si comprano la Ferrari, e non a caso piuttosto che far crescere un dipendente prefericono l'interinale, il co.co.co il co.co.pro e altro galliname simile. Non a caso assumono apprendisti che licenziano nel momento in cui diventano operai specializzati. E in tutto questo la qualità va a farsi benedire, e con la qualità la produttività.
Caro Draghi, la mancanza di produttività del sistema Italia è tutta qui.
Negli uffici pubblici dove ci sono più stagisti che impiegati, e questi stagisti, quando hanno imparato a leggere, scrivere e far di conto hanno finito lo stage, e devono andarsene perché non li si può assumere, e ne arrivano altri a cui insegnare tutto da capo.
Nei negozi dove il personale ha un turnover così allucinante che chiedi qualcosa a un commesso e, se decidi di prenderlo, lo paghi a un'altro, e di solito non compri perché l'incompetenza è tale da far passare la pazienza a un santo.
Nelle ditte che assumono a tempo determinato per posizioni che sono strutturali, eccetera eccetera eccetera.

Non si cava sangue da una rapa, disse un contadino imprigionato per debiti al suo padrone che lo aveva fatto incarcerare.
Caro governatore, qui c'è una nazione di rape ... sarà difficile cavarne sangue senza una trasfusione.

giovedì 29 maggio 2008

Conti che non tornano

Allora, qualche giorno fa in un popoloso e multietnico (?) quartiere di Roma è avvenuto un vero e proprio raid durante il quale dei personaggi, gridando insulti, hanno devastato bar e negozi gestiti da stranieri.
Subito si è sentito starnazzare in giro che non si trattava di niente di politico, ma di una vendetta per un furto.
E infatti oggi l'istigatore di tutto questo ambaradan si è consegnato in questura, rilasciando le seguenti, edificanti dichiarazioni:
"Non mi sento in colpa per quello che ho fatto perché non ho fatto niente di male. Non sono né di destra né di sinistra, sono per i grandi uomini come Ernesto Che Guevara"
"Io quei ragazzi che erano con me non li conosco - ha sottolineato - L'ho fatto per il quartiere e per una cosa mia personale. Avevano rubato un portafogli a un'amichetta"
Bene. Tutti contenti no?
Ci sono stati dei danni, ma non erano di origine politica, e poi erano a negozi di immigrati.
Su, volemoce bene.
Enno cazzo. E vorrei vedere se la famiglia della ragazzina (immigrata), uccisa da un italianissimo pirata della strada mentre andava a gettare l'immondizia avesse deciso, per vendicarsi, di armarsi di spranghe e rompere indiscriminatamente i parabrezza a tutte le macchine del vicinato.
Si sarebbero sentiti degli strilli d'aquila per ogni dove: ma come si permettono questi qui? vengono a casa nostra e pretendono di falra da padroni? e poi che vuoi che sia successo? gli hanno solo ammazzato una figlia ... ma poi, non le tenevano chiuse in casa le figlie? se fosse stata in casa nessuno l'avrebbe tirata sotto.
Sto tirandola sull'assurdo? Non credo proprio. Conosco bene i celoduristi e le loro menticine piccoline a furia di stare compresse nelle mutande.
Dopo di che mi viene in mente un'altra riflessione.
Sdoganare un'azione come quella del nostro incauto ammiratore del Che può voler dire che ogni volta che uno subisce un furto si può sfogare assaltando na qualche proprietà altrui.
In altre parole, considerato che ogni mese la mia banca pratica nei miei confronti dei veri e propri furti, da domani in avanti mi sfogherò spaccando le vetrine di qualche negozio, magari delle grandi firme nel centro che hanno abiti che costano molto più di quello che io guadagno in qualche mese di duro lavoro.
Mi pare un perfetto contrappasso.

Vabbè, ci sono anche cose buone nella vita.
Ieri l'addetta al banco del pesce del supermercato vicino a casa mi aveva preannunciato l'arivo per oggi di "una bella cernietta fresca fresca", così stamattina sono stata puntuale all'appuntamento, e la cernia è finita in forno!

Cernia alla diamantese
1 cernia da c.ca  1 kg, olio extravergine d'oliva, 100 gr di olive di Gaeta snocciolate, 50 gr di capperi di Pantelleria, 2 pomodori maturi, due foglie di alloro, due spicchi d'aglio, un cucchiaio di prezzemolo tritato, 1/2 bicchiere di vino bianco secco, pepe

Pepare la cernia pulita e disporla in una teglia.
Dissalare i capperi in acqua corrente
Tritare grossolanamente tutti gli ingredienti e cospargerne la cernia.
Irrorare con il vino e qualche cucchiaio di olio, chiudere la teglia con carta stagnola e mettere in forno a temperatura moderata (180°) circa 30 minuti.
Prelevare parte del sugo e la testa della cernia.
Spolparla e aggiungerla al sugo, utilizzandolo per condire degli spaghetti cotti al dente.
Servire la polpa della cernia versandovi sopra a cucchiaiate il sugo restante.

mercoledì 28 maggio 2008

Non ci sono più le mezze stagioni

Finalmente è venuto caldo. Ovviamente èvenuto troppo caldo.
In realtà, se proprio vogliamo dire le cose come stanno, non è che il caldo sia eccessivo, solo che fino a qualche giorno fa faceva eccessivamente freddo, e quindi l'organismo non è abituato.
Oltretutto la martellante pubblicità che stimola l'acquisto di condizionatori fà si che la temperatura percepita sia nettamente superiore a quella reale. 
Qualche anno fa mi sono fatta tentare anch'io dalla moda dei condizionatori, era la famigerata estate del 2003. Ora, è vero che un'estate terrificante come quella non si è più vista, e non sono in grado di dire se trucchi e trucchetti sarebbero stati sufficienti, però ...
Io mi ricordo che in casa di mia nonna, in piena pianura padana, nei mesi estivi la casa era perennemente in penombra, e nonostante fuori la luce fosse abbacinante, come un fuoco al calor bianco, dentro si stava bene, freschi.
Così durante le ore diurne tengo chiuse le tapparelle, lasciando solo uno spiraglio in fondo in modo da creare una sorta di corrente, poi, alla sera, quando cala il sole e l'aria riprende a muoversi, apro tutto che pare il Colosseo, per rinfrescare.
Ovviamente uno dei migliori modi per resistere al caldo è non fare nulla, stare fermi immobili, leggendo o sonnecchiando, anche se un gatto a pelo lungo piazzato sullo stomaco non aiuta.
Per essere del tutto sinceri, il caldo toglie la voglia di fare qualsiasi cosa, soprattutto cucinare, così stasera mi sono esibita in un piatto freddo.

Mousse di prosciutto con pinzimonio
1 scalogno, 250 g di prosciutto cotto, 1 vasetto di yogurt di capra, 10 g di grana grattuggiato, olio extravergine di oliva, ravanelli, zucchine, carote, timo, pepe.

Tritare lo scalogno e stufarlo in un tegame con un cucchiaio di olio e 2 di acqua.
Tagliare a pezzetti il prosciutto.
Frullare insieme il prosciutto, lo yogurt, il grana e lo scalogno intiepidito, con l'aggiunta di una abbondante macinata di pepe.
Mettere in un paio di coppette e aromatizzare con qualche foglia di timo.
Servire accompagnando con le verdure pulite e affettate, e tenute a bagno una decina di minuti in acqua fredda per renderle croccanti.

Piccola nota di (mal)costume: nella città di Roma, resa ormai sicura dall'elezione del sindaco di destra che ha battuto sulla sicurezza, pare che gli unici che possono sentirsi sicuri siano i picchiatori. Giusto stasera è stato oggetto di una aggressione razzista un ballerino famoso, ancorché albanese, idolo delle ragazzine.
Ora, a parte che mi chiedo a chi di coloro che lo hanno aggredito possa dare ombra un ballerino, dato che costoro al massimo sembrano degli orsi ammaestrati, e quindi appartengono ad un altro genere, non sembra al beneamato nuovo sidaco di Roma di aver un attimino esagerato nel dare giustificazione preventiva a tutti i cretini che si aggirano per la capitale?
E purtroppo non è continuando a condannare i fatti e a indicare la cretineria di costoro che potrà rimediare alla belva che ha scatenato.
 

lunedì 26 maggio 2008

Nozioni di ambiente "for dummies"

Mattina, poco più delle otto. Immaginatevi una poveraccia che ha fatto tardi la sera leggendo il magnifico nuovo libro di Giuseppe Genna, ed accende la radio con ancora le cispette sugli occhi. C'è il giornale radio e la prima cosa che sente è la voce da cyborg del Ministro delle Riforme Umberto "ce l'ho duro" (il catetere) Bossi che, a proposito del problema dei rifiuti dice: "Beh, adesso l'importante è trovare un buco in cui buttare i rifiuti intanto che si fanno i termodistruttori".
Ovviamente il risveglio è brusco in maniera devastante, che passare dallo stato di semincoscienza di chi si è appena svegliato al tirare accidenti a tutto volume non fa per niente bene.
Beata semplicità, il celodurista si esprime per assiomi e slogan, senza minimamente pensare che dietro quegli slogan e quelli assiomi c'è un mondo, che può anche essere più complesso della immagine fatta coi mattoncini del lego che ne ha lui.
Allora, che cos'è il buco del nostro celodurministro?
Una cava immagino. I rifiuti si buttano nelle cave, secondo lui. E pensare che i suoi compagni di avventure, quelli di AN, potrebbero spiegargli che le cave restituiscono sempre quello che ci si butta dentro: non a caso la foiba di Basovizza è stata sigillata, dato che non restituiva tutto quello che si pretendeva ci fosse stato buttato dentro.
Le cave hanno un altro brutto difetto: se si scava abbastanza finiscono sempre per trasformarsi in quei deliziosi laghetti nei quali si fa la pesca della trota, nel senso che vengono popolati con trote rincoglionite per le quali una botta di vita significa attaccarsi all'amo.
Eddai senatur, dalle tue parti ce ne sono diversi, dovresti sapere di che cosa sto parlando.
Insomma che sotto le cave di solito ci sta l'acqua ... ops, e che succede se metti i rifiuti nell'acqua?
Ah, tu, bevi acqua minerale e non ti contamini?
Pirla, la legislazione sull'acqua minerale è meno restrittiva di quella sulle acque di acquedotto, grazie a gente come il vostro buon amico Ciarrapico. E poi da qualche parte questa acqua minerale dovranno ben prenderla, mica si crea dal nulla no?
Insomma che se vuoi, caro senatur, ti puoi benissimo bere l'acqua minerale che viene dalle falde che stanno sotto le cave in cui hai buttato i rifiuti, se te la bevessi solo tu a me andrebbe benissimo.
Non continuo perché il post rischia di diventare complesso, nel senso che riuscirebbe comprensibile solo a gente che ha fatto almeno la prima elementare e abbia un neurone funzionante.
Ma, come ho già detto, l'organo pensante del leghista non contiene neuroni, quindi ...
Una sola cosa sui "termodistruttori": lo so che è una parola difficile, ma oggi si chiamano termovalorizzatori, il che significa che, dato che hai fatto la cazzata di costruirli, per lo meno cerca di ricavare un po' di energia dai rifiuti che ci bruci dentro (un po', mica tanta, giusto il minimo indispensabile per mascherare la cazzata)
Tutto chiaro senatur? Altrimenti, ghe so che me ...

domenica 25 maggio 2008

Nè fragole né gelato ....

Dopo tre mesi di collaudo, mi pare che sia venuto il momento di parlare urbi et orbi della mia coppetta mestruale.
Premessa: sono 35 anni che ogni mese scaglio maledizioni all'indirizzo di chi ha creato le femmine mammifere così come le ha create, ad eccezione della femmina di gatto, che in questo, come in altre cose, mostra di essere l'apice della creazione.
I problemi provocati dalle mestruazioni sono tanti e frustranti, e la perdita di sangue in sé è il minore, almeno per me.
Non soffro di crampi, di mal di testa o di mal di pancia, e la sindrome premestruale non deborda dall'usuale cattivo carattere.
E allora di cosa ti lamenti?
Beh, sono allergica agli assorbenti, tanto per dirne una.
Assorbenti anallergici? spesa inutile, che tanto sono allergica anche a quelli.
Poi di notte mi muovo, e facilmente il flusso (?) deborda, e macchia le lenzuola.
Inoltre, io riposo bene solo se sono completmente nuda. Qualsiasi costrizione, elastico, indumento, fà si che passi la notte ad agitarmi, il che significa che la mattina sono arrabbiata come un pitbull ammalato di rabbia.
Bene ... da tre mesi a questa parte tutto ciò non è più.
Niente più irritazioni, niente più perdite notturne, niente più necessità di indossare indumenti di notte.
Pulizia, freschezza e comodità, e tutto ciò grazie a una coppetta fatta in silicone medico, che si inserisce come un tampax, si sciacqua sotto l'acqua corrente, tiene perfettamente, e, a differenza del'assorbente, non si sposta nemmeno in bicicletta, come ho sperimentato stamattina.
Oltretutto una volta finito il ciclo, si lava ben benino, si fa asciugare, si infila nell'apposito sacchettino, ed è lì pronta per il mese dopo.
Insomma che non c'è più niente da buttare via, una bella riduzione nella produzione di rifiuti direi.
Dove si trova la magica coppetta? Qui: La bottega della luna.

Premio per chi è arrivato in fondo a questo post "sanguinoso":

Frittata di zucchine al forno (x 4 persone)
1/2 kg di zucchine piccole, 2 cipollotti bianchi, 5 uova, 30 g di grana grattuggiato, qualche foglia di basilico, 30 g di pinoli, 50 g di olive taggiasche snocciolate, pepe. olio extravergine di oliva

Affettare finemente le cipolle e le zucchine.
Tostare in una padella antiaderente i pinoli, metterli da parte, aggiungere l'olio nella stessa padella, e soffriggere i cipollotti e le zucchine per 7 - 8 minuti.
Sbattere le uova col grana grattuggiato, aggiungere i pinoli, le olive, le zucchine e le cipolle intiepidite.
Foderare una teglia con carta da forno bagnata e strizzata e versare il composto.
Infornare a 200 °C per 20 minuti.
E' molto buona anche fredda.

venerdì 23 maggio 2008

Parliamo di zucche, che è meglio

Titolone su Repubblica "Finito il tempo delle proteste Avanti con le nuove discariche"
Alè, pare che i napoletani volessere la soluzione dell'emergenza rifiuti, e hanno ottenuto esattamente quello che volevano.
Avranno le discariche, che saranno militarizzate, così chè sia possibile incarcerare chi fa opposizione, anzi, la misura è molto chiara: carcere per chi manifesta contro i siti. Il che può anche significare una manifestazione generica e preventiva.
Il commissario Bertolaso ha detto che ci vorranno trenta mesi per risolvere l'emergenza, io però sono sicura che ci metterà molto di meno: già da ieri, al posto delle solite interviste ai cittadini napoletani che da una parte invocavano l'intervento del governo e dall'altra protestavano contro le discariche, si sentono interviste a cittadini napoletani che invitano a collaborare per risolvere l'emergenza, a non bruciare i rifiuti e ad accettare qualche discarica.
Sono spuntati come i funghi nella notte oppure è la preparazione alla chiusura dell'emergenza? Perché si sa, in Italia le cose esistono se le fa vedere la televisione (o ne parla la radio, in seconda battuta), altrimenti non esistono.

Meglio parlare di zucche.
Ieri, approfittando di un pallido solicino, sono riuscita a convincere il prof a piantare cinque piantine di zucca che ci hanno regalato.
Noi abbiamo un piccolo orto, che non è mai stato coltivato.
Quando siamo venuti a vivere in questa casa ho detto al prof che avremmo potuto coltivare qualche pomodoro, qualche zucchino, un po' di erbe aromatiche, e che avrei potuto farlo da sola, a patto che qualcuno dissodasse il terreno.
Il prof ha risposto: eccheccevò? ora, sul signoficato di questa espressione ho già disquisito, per cui non mi dilungo. Insomma, che avvenendo questa conversazione in prossimità del suo compleanno, approfittai per regalargli un bellissimo libro sull'orto. Il prof si ritirò nel suo pensatoio e ne emerse un paio d'ore dopo, del libro nessuna traccia, ma soprattutto non si parlò mai più di orto.
Però a me quel fazzolettino di terra incolto è rimasto sul gozzo per tutto questo tempo, così l'altra sera, quando un'amica mi ha detto che aveva delle piantine di zucca, le ho prese volentieri.
Ovviamente non abbiamo alcun genere di attrezzo per l'orto, così il prof ha preso la zappetta da campeggio, e con questa zappetta era seriamente intenzionato a scavare una buca in cui seppellire le piantine.
L'ho fermato appena in tempo, spiegandogli che ogni piantina necessita del suo buchetto, e nemmeno tanto vicini l'uno all'altro, visto che le zucche corrono.
Questo ultimo concetto è risultato particolarmente arduo.
Il mio giovanotto è un ragazzo di città, la zucca cresce sul banco del supermercato, non in un orto.
Comunque alla fine le zucche sono state piantate, e non c'è nemmeno stato bisogno di inaffiarle, che è piovuto.
Per farci passare la fame da lavoro all'aria aperta, abbiamo fatto degli involtini di sarde.

Involtini di sarde con pesto di prezzemolo (x 2 persone)
1/2 kg di sarde, 50 g di pangrattato, 10 g di pinoli, 10 g di parmigiano grattuggiato, buccia di limone, pomodorini, aglio, prezzemolo, olio extravergine di oliva, 1/2 peperoncino, 1/2 bicchiere di vino bianco secco.

Pulire le sarde, privandole della testa, della lisca e della coda, e aprendole a libro.
Tostare leggermente il pangrattato in una padella antiaderente, con un cucchiaio di olio.
Passare al mixer il pangrattato tostato, l'aglio, il parmigiano, i pinoli, la scorza di limone, una manciata di foglie di prezzemolo e il peperoncino. Frullare, aggiungendo eventualmente poca acqua, fino ad ottenere un composto omogeneo.
Spalmare il composto sulle sarde, dalla parte della polpa, e quindi arrotolarle, fermando l'involtino con uno stecchino infilzato con mezzo pomodorino.
Scaldare un paio di chucchiai d'olio in una padella antiaderente, disporvi gli involtini e cuocere coperto a fiamma bassa per dieci minuti.
Sfumare con il vino bianco, lasciare evaporare e servire molto caldi.

mercoledì 21 maggio 2008

Consiglio dei ministri

Commento al primo Consiglio dei ministri dell'era IV di Silvio Berlusconi, detto il nano pelato

"Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perchè rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perchè mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perchè non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare."

Bertol Brecht

E il menisco dove lo metto?

Sono due o tre giorni che non scrivo, causa profonda depressione.
Innanzi tutto il tempo è pessimo, piove ininterrottamente da giorni. Domenica pomeriggio siamo andati in centro a sentire Erri de Luca, col suo delizioso spettacolo "Chiacchiere e chitarre", solo che per dirla giusta lo spettacolo si sarebbe dovuto chiamare "chiacchiere, chitarre e scrosci di pioggia", in alcuni momenti il rumore dell'acquazzone era quasi in grado di coprire le voci amplificate. Il massimo è stato quando Erri e i suoi accompagnatori hanno intonato una canzone dedicata al sole, e la violenza degli scrosci è raddoppiata. Allucinante.
Di norma un tempo così cattivo però riesce solo a provocarmi una buona dose di cattivo umore, per la depressione ci vuole di più.
E infatti sempre domenica, ora di pranzo, ho fatto il classico movimento che fa chiunque per aggiustarsi con la sedia sotto il tavolo e PAM, e poi PAM PAM, tre esplosioni dentro il ginocchio sinistro.
Da quel momento il ginocchio, che ha sempre fatto silenziosamente il suo dovere, incriccandosi di tanto in tanto, ma senza insistere più di tanto, ha iniziato a lanciare messaggi nemmeno tanto trasversali, che dicevano: guarda che ci sono.
Lunedì mattina sono stata costretta a fare una delle cose che odio di più: andare dal medico.
Oddio, il nostro medico è un caro amico, è simpatico e gli voglio bene, però andare in ambulatorio, attendere il proprio turno in sala d'attesa, sopportare il chiacchiericcio dei vecchietti, e le persone che si sentono titolate per entrare prima e non si sa perché, i commenti sulle riviste di pettegolezzi (ma perché li chiamano gossip? perché? sono volgari pettegolezzi, cazzo) che ingombrano il tavolino nella sala di attesa, è molto vicino ai miei personali limiti di sopportazione, per quanto rinforzati da un buon libro giallo.
Vabbè, ho dei limiti di sopportazione molto bassi.
Comunque arriva finalmente il mio turno, il medico mi visita, ha l'impressione che il comportamento del mio ginocchio possa essere attribuito sia a un menisco andato sia a delle cartilagini altrettanto andate. Per la serie che in casa nostra sembra impossibile beccare un malanno semplice, penso io. Comunque mi dice che è meglio fare una risonanza magnetica.
Il martedì vado quindi all'ospedale, al mitico CUP, per prenotare la mia risonanza magnetica.
Sono armata di robusti pregiudizi, pazienza, un volume di mille pagine.
Mi sono preparata con tanta cura perché tutte le volte che sono passata dal CUP, e ci si deve passare per forza dato che il bar sta dietro la sala di attesa, ho visto, stravaccati sulle poltroncine nelle posizioni più assurde, degli oggetti che assomigliavano tanto a mummie di epoca faraonica.
E invece arrivo, prendo il numeretto all'eliminacode, faccio in tempo a guardarmi in giro che tocca a me. Dico alla signora allo sportello che vorrei un appuntamento il più presto possibile, non importa se non è all'Ospedale Maggiore, sono disponbiile ad andare anche nei centri periferici. Mi aspetto di dover lottare con un appuntamento fra sei mesi, e invece la signora mi chiede se ho chiodi o altri innesti metallici nel corpo, e alla mi risposta negativa risponde: beh, allora può andare in un centro convenzionato, l'appuntamento è tra un mese.
In meno di dieci minuti ho sistemato la faccenda.
Niente festeggiamenti però: tutto il tempo che abbiamo risparmiato al CUP lo perdiamo al centro prelievi, dove il prof deve fare le sue analisi periodiche. Pare che tutta la città abbia deciso di farsi gli esami del sangue.
E finalmente oggi spunta il sole, e il ginocchio, tenuto più o meno a riposo, pare tornato più o meno a posto. E mi viene voglia di togliemi la muffa di dosso.
Stamattina il prof aveva la palestra e un po' di commissioni da fare, ma nel pomeriggio gli dico: andiamo a fare la spesa in bici, non ne posso assolutamente più di non prendere un filo d'aria.
Così tiriamo fuori le bici, e io parto a razzo per fare la salita del cortilecon la bici, dimenticando, a causa dell'effetto stupefacente dell'arietta e del sole dopo giorni di pioggia, che forse il ginocchio avrebbe bisogno di maggiori cure.
A metà della salita PAM! Un solo colpo secco, tremendo come una bomba.
E poi basta, non c'è più stato verso di usare decentemente sto cavolo di ginocchio.
E adesso sono qui che calcolo il diagramma delle forze per sedermi e alzarmi dal water, con una gran voglia di fare giustizia sommaria del menisco sinistro.
Magari!

sabato 17 maggio 2008

Chiusi in casa come le chiocciole

Il tempo è tornato brutto, è sabato, tradizionale giornata di pulizie, e in più non ho alcuna voglia di parlare di politica.
Anche se in questo momento il giornale radio mi sta sciorinando le tuonate di Maroni, che sembra convinto di arrivare come l'arcangelo Gabriele facendo scomparire tutti i problemi di immigrazione e compagnia cantante, dimenticando che ha già avuto 5 anni per risolvere questi stessi problemi, e anche allora ha solo dato aria lla bocca.
Quindi, dato il tempo, il da fare, eccetera, non abbiamo messo il naso fuori di casa, se non per una breve spesa, visto che oggi e domani si deve ben mangiare.
E poi, ovviamente, abbiamo cucinato.

Fusilli con peperoni (x 2 persone)
1 peperone rosso, 2 pomodori, 50 g di guanciale a fette non troppo fini, aglio, olio, pepe, basilico, pecorino romano.

Pulire e tagliare a filetti il peperone, metterlo nel microonde alla massima temperatura per 4 o 5 minuti.
Nel frattempo tagliare a striscioline anche le fettine di guanciale, e farle rosolare con l'aglio e poco olio. Aggiungere i pomodori spellati e tagliati a cubetti.
Quando i pomodori iniziano a disfarsi aggiungere i peperoni, pepare e continuare la cottura.
Cuocere i fusilli al dente, scolarli e versarli nel tegame col sugo, farli saltare e aggiungere il basilico spezzettato.
Servire molto caldi con pecorino grattuggiato

Pomodori al forno con le uova (x 2 persone)
2 grossi pomodori, 50 g di mollica di pane, qualche foglia di menta, 10 g di pinoli, olio extravergine di oliva, 15 g di grana grattuggiato, 2 uova.

Mettere nel mixer la mollica di pane sbriciolata, la menta, i pinoli, il grana e l'olio, e frullare fino ad ottenere un composto omogeneo, aggiungendo eventualmente un paio di cucchiai di acqua.
Tagliare una calotta dai pomodori, svuotarli della polpa e dei semi, riempirli col composto, ricoprire con la calotta tagliata e informare a 180 °C per 20 minuti.
Cuocere le uova in camicia.
Sfornare i pomodori, togliere la calotta e porre al suo posto l'uovo in camicia.
Spolverare di pepe e servire.

Insalata di zucchine (x 2 persone)
4 zucchine giovani, 200 g di feta, una manciata di pistacchi, un cucchiaio di succo di limone, 4 cucchiai di olio extravergine, qualche foglia di basilico, sale, pepe.

Tagliare le zucchine in nastri nel senso della lunghezza, usando un pelapatate.
Emulsionare l'olio, il succo di limone, il sale, il pepe e il basilico, condire le zucchine, mescolare bene e far riposare.
Nel frattempo sbriciolare grossolanamente il feta.
Mettere a bollire un po' d'acqua e versarci i pistacchi sbucciati, sbollentali per un paio di minuti, poi scolarli e farli intiepidire.
Liberarli dalle pellicine e tritarli grossolanamente.
Disporre le zucchine su ciascun piatto, con il loro condimento, coprire col feta sbriciolato e guarnire coi pistacchi.

Dimenticavo: un grazie di cuore agli organizzatori della manifestazione pro laicità di Savona, meno male che c'è ancora qualcuno che rifiuta la genuflessione come unico modo di vita.

giovedì 15 maggio 2008

Il treno? IL TRENO????

Stamattina dovevo andare a Trieste per tenere un seminario in università.
Io ho una mia personale idiosincrasia nei confronti di Trieste, mi ci perdo come se niente fosse, poi le strade strettissime e ripide mi infastidiscono, l'impossibilità di trovare parcheggi, anche nei posti dove parcheggi ce ne dovrebbero essere mi indispone.
Oltretutto, quando vai a tenere un seminario in materie ambientali, il minimo della coerenza richiesta esige che ci si attenga ai principi che si vanno ad insegnare, per cui decido di prendere il treno.
Dato che la piccolissima stazione vicina a casa mia non è presidiata e spesso la macchina che emette i biglietti è guasta, e oltretutto ho i tempi abbastanza risicati, decido di acquistare i biglietti via internet, cosa che del resto facciamo ogni volta che dobbiamo prendere il treno.
Stamattina, ad ora antelucana, prendo la macchina, vado nel paesetto vicino, che nel mio non c'è la stazione, e immediatamente scopro che non c'è alcuna possibilità di parcheggiare: tutto il piazzale antistante è decorato da cartelli di divieto di sosta.
Il problema è che il foruncolo (la stazione non è più grande di così), è praticamente in mezzo al nulla, e quindi più che in macchina non ci si arriva. Al limite in bici, per le quali c'è una tettoia, ma nessun portabici e nulla a cui incatenarle.
Torno indietro lungo la stradina, e infilo la macchina fuori dalla banchina stradale, tra due robinie.
Mi fa piuttosto male un ginocchio, ma non mi posso sedere: in tutta la stazione non c'è una panchina, nemmeno nella sala di attesa, forse in funzione anti vagabondaggio.
Peccato però che il pavimento della sala di attesa sia ordinatamente diviso in spazi ben delimitati, con coperte sul pavimento sulle quali dormono diverse persone.
L'organizzazione fa pensare che non si siano addormentati lì per caso, ma che abbiano eletto la sala di attesa a loro dimora.
Pensione con camera senza servizi, che quelli una volta esistenti (c'è ancora il cartello), sono murati.
Quando sto per abbandonarmi allo sconforto, arriva il treno.
E' sporco in maniera inenarrabile, ma per fortuna trovo posto in una carrozza che una volta era di prima classe. E' sporca come il resto, ma per lo meno i sedili sono più larghi e più distanzati, e posso accomodarmi in modo che il ginocchio dolorante stia in una posizione abbastanza comoda.
Mi immergo nella lettura, e dopo un'ora e mezza arrivo a destinazione.
Tengo il mio seminario e quindi mi rimetto in viaggio per tornare a casa.
Purtroppo ho sforato i tempi, così perdo il treno che avevo previsto di prendere, quello successivo parte dopo circa 40 minuti.
Il mio biglietto preacquistato però riporta l'oragio del treno che intendevo prendere, così vado all'ufficio informazioni, dove mi dicono che in realtà il biglietto vale 4 ore a partire dall'orario indicato, e che, non essendoci problemi di prenotazioni, posso prendere tranquillamente il convoglio successivo.
Mi siedo su una panca e leggo finché il treno non arriva.
Salgo, mi siedo, e ovviamente leggo, finché non arriva il controllore.
Tiro fuori il mio biglietto elettronico, e l'uomo mi chiede un documento. Dato che mi è stato chiesto anche la mattina, prendo la carta d'identità con la massima calma.
Il tizio dice che il biglietto non è valido perché c'è scritto il nome di mio marito.
E' vero, prendo il biglietto del mattino e controllo: lì c'è scritto il mio nome, e quello di mio marito in quanto ha acuistato il biglietto con la sua carta di credito.
E' facile capire che nella predisposizione del biglietto di ritorno è stato commesso un errore.
Lo spiego al bigliettaio, facendogli vedere il biglietto del mattino per fargli capire che è un errore, e non cattiva volontà. D'altra parte se io avessi acquistato il biglietto in biglietteria, non ci sarebbe stato scritto sopra alcun nome.
Il bigliettaio dice che lui deve farmi pagare un altro biglietto.
Pazienza dico.
Se non che salta fuori che devo pagare un altro biglietto e una multa perché viaggiavo senza biglietto, e che in realtà dovrebbe darmene una seconda perché viaggio su un treno in orario diverso da quello indicato sul biglietto.
Non è vero dico, ho un biglietto regolarmente pagato, c'è un errore, spiegabile, mi pare solo una questione di elasticità mentale, e che a Treiste mi hanno detto che riguardo all'orario non c'erano problemi.
Ribatte che si stupisce che le ferrovie dello stato facciano viaggiare la gente come me (come me?) con questi biglietti via internet che tanto secondo lui sono tutti falsi.
A questo punto sono pronta ad emulare Hannibal the cannibal e mangiarmi il suo fegato con le fave fresche, rinuncio solo perché il piatto va col Chianti, e io sono astemia.
Nel frattempo l'uomo scrive il verbale e me lo legge.
C'è scritto che viaggio senza biglietto.
Gli dico che non è vero e che vorrei scrivere una annotazione che spieghi come stanno realmente le cose.
Lui dice che la scriverà lui. Mi rifiuto e dico che la mia annotazione la scrivo io, manco capisco la sua scrittura, che ne so se scrive quello che voglio io o fregnacce?
Non me lo permette, e io mi rifiuto di firmare il verbale.
Lui mi minaccia dicendo che invece di consegnarmelo lo spedirà a casa (non mi pare di avere l'aspetto della ragazzina scappata di casa da minacciare dicendo che si spedirà un verbale, ma non importa), ormai furiosa gli dico di spedirlo, pulircisi il culo, fare qualsiasi cosa tranne uscire dalla sua cabina finché non sarò scesa dal treno, perché non è aria.
Devo essere stata convicente perché non l'ho più visto.
Conclusione: per fare un viaggio di un centinaio di km, mettendoci 3 ore invece che due, tra biglietti regolarmente acquistati, e verbale che equivale al biglietto più una multa di 50 euro, andrei a spendere quasi 70 euro.
Ha così da aumentare il petrolio.
E poi si dice che in Italia la gente non prende il treno? Vade retro, se i treni e il loro personale sono questi.
Mi auguro solo che i controllori percepiscano una percentuale sulle multe inflitte ai passeggeri, perché altrimenti non si spiegherebbe tanta ottusità.
Resta da dire che non ho alcuna intenzione di pagare nulla, nè ora nè mai: due viaggi ho fatto, due viaggi ho pagato, nulla più devo alle ferrovie.

mercoledì 14 maggio 2008

Fiducia ... in cucina

Oggi c'è stata la votazione per la fiducia al nuovo governo.
Considerata la maggioranza, nessun dubbio che la fiducia passasse senza problemi.
Non è questa la notizia.
La notizia è che Veltroni (ma siamo sicuri che è una notizia?) ha abbondantemente scodinzolato felice quando il cavaliere gli ha fatto l'imitazione.
Dato che i comici in questo paese sono costretti a fare i giornalisti e i politici, p quasi del tutto normale che un politico di carriera faccia il comico.
In questo panorama da italietta post conquista, spicca anche oggi di Pietro, che ha dato una staffilata a Fini, il quale, assai evidentemente, non si è ancora tolto la giacca del partito per indossare una giacca veramente istituzionale.
Fini, a di Pietro che si lamentava per la bagarre in aula: "Onorevole Di Pietro lei sa che e' abbastanza naturale che ci siano interruzioni. Anche se dipende da quello che si dice''.
Replica di di Pietro: ''Ha ragione signor presidente, dipende da quello che si dice perché non bisogna disturbare il manovratore...''.

Dato che su questo teatrino è meglio stendere un velo pietoso, torniamo alla cucina.
Oggi, a grande richiesta, tre ricette.

Maccheroncini con ragù di verdure (x 2 persone)
1 carota, 1 zucchina, 50 g di piselli freschi sgranati, 1/ cipolla, 100 g di asparagi, 1 costola di sedano, 1 manciata di prezzemolo, 3 o 4 foglie di basilico, olio extravergine di oliva, brodo vegetale, pepe, grana grattuggiato.

Pelare gli asparagi, tagliarli a tocchetti, tritare le cipolle, tagliare a cubetti la carota, la zucchina e il sedano, tritare il prezzemolo.
Mettere le verdure in un tegame, coprire a filo con brodo caldo, e far cuocere per 15 minuti.
Nel frattempo cuocere la pasta.
Scolare la pasta e passarla nella padella, insaporire con una macinata di pepe, aggiungere il basilico spezzettato e un filo d'olio.
Far saltare per un paio di minuti.
Servire con abbondante grana grattuggiato.

Straccetti di pollo al melone (x 2 persone)
250 g di petto di pollo, succo di 1/2 limone, una decina di foglie di basilico, 1/2 melone, pepe, olio extravergine di oliva.

Tagliare il petto di pollo a striscette, metterlo in una terrina, coprire col limone, aggiungere qualche foglia di basilico spezzettata, mescolare bene e fare marinare per 30 minuti.
Nel frattempo pulire il melone e tagliare la polpa a cubetti.
Scaldare un po' di olio in una padella antiaderente, cuocere il pollo a fuoco vivace per 5 minuti.
Togliere il pollo dalla padella scolandolo dal fondo di cottura.
Mettere il fondo nel mixer con il resto del basilico, e frullare riducendo in crema.
Disporre su ciascun piatto il melone, il pollo e bagnare con la crema al basilico.

Finocchi alla pizzaiola (x 2 persone)
4 finocchi freschissimi, una dozzina di pomodorini di Pachino, 10 olive di Gaeta snocciolate, sale, pepe, un cucchiaio di capperi di Pantelleria, ricotta di pecora grattuggiata, origano.

Pulire i finocchi, tagliarli in quarti e cuocerli a vapore per una decina di minuti.
Ungere una teglia e disporre i finocchi sul fondo.
Coprire con i pomodori tagliati a cubetti, salare leggermente e pepare generosamente.
Aggiungere i capperi, le olive snocciolate, profumare con un po' di origano e cospargere di ricotta di pecora.
Infornare in forno a 180 °C per 15 minuti.

martedì 13 maggio 2008

Il clafutis non è solo dolce!

Lo so che avevo intrapreso l'esame del nostro meraviglioso e mirabolante nuovo governo, ma poi mi sono distratta: il tempo bello che ispira ad andare in bicletta ha fatto si che avesse qualcosa di meglio di cui occuparmi, e soprattutto, che alla sera fossi così stanca da non avere voglia di scrivere, soprattutto non di loro.
Poi, a farmi venire un po' di schifo in più, e quindi a farmi passare ancora un po' la voglia di parlare di politica e di politici, è venuto il caso Travaglio/Schifani.
Ora, ripeto per l'ennesima volta, io non ho la televisione, e questo mi mette al riparo da un sacco di stronzate, però è abbastanza frustrante leggere i resoconti sui giornali, che purtroppo danno per scontato che uno guardi la televisione, e quindi si limitano ai commenti e omettono i fatti.
Però, che strano, Marco Travaglio è proprio uno degli autori di un libro che si intitola "La scomparsa dei fatti", mah ...
Ripeto, non ho sentito quello che ha detto Travaglio di Schifani, e non sono nemmeno riuscita a trovarlo in internet nero su bianco dall'inizio alla fine, solo estrapolazioni, interpretazioni, incisi, niente di serio insomma.
Pare che Schifani abbia querelato Travaglio, ma anche lì mi pare di capire (sempre le solite estrapolazioni eccetera) che la querela non comprenda il fatto che Travaglio ha detto il falso.
Ho l'impressione che non sapremo mai come finirà la faccenda ... come non sappiamo mai che cosa succede veramente in Italia.
Ma in tutto questo, la cosa che mi ha lasciato interdetta, è lo stracciamento di vesti della sinistra ... sinistra? ma per favore, da come si sono comportati e si stanno comportando in questi giorni si ha la prova definitiva, provata, che sono solo dei lecchini privi di qualsiasi dignità, così legati al potere che sono disposti a qualsiasi nefandezza pur di goderne almeno di luce riflessa.
In tutto ciò mi pare che l'unico che mantenga una vaga rotta sia di Pietro, e si che l'uomo proprio non mi piace ... mala tempora currunt.

Vabbè ... a questo punto mi pare del tutto superfluo aggiungere incazzatura a incazzatura, e quindi parliamo di clafutis.
Il clafutis è una preparazione simile a una torta cremosa, cotta al forno. Il clafutis classico è fatto con le ciliegie, ed è una cosa straordinaria, ma anche le fragole rendono benissimo, oppure le pesche.
Però il clafutis può essere anche salato, e a questo punto diventa un delizioso piatto unico, molto nutriente.

Clafutis di cavoli
450 g di cimette di cavoli misti (cavolfiore, broccoli, cavolo verde, cavoletti), 1 scalogno, 100 g di prosciutto cotto a cubetti, 4 uova, 50 g di parmigiano grattuggiato, 25 g di farina, 1 vasetto di yogurt naturale di capra, qualche cucchiaio di latte, pepe, olio extravergine di oliva.

Cuocere le cimette di cavoli in acqua bollente salata per 5 minuti, scolare molto bene.
Tritare lo scalogno e soffrigerlo in poco olio, aggiungere il prosciutto e rosolarlo.
Aggiungere i cavoli e farli insaporire a fuoco dolce per 5 minuti.
Rompere le uova in una terrina, aggiungere il parmigiano, la farina, lo yogurt e una generosa macinata di pepe. Sbattere con una forchetta finché il composto risulta cremoso e omogeneo, aggiungendo un po' di latte per ammorbidire.
Ungere una pirofila e disporre i cavoli sul fondo, coprire con il composto di uova, cuocere in forno caldo a 180 °g per 35 minuti.
Servire caldissimi

venerdì 9 maggio 2008

Pensieri, parole e opere (parte seconda)

Continuiamo con la presentazione della compagnia di giro che darà spettacolo in Italia nei prossimi anni.
Si chiama compagine di governo dite?
Beh, che il cielo ce la mandi buona, ero più contenta se era Zelig.

Mariastella Gelmini (scuola e università): a parte la sua faccia da professoressa stronza, ma questo è probabilmente un mio vissuto, dato che è la sosia della più odiosa collega del prof, non ha pregressi, non ha competenze, probabilmente non ha nè qualità nè meriti. Spero che abbia almeno un figlio in età scolare, e che non sia una genitrice rompipalle.

Ignazio La Russa (difesa): non è necessario fare la caricatura al buon uomo, è nato essendo la caricatura di se stesso, ed è diventato ministro della difesa dopo che per giorni Fiorello gli ha fatto l'imitazione nelle vesti di ministro della difesa.
Lo so, il ragionamento è contorto, ma non si capisce se Fiorello ha il dono della preveggenza oppure se berlusconi ascolta Fiorello.
Il buon uomo ha il suo destino di fascista iscritto nel nome, infatti si chiama Ignazio BENITO. E' un soggetto piuttosto folcloristico e rumoroso, ma molto probabilmente si tratta di molto rumore per nulla.

Maurizio Sacconi (lavoro, salute, politiche sociali): ha un passato da socialista (un altro socialista, ma non è che il PdL è la cas di riposo del PSI?). Spacciato per amico di Biagi, fu colui che materialmente non provvedè a dotare il tecnico di una scorta adeguata a proteggerlo dalle minacce che stava ricevendo e che lo avrebbero portato alla morte (http://www.repubblica.it/speciale/2002/biagi/sacconi.html). Dato che in quel periodo il nostro eroe era sottosegetario del ministero di cui ora è titolare, che che a tutti gli effetti Biagi era un suo dipendente, si può immaginare come si comporterà in materia di incidenti sul lavoro.

Segue ... purtroppo.

Trent'anni da Via Caetani (intermezzo)

Trent’anni fa, una calda mattina di maggio come oggi.
Avevo 17 anni e frequentavo la quarta superiore, in un Istituto Tecnico.
La scuola era fortemente politicizzata, uno zoccolo duro di extraparlamentarismo di sinistra che raccoglieva buona parte degli studenti e degli insegnanti.
Dal giorno del rapimento di Aldo Moro la scuola era in assemblea permanente. Ogni mattina venivano letti e discussi i giornali, venivano rintuzzati gli attacchi dei fasci, venivano stesi tazebao.
La mia classe era uno dei fulcri dell’attività ed io ero il fulcro della mia classe: secchiona riconosciuta, prima della classe in tutte le materie, membro di Potere Operaio e presidente dell’assemblea degli studenti.
Come molti di noi sapevo di essere su un crinale, in equilibrio precario.
Eravamo contro lo stato, di questo eravamo certi tutti.
Lo stato era il preside ubriacone che ci negava la mensa anche se la scuola era a chilometri dalla città e dal più vicino posto dove mangiare.
Lo stato erano i carabinieri che avevano rinchiuso molti di noi in un pullman, che avevamo bloccato perché si pretendeva di far salire 300 persone dove a malapena ce ne stavano 70, facendoci poi scendere uno alla volta e manganellandoci mentre attraversavamo lo stretto della porta.
Lo stato era il sindaco che prima ci aveva promesso udienza per risolvere i nostri problemi di mensa e trasporto, e poi, una volta raccolti nel cortile del municipio, ci aveva scacciato con gli idranti.
Eravamo contro lo stato, senza dubbio.
Capivamo le ragioni delle Brigate Rosse.
Letti oggi quei volantini sono quasi ridicoli col loro linguaggio pretenzioso da realismo socialita, eppure li capivamo, avevamo gli strumenti linguistici e politici per destrutturarli e ricavarne i messaggi, e i messaggi parlavano di uno stato diverso, di diritti, di dialogo.
Poi era arrivato il rapimento di Aldo Moro.
All’inizio l’avvenimento ci aveva eccitato. L’uomo non era simpatico, con le sue maniere compassate. Era un residuato del passato, legato a doppio filo con quello stato contro cui eravamo.
Col passare dei giorni il fronte unito di approvazione iniziò a mostrare delle crepe.
Qualcuno in quel momento decise di scivolare giù dal crinale, e ci si perse del tutto, qualcuno invece iniziò a porsi dei dubbi.
Poi, dall’analisi dei documenti, si fece strada il sospetto che ormai il principale ostacolo alla liberazione di Moro fosse il suo partito, che approfittava di quella che sembrava a tutti gli effetti una sede vacante per riorganizzarsi senza di lui, facendo avanzare persone al cui confronto l’anziano democristiano sembrava un progressista sfegatato.
E poi c’erano le lettere.
Non ho dubitato, mai, che il loro contenuto fosse quanto di più spontaneo e vicino all’anima di Moro ci potesse essere, in quelle lettere non c’era nulla di forzato, i suoi carcerieri non ci avevano messo mano.
Eppure, per quelle lettere, fu decretato pubblicamente, anche se non ufficialmente, che il prigioniero non era più in grado di intendere e di volere, che era succube dei suoi carcerieri.
Chi di noi dialogava con se stesso, pochi, che a 17 anni è difficile, aveva ormai intuito che la vita di Moro era prossima al punto di non ritorno.
Quella mattina una nostra compagna fu chiamata in presidenza non ricordo per quale motivo, forse una questione di assenze, visto che era incinta.
Dopo pochi minuti tornò in classe sconvolta, urlando con la bocca spalancata, le guance rigate di lacrime. Ci spaventammo, conoscendo il suo stato, e la professoressa di matematica, che mi stava sottoponendo alla solita interrogazione sadica che aveva in palio la concessione alla classe di andarsene in assemblea, iniziò a urlare più forte di lei, per la paura.
Cercammo di calmarle, ma ci accorgemmo che i corridoi rumoreggiavano di grida sempre più forti, di pianti.
Improvvisamente si aprì la porta e la nostra insegnante di lettere del biennio, apparentemente calmissima, ma con la voce rotta e il viso che sembrava una roccia malamente scolpita ci disse di andare il più velocemente possibile in aula magna, che era stato trovato il cadavere di Aldo Moro.
La professoressa di matematica, ripresasi dallo spavento del possibile parto in classe, si alzò inviperita replicando che non ci poteva lasciar andare, che eravamo già in ritardo sui programmi. La collega la zittì con un gelido “vai a farti fottere”.
Uscimmo nel corridoio, lo scalone era già affollato di studenti e insegnanti, e quando arrivammo in aula magna facemmo fatica a entrare.
Io dovetti farmi largo a gomitate per raggiungere il mio posto di presidente.
Qualcuno aveva un radioregistratore, e aveva registrato la trasmissione che aveva dato la notizia.
La riascoltammo in totale silenzio, e poi iniziammo la discussione.
Non ne ricordo i particolari, la mia testa era altrove.
La storia ha incolpato le Brigate Rosse dell’omicidio di Aldo Moro, ma, in un processo equo, io avrei voluto vedere condannati i fiancheggiatori di quell’omicidio, e niente mi toglie dalla testa, per tutto quello che ricordo di quei tempi, che i fiancheggiatori si radunassero sotto lo scudo crociato.
Per quanto riguarda me, come ho già detto, nel corso della discussione in assemblea avevo la testa altrove, e svolsi i miei compiti di presidente e moderatore per puro automatismo.
L’altrove era la mia necessità di scegliere, di capire da che parte del crinale sarebbe continuato il mio futuro dopo quella tragedia.
Scelsi la luce e la non violenza.

giovedì 8 maggio 2008

Pensieri, parole e opere (parte prima)

Oggi ha giurato il quarto governo Berlusconi. Segno che gli italiani perdono il pelo ma non il vizio.
Gli piace credere ai sogni, gli piace il tono rozzo e cameratesto, trovano simpatico uno che dice che ce l'ha duro (il catetere ormai), e "understatement" le corna e le dita del naso in pubblico.
Però è interessante conoscere un minimo di pedigree di questa allegra brigata, lasciando perdere il capo in testa, che altrimenti non mi basta lo spazio.

Roberto Maroni (interni): il suo capo che ce l'ha tanto coi comunisti, dimentica sempre che ha fatto parte di Democrazia Proletaria. Nella maggior parte delle biografie ufficiali la notizia non si trova, chissà come mai? Dal punto di vista giudiziario ha collezionato solo una condanna per resistenza a pubblico ufficiale, una mammola insomma.

Giulio Tremonti (economia): di economia ci capisce come ci capisce qualsiasi insegnante di lettere, cioè niente. In compenso ha un passato socialista. La sua politica è semplice: tutte le tasse sui lavoratori e niente sulle imprese, che infatti ormai godono di utili a dir poco spropositati, senza un minimo di reinvestimento in impianti e ricerca. Nonostante il supposto liberalismo del partito a cui appartiene, è convinto che tutti i problemi si risolvano con le nazionalizzazioni (anche perché in questo modo si possono sistemare più clienti). Non ha pendenze giudiziarie, perché purtroppo i danni che ha fatto e che farà non vengono considerati reati.

Umberto Bossi (riforme): segretario amministrativo della sezione di Samarate del PCI (si, proprio Partito Comunista Italiano), fervente sostenitore dei giudici di Tangentopoli finché non viene pizzicato anche lui (condannato in via definitiva a 8 mesi), e si sa i pizzichi fanno male, sopratutto nei temperamenti vendicativi e sanguigni come il suo. La sua ideologia è semplice, e si chiama celodurismo, parola che definisce le condizioni in cui si dovrebbe sempre trovare l'organo pensante del leghista DOC, organo molto opportunamente situato in mezzo alle gambe.
E' stato colpito da un grave ictus, cosa di cui umanamente mi dispiace, si deve però dire che la malattia non gli ha insegnato nulla, cosa che però era prevedibile, dato che l'ictus colpisce il cervello, che, come si è già detto NON è l'organo pensante di un leghista. Dal punto di vista giudiziario, oltre alla condanna per illecito finanziamento di cui sopra il suo reato più grave è legato ai nomi dati ai suoi figli, nomi che non oserei infliggere nemmeno ai miei gatti.

Roberto Calderoli (delegificazione): originario della Val Imagna, si differenzia immediatamente dai suoi conterranei, infatti si laurea in medicina, quando l'ambizione media dei ragazzi della sua età è fare il manovale, ma d'altra parte lui è figlio del dentista del paese. Forse a causa del'estrema semplicità della sua mente, è uno dei rari esempi di fedeltà politica, ha esordito nella Lega e con quella è rimasto. Ci si chiede se sia coerenza o semplice istinto pavloviano. L'individuo in sè è sostanzialmente ameno, e lo sarebbe ancora di più se non gli fosse chiesto di occuparsi di leggi. Sua è infatti l'odiosa legge elettorale italiana, da lui stesso definita porcata in uno dei rari momenti di lucidità. Deve essere sercitata molta attenzione sulle sue intemperanze verbali, d'altra parte scusabili dato che la bocca non è nè collegata nè collegabile con l'organo pensante dei leghisti, e quindi il soggetto non è in grado di controllarsi da sè. Per tutte le ragioni di cui sopra non ha pendenze giudiziarie, anche perché gli sarebbe sempre concessa l'infermità mentale.

La lista è lunga ... segue domani :-)

P.S. Stagione di asparagi, sono buoni in tutte le maniere, ma ricordatevi di pelarli con un pelapatate per togliere la fibra esterna, e di sbollentarli da 6 a 10 minuti in acqua salata prima di qualsiasi preparazione ....

mercoledì 7 maggio 2008

Fisco, privacy e torte salate

In questi ultimi giorni ha tenuto banco la polemica relativa alla pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi 2006 degli italiani, con grande stridore di denti, vesti stracciate,
interventi del CODACONS e del garante della privacy, hackeraggii, pubblicazione sui quotidiani, gogne mediatiche e quant'altro.
Bene, quanto segue è probabilmente un discorso da osteria, nel senso di privo di qualsiasi finezza politica,
ma dato che partiti come la lega hanno vinto le elezioni facendo per decenni discorsi da osteria, sai mai ...
dunque, io sono una cittadina italiana, i cui redditi sono stati pubblicati online al pari di quelli di tutti gli altri, e francamente la cosa non mi disturba più di tanto.
Non mi disurba nemmeno vedere i redditi in milioni di euro dei notai e degli avvocati, mi è capitato, come a tutti, di dover ricorrere ai loro salati servizi, e quindi mi aspetto quei redditi, soprattutto perché, almeno nel mio caso, i professionisti hanno sempre rilasciato regolare fattura.
Immagino però che disturbi molti piccoli artigiani vedere pubblicati i loro redditi inferiori a quelli di un precario, loro, così pudici nel nascondere la loro povertà, il loro vivere alla fame ... pensare che per nasconderlo meglio devono persino mantenersi i SUV ...
Eddai, è ovvio che certe vergogne devono essere celate, in un paese che ha (ri)eletto uno che ha detto che è moralmente lecito evadere le tasse ...

Per quanto riguarda il buon garante della privacy, trovo che potrebbe utilizzare più utilmente i suoi poteri per esempio nel corso delle campagne elettorali, dove ogni cittadino viene tempestato di lettere personali (non posta target, tanto per capirsi, ma con nome cognome e indirizzo), che contengono addirittura riferimenti ai gusti e alla vita privata.
Che cosa significa questo? che i dati sono a disposizione di chi li vuole, alla faccia delle dichiarazioni sul trattamento dei dati personali che ci vengono fatte firmare, altrimenti a me non sarebbero arrivate lettere con scritto "Cara tal dei tali, anch'io come lei amo la lettura, e mi piacerebbe discuterne di persona nel corse dell'incontro che terremo eccetera ..."
Oppure non mi sarebbero arrivate telefonate sul telefono di casa, privato, e peraltro non intestato a me, eppure di me si era chiesto, con la voce registrata di un politico, o inviti diretti dalla segreteria di un altro politico a un amico romano il cui numero è secretato.
Per quello che mi riguarda, visti i risultati, il garante della privacy può essere beatamente infilato nel novero degli enti inutili, con conseguente risparmio sulla spesa pubblica.

E veniamo al CODACONS, che ha richiesto un indenizzo per tutti i cittadini di cui sono stati pubblicati i redditi.
Posto che io contribuente sono sicura che quei soldi non li vedrò mai, e se anche quell'indennizzo fosse concesso finirebbe col trattarsi si un esborso di danaro pubblico che finisce nelle tasche di chissà chi, e posto anche che trovo giusta la pubblicazione dei dati, chiedo al CODACONS, da questa pubblica pagina, di espungermi dal numero di coloro per cui chiede l'indennizzo.
E poi, detta con franchezza, per quello che è il vero livello di tutela che mi viene offerto, anche il CODACONS mi pare un ente piuttosto inutile.

Vabbè, tanto per far passare il nervoso, ricetta della torta salata ai peperoni!

Torta salata ai peperoni
250 g di pasta per pizza o per focaccia, 450 g peperoni, 200 g di ricotta di pecora, 2 uova, 1 dl di latte, 10 olive verdi snocciolate, 40 g di mollica di pane, 50 di mandorle a lamelle, sale, pepe, timo.

Grigliare i peperoni, pulirli e tagliarli a pezzetti.
Amalgamare la ricotta col latte, le uova, un po' di sale e una abbondante grattuggiata di pepe.
Tritare insieme la mollica di pane e le olive.
Imburrare e infarinare una teglia da c.ca 22 cm. Rivestire con la pasta tirata fine, pareggiare l'eccesso e metterlo da parte.
Bucherellare la pasta con una forchetta, cospargerla col trito di mollica e olive, versare il composto di ricotta.
Coprire coi peperoni e con le mandorle a lamelle.
Guarnire con una spolverata di timo e infornare a 180 °C per 40 minuti.

giovedì 1 maggio 2008

I libri di aprile

Morte sul fiume - P.D. James - 29/04/2008
Gli amanti di Siddo - Philip J. Farmer - 24/04/2008
Non è un paese per vecchi - Cormac McCarthy - 21/04/2008
La notte del drive in - 3 - Joe R. Lansdale - 20/04/2008
La vita emotiva dei gatti - Jeffrey Moussaieff Masson - 18/04/2008
Il mistero di Mangiabarche - Massimo Carlotto - 17/04/2008
Burr - Gore Vidal - 15/04/2008
L'ottava vibrazione - Carlo Lucarelli - 10/04/2008
Il morbo di Mida - Frederik Phol - 04/04/2008
Diario di scuola - Daniel Pennac - 03/04/2008
Digiunare, divorare - Anita Desai - 01/04/2008