venerdì 5 dicembre 2008

Santa Romana Scuola

Premessa: lo stato italiano è laico e aconfessionale, vale a dire che non ha una religione di stato. Dentro lo stato italiano c'è un pezzetto di terra che invece è una monarchia assoluta teocratica. Un altro stato, con leggi, usi e costumi diversi dai nostri.
Stante l'incombente clima di sospetto nei confronti delle culture diverse dalle nostre, questo piccolo stato nello stato dovrebbe essere attentamente monitorato, in quanto fonte di eversione, di sovvertimento degli usi e costumi correnti del nostro stato, laico e aconfessionale.
Se non che le stupefacenti teorie sulla famiglia, la scuola e l'educazione provenientei dal piccolo stato teocratico, che, come ho già detto, è retto da una aristocrazia interamente maschile e dedita al celibato, che quindi all'atto pratico non ha alcuna esperienza per parlare nè di famiglia, di scuola o di educazione, sono molto di moda nel nostro stato laico e aconfessionale, così di moda da essere ormai una soffocante cultura dominante.
E infatti ci sono delle scuole, private, in cui si insegna secondo i dettami religiosi del piccolo stato teocratico.
A causa di una aberrazione giuridica che si chiama concordato tra stato e chiesa (e parlo di aberrazione giuridica perché lo stato principale ha tutti i doveri, e il piccolo stato teocratico tutti i diritti), queste scuole sono state parificate alle scuole pubbliche, vale a dire alle scuole gestite dallo stato laico e aconfessionale del quale siamo cittadini.
Si dirà: se la qualità dell'istruzione è del tutto simile a quella delle scuole pubbliche, non è poi un gran problema. No, non lo è dico io, però sono scuole private, e quindi chi proprio vuole mandare i figli lì, pagherà per il servizio.
Voglio dire: io ho mandato per alcuni anni mio figlio in una scuola privata, e cattolica per giunta, a cusa di contingenti problemi familiari. L'ho mandato, e finché è stato alle elementari ne sono anche stata soddisfatta, visto che tutto sommato mi sono trovata in presenza di persone intelligenti che hanno capito che la scelta di quella scuola non era dovuta a motivi religiosi ma di pura necessità, e li hanno rispettati. Poi alle medie è cambiato tutto, e quindi ho cambiato scuola. Ma non è questo di cui intendo parlare: il fatto è che negli anni in cui mio figlio ha frequentato quella scuola io ho pagato fior di soldi. E non ho mai preteso che la collettività sostenesse quei costi. Mia la scelta, mia la spesa, onore ed onere insomma.
Se non che invece queste scuole private e confessionali sono sovvenzionate dallo stato.
Nell'ultima finanziaria, e nel conseguente decreto sulla scuola pubblica, alla scuola pubblica, vale a dire, ricordo, la scuola di proprietà dello stato laico e aconfessionale del quale siamo cittadini, sono stati inflitti pesanti tagli alle risorse per la scuola stessa, tagli che hanno portato a decisioni che sconvolgono addirittura la didattica.
C'è la cirsi si dice, e tutti dobbiamo fare la nostra parte e non sprecare. Non entriamo nel merito di questi tagli, ma in fin dei conti nonostante le proteste di alunni e insegnanti la situazione non si è modificata perché c'è la crisi.
Se non che questi tagli sono stati applicati, parzialmente, anche alle sovvenzioni che lo stato laico e aconfessionale concede alle scuole private ispirate alla monarchia tecratica che ospitiamo sul nostro territorio, i cui alunni già pagano una retta.
Immediata levata di scudi da parte dei vescovi, vale a dire i vertici dell'oligarchia religiosa della monarchia teocratica sparsi sul territorio del nostro paese.
Ma insomma, siete ospiti e c'è la crisi, abbiamo tagliato i fondi alla nostra scuola e siamo stati iremovibili, è stata la risposta del ministro delle finanze.
No? Non è stata questa?
Già, non è stata questa. In realtà, senza nemmeno una misera manifestazione di protesta, i tagli sono stati ritirati, perché Santa Romana Scuola in Italia, paese che ha scordato che la sua costituzione dice che è laico e aconfessionale, è la scuola di serie A, l'altra, quella di noi cittadini, è sempre più inesorabilmente di serie B.
Una prece.

giovedì 4 dicembre 2008

Tutte le scuse sono buone

Stasera sono particolarmente addormentata: la notte scorsa ho riposato poco e male, poi a ora di pranzo ho sentito d'Alema intervistato dalla Palombelli, insomma che il mio cervello è come avvolto da un impermeabile.
In questa siatuazione di beata idiozia, mi ha particolarmente colpito una notizia data da Repubblica.
In poche parole una coppia di coniugi ha scoperto che il loro matrimonio in chiesa era stato officiato da un prete che poi si è dimostrato esere pedofilo, e quindi si sono rivolti alla Sacra Rota, chiedendo l'annullamento per "indegnità del celebrante".
Non so se mettermi a ridere o a piangere, perché di scuse per mandare a gambe levate un matrimonio con quel sistema ipocrita che è l'annullamento di Sacra Rota ne avevo sentite tante, dai matrimoni non consumati che però hanno aumentato di qualche unità la popolazione umana, ai vizi di forma più stupefacenti, uno per tutti: mi sono sposato solo perché così avrei potuto comprarmi la moto, letta sulle carte di richiesta di annullamento di un conoscente, ma mai incredibile come questa.
Cosa ha di così incredibile?
Beh, è semplice: il matrimonio è l'unico sacramento in cui il celebrante non è il prete.
Sono i coniugi i celebranti, e il prete benedice semplicemente il sacramento celebrato dai coniugi, quindi la richiesta di annullamento per indegnità del celebrante equivale a dire che l'annullamento viene chiesto perché i congiugi al momento del matrimonio non erano degni.
Vabbè che in quest'epoca di strana teologia ratzingeriana, dove dietro il paravento dell'infallibilità del papa si nascondono i più incredibili errori dottrinali, che poi in termini di senso comune sono cazzate galattiche, tutto è veramente possibile.

Mi riscatto da questo post teologico del quale probabilmente non frega nulla a nessuno scrivendo la ricetta del pane di farro e grano saraceno.

Pane di farro e grano saraceno
150 g di farina manitoba, 20 g di pasta acida secca, 200 g di farina di farro, 150 g di farina di grano saraceno, 30 g di olio extravergine di oliva, 12 g di sale, 1 cucchiaino di semi di finocchio, 1 cucchiaino di coriandolo macinato, 350 cc di acqua tiepida.

Mescolare la farina manitoba con la pasta acida, aggiungere 100 cc di acqua, formare un panetto e mettere a lievitare coperto e al caldo per 4 ore.
Mettere in una grossa ciotola le restanti farine, disponendole a fontana, mettere al centro il panetto lievitato, aggiungere l'acqua e iniziare a impastare, quindi aggiungere l'olio, il sale e le spezie.
Impastare energicamente con una impastatrice, quindi mettere a lievitare coperto e al caldo per 4 ore.
Infarinare una spianatoia, versare la pasta e lavorarla energicamente con le mani infarinate, aggiungendo eventualmente un po' di farina di farro se fosse troppo molle, per circa 5 minuti.
Mettere la pasta in uno stampo da plum cake, lasciar lievitare al caldo per un'ora, intanto preriscaldare il forno a 1890 °C, mettere nel forno una bacinella piena d'acqua, infornare il pane e cuocere per 40 minuti circa.

martedì 2 dicembre 2008

Sempre dalla parte dei più deboli

E' di ieri la notizia che lo Stato Vaticano, che è grande come un francobollo piccolo, ma ha dalla sua un immenso potere morale, e francamente non mi riesce di capire il perché e il percome, ha bocciato il progetto per una determinazione ONU che portasse alla depenalizzazione universale dell'omosessualità.
E con quale motivazione?
Che con una risoluzione del genere sarebbero stati penalizzati gli stati che non equiparassero le uninoni omosessuali a quelle eterosessuali.
Fa niente che in molti paesi la condanna per l'omosessualità sia la pena di morte, alla chiesa importa di più il come e il da chi viene effettuato un atto sessuale piuttosto che la salvezza di una vita umana che compie questo atto in un modo diverso da quello accettato dalla chiesa stessa.
Insomma lo Stato Vaticano, che è una monarchia assoluta teocratica, e quindi è più simile, per esempio, all'Arabia Saudita che a quella che si dovrebbe definire una democrazia, si fa paladina di un dio a cui interessa più quello che c'è nelle mutande dei suoi fedele (e anche non fedeli), piuttosto che quello che avviene nell'anima e nel cuore. Mi raccomando, l'accoppiamento che vi salva la vita è cazzo/figa (scusate il francesismo, ma un certo tipo di terminologia evita l'ingenerarsi di equivoci), se le vostre naturali inclinazioni vi portano verso altri lidi, o vi nascondete o potete anche morire, per maggior gloria di dio.
Ma questo piccolo grande stato, retto, come dicevo da una monarchia teocratica assoluta e che ha un'altra piccola stranezza, cioè è popolato da una casta di maschi celibi, vale a dire il sogno di gloria di qualsiasi maschio omosessuale, oggi ha preso un'altra posizione a strenua difesa dei più deboli.
Infatti non ha firmato la carta dei diritti a favore dei disabili, promulgata dall'ONU nel 2006. Anche qui la motivazione è pregnante: la carta non contiene una ferma condanna dell'aborto. Come sempre si privilegia il vero debole, quello che ancora non è nemmeno umano. Che cosa vuoi che sia un umano adulto, disabile e privo di diritti, in confronto a un grumulo di cellule? Facciamo nascere e crescere, magari disabile, questo grumulo, che poi gli negheremo i diritti, ma potremo esercitare la pietà. Tanti meno diritti tanta più pietà: allo Stato Vaticano non costa niente, mica li mantengono loro, i disabili. Li mantengono le loro famiglie, li mantengono fisicamente, e spiritualmente, ne pagano il prezzo fino in fondo, e cosa hanno in cambio? pietà!
Ma tutto sommato non è la posizione della monarchia assoluta teocratica maschilista e misogina che mi disgusta. Quello che mi disgusta di più è che gli altri governanti, quelli democratici, eletti, con costituzione e stati dove le donne sono rappresentate (chi più chi meno), prestino orecchio a questi vaneggiamenti, a questi insulti all'umanità.
Dovrebbero girarsi dall'altra parte e andare avanti a lavorare per il bene dei loro cittadini, che siano "normali", omosessuali o disabili, o polipoidi, se è per questo.
Non ti curar di lor, ma guarda e passa, dovrebbe essere il loro motto nei confronti delle farneticazioni vaticane. E poi un po' di sana pietà, che non si nega a nessuno.

lunedì 1 dicembre 2008

I libri di novembre

Il signore delle mosche - William Golding - 29.11.2008
Stelle che bruciano - AA.VV. - 29.11.2008
Gente di Dublino - James Joyce - 25.11.2008
Niente come prima: il passaggio del '68 tra storia e memoria - AA. VV. - 21.11.2008
Un pacifico matrimonio - Doris Lessing - 19.11.2008
La storia maledetta - Ivo Andric - 17.11.2008
Non perdonerò mai - Ida Marcheria, Aldo Pavia, Antonella Tiburzi - 17.11.2008
Cristalli sognanti - Theodore Sturgeon - 16.11.2008
American Gods - Neil Gaiman - 15.11.2008
La voce - Arnaldur Indridason - 13.11.2008
Marpalò e l'assassinio nella città murata - Luisa Conz - 12.11.2008
Le braci - Sándor Márai - 11.11.2008
Il concerto dei pesci - Halldor Laxness - 09.11.2008
Poveri e semplici - Anna Maria Ortese - 08.11.2008
Il ritratto di Dorian Gray - Oscar Wilde - 05.11.2008
Firmino - Sam Savage - 04.11.2008
Notre-Dame de Paris - Victor Hugo - 02.11.2008

domenica 30 novembre 2008

Superman e il consumo acritico

Insomma che uno si distrae un attimo, che so, va a pranzo da amici a Grado, tanto per fare un esempio di una distrazione minima, e subito questo attivissimo governo provvede a varare misure fondamentali per il progresso del nostro paese.
Il motto è sempre lo stesso, lo ha detto e ridetto il bisunto premier: bisogna che gli italiani sostengano la ripresa economica non rallentando i consumi, e siccome pare che da soli non riescano in questa titanica impresa, nonostante i 40 euro mensili di social card, ecco che il governo intero si mette il pantacollant da superman e provvede.
E dato che il sistema più semplice per far si che gli italiani non smettano di consumare è impedirgli di imparare finalmente l'arte risparmio energetico, senza contare che è la cosa più efficacemente gestibile per decreto, è lì che i nostri supereroi hanno colpito.
La lista dei lungimiranti provvedimenti è lunga, ma basta leggere questo articolo di repubblica per farsene un'idea.
Insomma che se qualcuno pensava che l'Italia potesse in qualche modo mettersi al passo con gli altri paesi europei, quelli che hanno ancora un qualche genere di PIL, nonostante si occupino di produrre energia da fonti rinnovabili, e nonostante le incentivazioni ai cittadini perché usino le suddette fonti, beh, si è sbagliato di grosso.
E poi che cosa vogliamo ancora? Salvare l'Alitalia, fare il ponte sullo stretto, e magari occuparci anche di fonti rinnovabili?
Suvvia non disturbiamo il manovratore, consumiamo, come è giusto che sia per i bravi utenti, che il titolo di cittadini più non ci spetta.
Tanto poi Superman ci darà le centrali nucleari!

giovedì 27 novembre 2008

Se potessi avere ...

Dunque arriva la Social Card, vale a dire quella carta elettronica, in tutto e per tutto simile a una carta prepagata, che verrà molto opportumanete distribuita dalle poste e che potrà essere utilizzata per fare spese.
Ma quante spese? La carta pare che sarà precaricata con un importo di 120 euro, che corrispondono a tre rate di finanziamento sociale, poi, da gennaio, sarà ricaricata con 80 euro ogni due mesi.
A parte che pare che chi ha progettato il bel sistemino non si sia peritato di verificare la compatiblità tra la carte sociale e il software in uso nei supermercati, e quindi ci si potrebbe anche aspettare che non funzionino fisicamente parlando, ho poi come l'impressione che non funzioneranno mai, filosoficamente parlando.
Oddio, come filosofia è abbastanza spicciola, dato che oggi sono andata a fare la spesa, e ho visto dove si arriva con 40 euro.
Premetto che sono sola, e che non ho contato i gatti, ho fatto la spesa solo per me.
Dunque, in un supermercato, usufruendo quasi esclusivamente di prodotti in offerta, ho speso 27,49 euro per: 1 rotolone di carta da cucina, 1 pacchetto di cracker da 16 porzioni, 1 kg di riso, 1 trancio di salmone fresco, 1 kg di carote, e confezione di verdure per minestrone, 1, 5 kg di petto di pollo, 1 sacchettino di pinoli, 2 kg di arance.
Poi sono andata in farmacia, e ho speso 12 euro per un farmaco contro il mal di testa, così che ho mancato la mitica cifra per pochi centesimi.
Ripeto, io sono da sola, e, se dovessi vivere solo di ciò che ho comprato oggi ne avrei per 6 giorni, mangiando riso a pranzo e cena, per variare in due di quei giorni utilizzerei le verdure per minestrone.
Dopo di che il pollo lo tagli a fettine, e ci posso fare sette/otto pasti, qualche volta mi piacerebbe farmi una cotoletta, ma nei 40 euro le uova non sono entrate. e rigorosamente carote come contorno :-)
Poi per fortuna il mal di testa non ce l'ho spesso, e la scatola di medicinale mi durerà almeno sei mesi.
Insomma che se non vado lontano io che sono sola, non vedo dove possano andare i reali destinatari della tesserina, soprattutto se si tratta di famiglie con bambini da zero a tre anni. Nella mia spesa di prova non ho acquistato nè omogeneizzati, nè latte in polvere nè pannolini, e sono tutte cose che le famiglie con bambini consumano in quantità industriale.
Qualcuno l'altro giorno mi ha detto che sono una disfattista, e che gli piace pensare che con questi soldi un bambino potrà ricevere un regalo che altrimenti non gli sarebbe toccato.
Ecco, meglio, meglio comprare un regalo che cercare di acquistare generi di prima necessità, la frustrazione dei beneficiari della Social Card sarebbe senz'altro minore, e poi immagino che il nostro beneamato premier, vedendo che l'elargizione viene usata per beni voluttuori e non di consumo ne sarà tutto felice, a causa dell'aumento di ottimismo che ci leggerebbe dentro.
Facciamo felice il nostro premier, a Natale si sa, siamo tutti più buoni.

domenica 23 novembre 2008

Attento al naso!

L'ondata di freddo si è, prevedibilmente, abbattuta su tutto il paese: è fine novembre, e che faccia freddo è normale.
Un po' meno normale è che un tubo di ghisa sia precipitato dal soffitto di una scuola, abbia ucciso un ragazzo, e ridotto a mal partito degli altri.
Ovviamente non è colpa di questo governo, come non è colpa del precedente, è colpa della logica perversa che permea l'Italia, per cui si fanno le leggi e si proprogano le scadenze sine die, per cui se un edificio è pubblico i suoi costi sono ridotti al minimo, in modo che i ricavi per i privati che lo costruiscono siano il massimo possibile, per cui è possibile un'uscita come quella della ministra minestra "che ci faccio qui?" Gelmini.
La gentil signora in questione si è, doverosamente, recata immediatamente sul luogo del disastro, e non ha trovato niente di meglio da dichiarare che il governo nel 2008 ha distribuito 300 milioni di euo per la sicurezza nelle scuole.
Beh, dirà qualcuno, significa che il governo si sta muovendo, che hai sempre da obiettare?
Obietto perché la scelta dei termini in un discorso politico è una cosa essenziale, e a me quel verbo distribuire ha fatto venire la pelle d'oca. Perché una distribuzione fa pensare a un piglia piglia in cui chi primo è arrivato, ha fatto la voce più grossa o aveva più santi in paradiso ha fatto la parte del leone, lasciando gli altri a bocca asciutta.
E una cosa del genere è una delle sfaccettature che fanno della scuola italiana, sia come istituzione sia come edificio, pluralità di edifici, quello che è.
Ben diversa, assai più rassicurante, sarebbe stata una dichiarazione di questo tipo: "abbiamo valutato e finanziato progetti per la sicurezza nelle scuole per 300 milioni di euro". Ma la ministra minestra non può dire niente del genere, e, e dobbiamo ringraziare per questo la sua totale incapacità politica e la sua ancora più totale incompetenza, non ha ancora raggiunto un grado di marcescenza tale da dire il falso anche nel sonno.
E a questo punto diventa inevitabile parlare del bugiardo matricolato, quello per cui lavorano a tempo pieno tutti i chirurghi plastici d'Italia, nel limargli ogni giorno il naso, che altrimenti potrebbe beatamente sostituire il ponte sullo stretto a furia di crescere. Sto parlando del bisunto del signore ovviamente, sua pelosa calvizie Silvio Berlusconi.
Stavo sentendo il giornale radio a ora di pranzo, mentre tagliavo dei pomodorini per farmi uno spaghetto veloce, quando il giornalista di turno manda in viva voce l'intervento del Presidente del Consiglio relativo alla sciagura della scuola di Rivoli. L'intervento di per se è scioccante nella sua insipidezza, uno scaricabarile che sposta la responsabilità dalla mancata manutenzione delle scuole alla fatalità, ma si sa, dall'uomo non si può pretendere di più. Il peggio però viene dopo.
Senza alcuno stacco, senza che il giornalista avvisi che si è cambiato argomento, il bisunto prosegue il suo intervento prendendosela coi cittadini che diventano poveri perché non comprano, con la sinistra che genera la paura nel crollo dell'economia, che è in buone mani visto che verranno (futuro, nota bene) prese delle misure per il suo rinforzo, e coi giornalisti dei giornali e delle televisioni, che sono tutti di sinistra e che lo prendono in giro e a volte lo insultano.
Dopo di che l'intervento in viva voce finisce e il giornalista (forse l'unico fulgido esempio di giornalista non di sinistra?) conclude, testuali parole "avete ascoltato l'intervento del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sulla tragedia di Rivoli". Complimenti, vivissimi complimenti.

Vabbè, siccome oggi mi sono fatta uno spaghetto veloce, pubblico la ricetta delle linguine con cozze e zucchine che ho preparato ieri.

Linguine con cozze e zucchine (x 2 persone)
160 g di linguine, 2 zucchine medie, 1 sacchetto di cozze, 2 spicchi d'aglio, 1 bustina di zafferano, olio extravergine, prezzemolo tritato, pepe

Pulire le cozze.
Tagliare a pezzi uno spicchi d'aglio, farlo leggermente rosolare in poco olio, aggiungere le cozze, bagnare con un mestolo di acqua calda, coprire e lasciare sul fuoco finché le cozze non sono aperte.
Tritare l'altro spicchio d'aglio, e tagliare le zucchine a cubetti. Rosolare l'aglio in poco olio, aggiungere le zucchine, salare leggermente, pepare a piacere, aggiungere un mestolo di acqua delle cozze e continuare la cottura a fuoco basso.
Sgusciare le cozze e aggiungerle alle zucchine, continuare la cottura a fuoco bassissimo per qualche minuto, aggiungere lo zafferano e il prezzemolo.
Nel frattempo cuocere al dente le linguine, scolarle e saltarle in padella col sugo di cozze, servire immediatamente.

giovedì 20 novembre 2008

Riflessi sull'acqua

Sono stata rimproverata a proposito del fatto che non scrivo più.
Qualche problema di tempo, ma soprattutto non so bene su che cosa scrivere. Ma non per mancanza di argomenti, al contrario, è l'eccesso che mi paralizza.
Quale argomento è più importante, o meglio, qual'è quello che mi ha fatto incazzare di più?
La commedia della vigilanza RAI? Oppure lo scandalo Alitalia? O il comportamento indecente di Berlusconi in ambito internazionale? O l'imbecillità delle proposte di Maroni riguardo alla sicurezza?
Ciascuno di questi argomenti si è meritato una densa sequela di parolacce durante l'ascolto del giornale radio, questi come molti altri, però c'è una materia della quale si è parlato poco, così poco che ne ho avuto notizie dalla Germania, dall'amico Postino Transalpino, ché, ormai è assodato, per sapere che cosa succede veramente nel nostro paese è necessario guardare oltralpe.
L'articolo che mi è stato segnalato è di Paolo Rumiz, ed è stato pubblicato su Repubblica del 14 di novembre, e ho come l'impressione che, come a me, sia sfuggito a diversa gente, per cui eccolo qui.
Ero a conoscenza, per ragioni di lavoro, della legge assurda che ha obbligato da qualche anno a separare la proprietà delle reti dalla loro gestione, ma adesso che si fa? Si obbligano i comuni a vendere le reti (a prezzo politico immagino, visto che di media queste reti sono piuttosto malmesse, e sono tanto più malmesse quanto prima è stata operata la divisione della gestione dalla proprietà).
Questo priverà i comuni, già orfani dell'ICI, di una ulteriore fonte di reddito, ma non darà mai ai cittadini un servizio migliore di quello che hanno ora.
Non sto a ripetere l'analisi di Rumiz, perché mi trova perfettamente d'accordo, sia nell'impostazione sia nel metodo.
Vorrei invece fare delle considerazioni su che cosa sia un governo (e una opposizione, visto che hanno votato compatti), che vara una norma di questo genere.
Bene, si tratta di volgari truffatori, esattamente come Totò che cercava di vendere il Colosseo.
Perché? Perché le reti non sono di loro proprietà, ma di proprietà delle comunità che le hanno costruite e pagate, e in ultima analisi sono res publica.
Ovvio che da anni e anni si cerca di trasformare la res publica in res nullius, in qualcosa che non ha alcun valore, e che quindi, come cosa senza valore, viene acquisita dai privati, che provvedono a specularci sopra.
Come sempre in Italia guadagni privati, spese, e debiti, pubblici.
In questo, come in tutto il resto, siamo un popolo di minorenni, a cui si impongono le leggi per decreto, senza discussione prlamentare, oppure, quando la discussione si fa, si fa alle spalle delle vere necessità della gente.
D'altra parte siamo anche l'unica nazione al mondo che non elegge i suoi rappresentanti, visto che non è possibile votarli, ma semplicemente dare una indicazione di massima sulla lista, per il resto si prende il pacco completo.
Il pacco, appunto!

martedì 4 novembre 2008

Post pedante

Consiglio tutti coloro che conoscono bene sia la lingua italiana sia il codice di non leggere questo post, non ne ricaveranno nulla di nuovo, o meglio, consiglio di andare direttamente in fondo al post, visto che ci troveranno la ricetta del coniglio con la zucca.

Bancarotta fraudolenta:
La bancarotta è un reato connesso con il fallimento; essa può essere semplice (cagionata da imprudenza) o fraudolenta (frode diretta ad aggravare l'insolvenza e a violare le legittime aspettative dei creditori). Il nome deriva proprio dal fatto che, anticamente, ai falliti veniva rotto il banco.


Etica:
L'etica (il termine deriva dal greco ἦθος, ossia "condotta", "carattere", “consuetudine”) è quella branca della filosofia che studia i fondamenti oggettivi e razionali che permettono di distinguere i comportamenti umani in buoni, giusti, o moralmente leciti, rispetto ai comportamenti ritenuti cattivi o moralmente inappropriati. Si può anche definire l'etica come la ricerca di uno o più criteri che consentano all'individuo di gestire adeguatamente la propria libertà; essa è inoltre una considerazione razionale, dei limiti entro cui la libertà umana si può estendere. In questa accezione ristretta viene spesso considerata sinonimo di filosofia morale: in quest'ottica essa ha come oggetto i valori morali che determinano il comportamento dell'uomo.
Ma l'etica si occupa anche della determinazione di quello che può essere definito come il senso (talvolta indicato con il maiuscolo Il Senso), il significato profondo etico-esistenziale (eventuale) della vita del singolo e del cosmo tutto.
Anche per questo motivo è consuetudine differenziare i termini 'etica' e 'morale'. Un altro motivo è che, sebbene essi spesso siano usati come sinonimi, si preferisce l'uso del termine 'morale' per indicare l'assieme di valori, norme e costumi di un individuo o di un determinato gruppo umano. Si preferisce riservare la parola 'etica' per riferirsi all'intento razionale (cioè filosofico) di fondare la morale intesa come disciplina.
L'etica può essere descrittiva se descrive il comportamento umano, mentre è normativa (o prescrittiva) se fornisce indicazioni. In ogni caso l'indagine verte sul significato delle teorie etiche.


Anonimo e anonimato:
L'anonimato (o anche anonimìa) è lo stato di una persona anonima, ossia di una persona di cui l'identità non è conosciuta. Questo può accadere per diversi motivi: una persona è riluttante a farsi conoscere, oppure non lo vuole per motivi di sicurezza come per le vittime di crimini e di guerra, la cui identità non può essere individuata.
Nascondere la propria identità può essere una scelta, per legittime ragioni di privacy e, in alcune occasioni, per sicurezza personale: un esempio ne sono i criminali, i quali, solitamente, preferiscono rimanere anonimi, in particolare nelle lettere ricattatorie.


Tutto questo ad uso dell'amico anonimo, che ha espresso il suo parere sul mio post relativo a Gelli.
Ora, potevo benissimo non pubblicare il suo commento: se è un anonimo evidentemente non si vuole esporre, non vuole dare in pasto al pubblico nemmeno una faccia di gatto con la mosca al naso, e rispetterò per il futuro tale delicato sentimento: non pubblicherò più commenti completamente anonimi.

Io non approvo chi ha difeso le proprie idee politiche con l'omicidio, come ho detto in un post diverso tempo fa, quando è venuto il mio momento di scegliere la forma per me più appropriata per combattere uno stato in cui non mi riconoscevo, ho scelto il lato luminoso e non quello oscuro, rifiutando la violenza fisica.
Resta il fatto che gli ex brigatisti che vanno a parlare in tv, e che, giustamente, parlano di etica, hanno rinnegato il loro passato e si sono resi conto dei propri sbagli, hanno completamente pagato il loro debito con uno stato che li ha sconfitti sul loro stesso terreno. Gli altri, quelli che non hanno capito che la guerra è finita e persa, sono ancora in prigione, dove è giusto che stiano.

Diverso è il caso di Gelli, dato che, come mi pare più che logico, una bancarotta fraudolenta non ha nulla di onorevole: non si combatte nulla con la truffa. Un bancarottiere di quel tipo viene chiamato da chi peracottaro, da chi magliaro, da chi ciuculatè. Se lo leggiamo così, invece che con il nome melenso di maestro venerabile, forse ci rendiamo conto meglio di chi sia questo ineffabile personaggio.
Dopo di che, ho sbagliato dicendo che il tizio compariva sulla tv pubblica, io non ho la televisione, e ammetto di fare ogni tanto un po' di confusione, e nello stesso non ho sbagliato, visto che su canali pubblici si è parlato e riparlato di questa trasmissione, portando via spazio, tempo e soldi a cose sicuramente più importanti per il paese, per cui alla fin fine il risultato non cambia.

E adesso il coniglio!

Coniglio con la zucca (x 2 persone)
250 g polpa di coniglio a cubetti, 250 g di zucca a cubetti, 1 cipolla bianca tagliata in pezzi grossi, 1 fettina di speck ridotta in striscioline, timo, alloro
olio extravergine di oliva, brodo vegetale

Scaldare l'olio in un tegame, e rosolare il timo e l'alloro con la carne per 3 o 4 minuti.
Unire la cipolla, lo speck e la zucca, coprire col brodo vegetale e cuocere coperto per 15 minuti.
Scoprire il tegame, alzare il fuoco e dorare la carne per qualche minuto.
Servire con orzo, riso o cous cous

domenica 2 novembre 2008

I libri di ottobre

La nuova vita - Orhan Pamuk - 29.10.2008
La ballata di Iza - Magda Szabó - 27.10.2008
Acqua storta - Romolo Luigi Carrino - 26.10.2008
Icaro - Francesco Guccini - 26.10.2008
Il grande tempo - Fritz Leiber - 25.10.2008
Chi ha paura del lupo? - Karin Fossum - 23.10.2008
I sette pilastri della saggezza - T.E. Lawrence - 22.10.2008
Fine di una storia - Graham Greene - 16.10.2008
La morte di Socrate - Fridrich Dürrenmatt - 11.10.2008
Le strade dell'innocenza - James Ellroy - 10.10.2008
Apocalisse tascabile - Mordecai Roshwald - 09.10.2008
La nausea - Jean-Paul Sartre - 08.10.2008
Atterraggio Proibito - John Brunner - 03/10/2008
La maga delle spezie - Chitra Banerjee Diavakaruni - 01.10.2008

sabato 1 novembre 2008

Gelli? Gelli!

Post velocissimo dato che sono in partenza:
ieri è rispuntato in TV il maestro venerabile, alias Licio Gelli, alias P2, alias, e l'ha detto bello chiaro, il mentore di Silvio Berlusconi, complimentato perché sta portando avanti il programma del Gelli stesso.
Ricordo che Gelli è un pregiudicato, condannato in via definitiva per i seguenti reati:
  • Procacciamento di notizie contenenti segreti di Stato;
  • Calunnia nei confronti dei magistrati milanesi Colombo, Turone e Viola;
  • Tentativi di depistaggio delle indagini sulla strage alla stazione di Bologna;
  • Bancarotta fraudolenta (Banco Ambrosiano).
E questo degno personaggio ora tiene un programma sulla TV pubblica, il che significa che questo programma è stato pagato coi soldi pubblici, e non solo di quelli che pagano il canone, anche di quelli, come me, che non hanno la televisione.
Mi aspetto ora che il processo di canonizzazione di benito Mussolini venga patrocinato dall'avvocatura dello stato.
Mala tempora currunt ...

mercoledì 22 ottobre 2008

Fischia il vento?

"Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli, ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.

Allora che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora, il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di stato E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere.

Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare.
Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico."

Non è Nostradamus, è un discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III congresso
dell'Associazione a difesa della scuola nazionale (Adsn), a Roma l'11 febbraio 1950, e pubblicato nella rivista "Scuola democratica", 20 marzo 1950.

Ohibò, com'è che pare di una modernità così sconcertante? Ma perché è esattamente quello che è successo, quello che sta succedendo, e noi l'abbiamo lasciato succedere, prima coi lunghi anni di umiliazione degli insegnanti statali, sottopagati e martirizzati in qualsiasi modo, poi con la riforma Moratti e adesso con questa, orrenda, riforma Gelmini, che non a caso è stata partorita da una persona che non ha mai passato un solo giorno in una scuola statale in vita sua.

E adesso il nanetto parla di mandare le forze dell'ordine nelle scuole che si ribellano a questo ennesimo insulto, contro la parte migliore degli studenti, quelli che ragionano con la propria testa, contro gli insegnanti che non sono ancora riusciti a spezzare e a trasformare in casalinghi della scuola, contenti di un misero stipendio pur di fare, e veramente, il meno possibile che tanto nella scuola di stato, ne sono convinti pure loro, vanno solo gli irrecuperabili, contro quei genitori che non urlano, come ne ho sentito uno alla radio, massacriamo gli insegnanti comunisti!
Ovviamente poi il nano si è smentito, come sempre, visto che è un ambiguo e un bugiardo matricolato, e anche questa smentita è funzionale al suo grande disegno, trasformare questa nazione in una massa di decerebrati.
Certo questa nazione è sempre prona e pronta a lasciare il proprio libero arbitrio nelle mani del primo mascellone con voce scandita di turno, che li privi di quella cosa così faticosa che si chiama libero arbitrio.
La chiesa sbaglia a dire che dio ci ha creato dotati di libero arbitrio, il libero arbitrio deve essere il dono che ci ha lasciato in culla il demonio, come una malefica fata madrina.
E infatti chiesa e stato uniti, finalmente, ci chiedono di non pensare, di non contestare le decisioni altrui, ma di abbandonarci alle manovre del manovratore, che non va disturbato.
Col cazzo!
Non credo che siamo di fronte a un nuovo '68, ma questo irrigidirsi dello stato, dello stato berlusconiano, sulle sue posizioni senza accettare alcun genere di dialogo, questo continuo picconamento degli spazi di libertà, che vengono presentati come momenti di eversione, forse farà alzare di nuovo il vento, almeno un po', per disperdere la barriera di consensi che i sondaggi dicono quasi bulgari (che poi mi fa strano, perché io non conosco nessuno che abbia votato berlusconi, ma forse vivo già nel ghetto senza saperlo), e far capire di nuovo a questa nazione di stupide pecore col bluetooth, che il blocco spugnoso che hanno tra le orecchie serve per pensare, e non per essere bombardato di onde elettromagnetiche!

Cambiando argomento: ce l'ho fatta! Il primo libro di cucina è finito, e caricato su Lulu, il link per acquistarlo è questo: http://www.lulu.com/content/4613869

mercoledì 15 ottobre 2008

Forse che sì, forse che no

Dato che sto finalmente ricominciando ad interessarmi a che cosa succede nel mondo, finisce che ricomincio ad incazzarmi, ma d'altra parte quello che succede in questo nostro sciagurato paese non può fare altro, e in dosi massicce.
E' ormai opinione riconosciuta che l'intelligenza creata nell'universo è una costante, e che l'aumentare della popolazione non fa altro che diminuire la dose disponibile pro capite. La distribuzione effettiva è però ancora oggetto di studi, in ogni caso le osservazioni dirette paiono dimostrare che c'è una relazione inversa tra l'essere leghista e avere accesso alla scorta universale di intelligenza.
Insomma che ieri leggo Repubblica, e trovo un simpatico articolino, nel quale si cita una seduta della commissione Lavoro durante la quale si è introddotto un criterio di territorialità nelle preferenze sui vincitori dei bandi di concorso.
Oddio, non è una novità, dirà qualcuno, persino nelle assunzioni delle ditte private spesso c'è una indicazione sulla preferenza della residenza del candidato. D'altra parte è ovvio che meno strada uno deve fare per recarsi sul posto di lavoro più fresco e ben disposto sarà.
Il fatto è che l'emendamento proposto dalla lega e approvato in commissione lavoro introduce una novità assoluta nell'applicazione di questo criterio, vale a dire che alla consueta norma che per i bandi di concorso delle regioni prevede "costituisce titolo preferenziale la residenza nelle regioni per i posti ivi banditi" si aggiunge il seguente paragrafo: "I bandi stabiliscono che nella formazione delle graduatorie non si tenga conto del punteggio del titolo di studio".
Oibò! e dell'eccellenza che ne facciamo? Via, raus, non si valuta il migliore, ma quello che parla meglio friulano piuttosto che torinese o milanese?
Insomma, laureatevi pure malamente, tanto nella vostra regione avrete la precedenza, anche se siete dei totali ignoranti!
Dopo di che oggi sento un'altra iniziativa sempre partorita dalle menti frenetiche dei nostri fantasiosi amici celoduristi (evidentemente la mancanza di intelligenza non sopprime la fantasia, semplicemente fa si che i parti fantastici non siano sottoposti a revisione critica) prevede la formazioni di classi per immigrati che non parlino la lingua italiana e/o che non superino specifi test di ingresso.
A parte che spero che nei test di ingresso non si valuti la conoscenza, per esempio, del friulano, dato che in questo caso non li supererei nemmeno io, l'idea ha dei pro e dei contro.
Con il prof parlavamo spesso dei problemi dei ragazzini immigrati, che venivano sbattuti nelle classi senza un minimo di accoglienza ben fatta, senza che venisse fatta una preparazione nei confronti dei ragazzi autoctoni, ma soprattutto, senza che gli insegnanti fossero preparati a trattare con loro.
Il prof, che era un esperto di didattica, ma soprattutto parlava correntemente due lingue oltre all'italiano e al napoletano, era in grado di interloquire in altre tre o quattro oltre al friulano, di capire quello che gli veniva detto nella maggior parte delle lingue slave, e aveva una enorme predisposzione per assorbire qualsiasi lingua e dialetto, si faceva carico, praticamente a livello volontario, di introdurre i numerosissimi ragazzini provenienti dalle più svariate etnie nelle classi in cui erano assegnati, di dargli delle basi di italiano, di tradurre nella loro lingua i problemi di matematica affinché potessero svolgere i compiti in classe, e di fare da mediatore nelle liti, di solito dovute a incomprensione e a pregiudizi instillati dai genitori dei ragazzi italiani.
Tutto questo non gli pesava più di tanto, anche se riteneva che i corsi per i ragazzini immigrati si sarebbero dovuti svolgere durante l'estate, e tenuti da specialisti con l'aiuto di mediatori culturali e di una didattica nuova, in grado di integrarsi coi metodi di studio a cui questi ragazzini erano abituati nei loro paesi di origine.
Quello che però lo mandava in bestia era l'atteggiamento di totale chiusura, incompresione, la rigidezza mentale dei suoi colleghi.
Quante volte arrivava a casa dopo aver ingaggiato combattimenti all'ultimo sangue per salvare ragazzini stranieri dagli strali degli insegnanti, soprattutto di lettere, che lamentavano l'incapacità di questi ragazzini di svolgere un tema, quando gli stessi insegnanti non erano nemmeno in grado di comunicare, con questi ragazzini, per dirgli che cosa volevano esattamente da loro.
Insomma, qualcosa della proposta della lega si può salvare (d'altra parte si dice che data una macchina da scrivere a una scimmia, e un tempo infinito a disposizione, sarà in grado di scrivere la Bibbia), ma come spunto per una didattica nuova, che sia veramente in grado di favorire l'integrazione e l'accoglienza degli stranieri.
Che pensare di escluderli, rinchiuderli, ghettizzarli, è del tutto improponibile, senza contare che è materialmente e storicamente impossibile, alla faccia dei nostri piccoli federalisti.

A grande richiesta, pubblico la ricetta della crema di zucca e funghi

Crema di zucca e funghi (x 2 persone)
500 g di zucca gialla, 1 patata media, 1/2 cipolla di tropea, 1 fettina di pancetta tesa, 1 spicchio di aglio, 1 rametto di rosmarino, 1 manciata di funghi misti surgelati, quanche fettina di pane, pecorino grattuggiato, olio extravergine di oliva, 2 uova, brodo vegetale, pepe nero.

Tritare finemente la cipolla, la pancetta, l'aglio e il rosmarino.
Tagliare a dadini la zucca e la patata.
Scaldare l'olio e rosolare il trito di pancetta, quindi aggiungere la zucca e la patata, e rosolare anche quelle.
Aggiungere i funghi, coprire con il brodo bollente e cuocere per 20 minuti, mescolando di tanto in tanto, schiacchiando la zucca e la patata durante la cottura.
Prolungare la cottura secondo la densità desiderata della crema.
Nel frattempo tostare il pane, e disporlo sul fondo dei piatti, ricoprendolo col pecorino.
Portare ad ebollizione un litro d'acqua, salare leggermente, e rompere delicatamente le uova nell'acqua.
Disporre la crema sui crostini, raccogliere le uova con una schiumarola e disporre sulla crema, spolverizzare con una macinata di pepe e servire caldissimo.

domenica 5 ottobre 2008

Pordenone silent film festival

In tutti questi anni passati in Friuli, non ero mai andata al Festival del Cinema muto di Pordenone. Ogni anno ci dicevamo che saremmo assolutamente andati, e ogni anno succedeva immancabilmente qualche cosa che ci faceva dimenticare o saltare l'evento.
Quest'anno, grazie all'amica anobiiana Elisa, sono finalmente andata, e ho passato un pomeriggio di puro divertimento.
Il Festival è organizzato in maniera assolutamente professionale, e le pellicole proiettate sono di valore assoluto, sia che si tratti di gioielli comici, come la parodia dei Tre Moschettieri siglata Max Linder, sia che si tratti dei film d'epoca del terremoto di Messina.
La pellicola di Max Linder sarebbe senz'altro piaciuta moltissimo al prof, ricca com'è di particolari che persino io, che non sono una cinefila, ho riconosciuto citati nelle migliori pellicole comiche contemporanee, a partire dal mitico Frankestein Junior.
I filmati sul terremoto di Messina mi hanno raggelato. Vedere così, dal vero, quei noi di un secolo fa, e trovarli così diversi da non parere appartenenti alla stessa specie: quelle donne velate come integraliste arabe, sempre con pesi e fagotti sulla testa, quegli uomini che anche nel disastro più grande non fanno assolutamente nulla, salvo aggirarsi tra le macerie con le mani in tasca.
Il senso di una miseria antica, irrimediabile e fatalisticamente accettata, e nello stesso tempo la scaltrezza nel mostrarsi, rappresentata da un ragazzo dallo sguardo cattivo e pieno di malizia che ricompare spesso, sempre in posa, nel corso della pellicola.
Nella breve serie dedicata a Messina è stato proiettato anche un buffo filmato, una specie di pubblicità progresso ante litteram, nato con l'evidente scopo di favorire l'adozione dei numerosi orfani lasciati dalla catastrofe.
Il pomeriggio sarebbe facilmente diventato sera, ma Pordenone non è dietro l'angolo, così, dopo un delizioso corto con Buster Keaton e tre brevi film di animazione, che abbiamo gustato con il sottofondo musicale degli eccezionali ragazzini di una scuola media di Pordenone, siamo rientrate.
Ma perché il titolo del post è in inglese? Beh, perché se il festival ha una lingua è proprio l'inglese. Dal momento in cui siamo entrate nel centro di Pordenone, fino a quando non siamo tornate a prendere la macchina, ci è sembrato di essere espatriate: nessuno, intorno a noi, parlava italiano. Tantissimi inglesi, qualche tedesco, qualche francese. Chissà che fine avevano fatto gli italiani, forse che un Festival del muto non è una cosa sufficientemente seria per gli abitanti di questo paese che ha scoperto improvvisamente il "decoro"?

mercoledì 1 ottobre 2008

Un grazie, in ripresa

In questi giorni ho avuto tanti e tanti amici che mi sono stati vicini, da Monica, a cui dovrei fare un monumento perché ha mollato lavoro e due figlie a casa ed è stata con me per tutta la prima, difficilissima settimana dopo la scomparsa del prof, a Flavia e Chicca, che mi hanno telefonato, portato a cena, fatto ridere e divertire, pur essendo anche loro addoloratissime perché ai loro terribili lutti si è aggiunto anche questo nuovo, a Mariarosaria coi suoi Graziè fino al vet che mi ha chiamato stamattina per ricordarmi che, a rigor di termini, con tutti i pelosi che ho in casa non posso considerarmi sola, agli amici anobiiani, e a tutti quelli che mi hanno lasciato messaggi su questo blog e via mail.
Insomma che è dura, dolorosa e difficile, ma in qualche modo mi sto riprendendo.
Come avevo già scritto, nonostante il dolore non riesco ad essere triste, perché ogni volta che penso a lui ripenso all'allegria: poco fa rileggevo un post di un paio di settimane fa, quello intitolato Passin passino, e mi sono ritrovata a ridere ripensando a noi due intellettuali di sinistra in pantaloncini e scarp del tennis, sull'autobus della linea 4 di Udine, in mezzo ai borghesucci della domenica mattina vestiti per la messa, e soprattutto ai discorsi che facevamo in queste circostanze.
Adesso inizio anche a pensare ai problemi pratici, tipo il fatto che dovrò in qualche modo inventarmi un secondo lavoro, visto che il mutuo resta da pagare, e che con quello che guadagno ora non ce la farò mai, ma penso che "whith a little help form my friends" ce la farò, a trovarmi questo secondo lavoro di cui ho bisogno.

Intanto ieri ho cucinato, avevo un'ospite a pranzo, e l'ho fatto con la cura che ho imparato da lui.
Ho preparato un piatto autunnale, adatto a questo tempo un po' schifido: lonza di maiale alle mele, accompagnato da melanzana cremosa.

Lonza di maiale alle mele (x 2 persone)
350 di lonza di maiale a fettine, 1 piccolo porro, 1 costola di sedano, 1 mela rossa, 20 g di burro, 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva, un paio di foglie di salvia.

Affettare finemente il porro e tritare il sedano, e farli appassire in un tegame antiaderente con la metà del burro e dell'olio.
Tagliare a spicchi la mela, togliere il torsolo e affettarla finemente senza sbucciarla.
Scolare le verdure e tenerle da parte, e far dorare in padella la mela.
Togliere la mela dalla padella, aggiungere i restanti burro e olio, e dorare le fettine di lonza a fuoco vivace, un paio di minuti per parte.
Nel frattempo frullare metà della mela in modo da ottenere una crema omogenea, aiutandosi eventualmente con poca acqua calda.
Quando la lonza è dorata, rimettere in padella le fettine di mela, la purea, e il soffritto, incoperchiare e lasciar insaporire per qualche minuto.
Servire caldissimo.

Melanzana cremosa (x 2 persone)
1 melanzana lunga, 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva, sale, erba cipollina, 1 spicchio d'aglio.

Preriscaldare il forno a 200 °C.
Tagliare in due per il lungo la melanzana, incidere la polpa con un coltello disegnando una griglia.
Affettare finemente lo spicchio d'aglio, e disporre le fettine nei tagli della melanzana.
Versare in un bicchiere un paio di cucchiai di acqua fredda, aggiungere un pizzico di sale, l'olio e l'erba cipollina. Emulsionare con una forchetta.
Spennellare la superficie della melanzana con l'emusione, quindi disporre la melanzana su una placca ricoperta di carta da forno.
Cuocere in forno caldissimo per 30 minuti.

I libri di settembre

Il tempo, grande scultore - Marguerite Yourcenar - 29.09.2008
Il gigante annegato - J.G. Ballard - 26/09/2008
La kriptonite nella borsa - Ivan Cotroneo - 20.09.2008
La ragazza di Vajont - Tullio Avoledo - 18.09.2008
London - Edward Rutherfurd - 17.09.2008
Gli Illuminati di Baviera - Augustin Barruel - 08.09.2008
Dracula Cha Cha Cha - Kim Newman 08.09.2008
Discesa all'Ade - Gunther Anders - 04.09.2008

sabato 27 settembre 2008

By this river

You talk to me
as if from a distance
And I reply
With impressions chosen from another time, time, time,
From another time.


Tu mi parli
come se lo facessi da una grande distanza
ed io rispondo
con sensazioni, prese da un altro, un altro tempo
da un altro tempo

(By this river - Brian Eno)

Sono io quella che parla, da una grande distanza, e i ricordi mi assalgono a ondate, provenienti da un altro spazio e da un altro tempo, e hanno la sua voce.
Oggi mi hanno consegnato l'urna con le ceneri, una dignitosa cassettina di legno chiaro, e pare impossibile che un uomo di oltre cento chili sia ridotto a così poco.
Certo, se faccio appello alla mia formazione scientifica, potrei determinare con la massima esattezza il peso delle ceneri nell'urna, ma questo va al di là della scienza.
Sono piena di dolore. Oggi è, a tutti gli effetti, la prima giornata che passo interamente da sola. Ho tentato di stordirmi pulendo casa, e adesso profuma di "Mulled cider", aroma che lui adorava e che aggiungeva in dosi generose al detersivo per i pavimenti.
Ho messo a lavare tutte le sue cose che erano in giro. Passare vicino all'attaccapanni e sentire il suo odore, ancora così fresco e seducente, così erotico per me, era una sensazione che mi portava ogni volta ai confini della pazzia.
Ci sono così tante cose in questa casa che portano la sua impronta, tutte, se devo dire la verità.
Sono addolorata, come dicevo, ma, e sembra un paradosso, non sono triste nonostante pianga spesso.
In questi dieci anni ho fatto il pieno di una felicità così assoluta, intensa, incredibile da essere ai limiti dello scandalo e del miracolo, e mi basta lasciar fluttuare la mente per rivivere un momento qualsiasi della nostra vita insieme, ed è sempre un momento di felicità.
Più che altro mi mancano i discorsi, i commenti che insieme facevamo su qualsiasi cosa, dalle notizie alla radio ai libri letti.
Mi manca la sua incredibile intelligenza, l'ironia, le battute, tanto quanto mi manca il suo abbraccio di notte, a cullarmi nei momenti di insonnia.
Ho trovato una sua poesia, infilata tra i biglietti accumulati sulla mia scrivania.
L'aveva scritta tanto tempo fa, all'inizio della nostra relazione, ma se ne era ricordato in uno dei nostri giretti in Croazia di agosto, e voleva cercarla, per dedicarmela di nuovo.
Si intitola "Onda che avanza"

Sto
con le braccia
tese immerse nel tuo
azzurro incredibile
e tu sabbia
che amorevole mi sostieni
e tu aria
che odorosa
mi respiri
e tu sole
che caldo mi illumini
e tu onda che avanza
là sul mare
a me vieni lenta
come orgasmo

lunedì 22 settembre 2008

Cose da dire

E' difficilissimo scrivere in questo momento, perché il dolore mi stringe in una morsa, e per me, che tutto sommato sono una persona pudica, parlare pubblicamente di cose personali è veramente difficile.
Ma Alfredo non c'è più, e Alfredo non era una persona che faceva mistero dei suoi sentimenti, mai, e in questo stava la sua grandezza.
In questi anni mi ha insegnato molto del suo modo di essere, a me che sono una lombarda cattolica per sbaglio, ma cresciuta in una modalità culturale forse più vicina al calvinismo, con il suo riserbo e le sue prenni zone buie sui sentimenti.
Lui i sentimenti li gridava con tutto se stesso.
Se era felice il suo viso era roseo e luminoso, gli occhi nocciola diventavano trasparenti come topazi e i baffi biondi prendevano il colore dell'oro.
Se era triste, arrabbiato, infelice, impaurito, diventava pallido, gli occhi diventavano scuri, duri e impenetrabili, e i baffi sembravano quasi bianchi, spenti.
Se era felice le sue mani erano calde e morbide, se era triste erano fredde, secche.
Ci eravamo conosciuti per caso, una decina di anni fa, tutti e due con un carico di stanchezza e dolore sulle spalle, e avevamo subito capito di poter essere, l'uno per l'altro, di conforto.
La confortevole amicizia è durata poco, perché in pochissimo tempo si è trasformata in amore, in un amore così grande da vivere ogni giorno la meraviglia dell'innamoramento.
Ci innamoravamo ogni mattina, e sempre di più man mano che gli anni passavano.
Il venire a conoscenza degli inevitabili difetti, delle piccinerie che ognuno di noi ha dentro, ci dava allegria invece che fastidio.
Lui prendeva in giro bonariamente il mio totale isolarmi dalla vita e dal mondo quando leggevo un libro, per cui era perfettamente inutile parlarmi, e io sfottevo la sua estrema passione per le offerte speciali al supermercato, che lo ottenebrava così tanto da non fargli riconoscere le fregature travestite: la sua unica concessione al consumismo.
Ho ammirato fin dal primo giorno la sua estrema intelligenza, la capacità di prendere, rivoltare, approfondire e infine fare propria qualsiasi conoscenza, senza per questo apparire pedante, anzi, con leggerenza, quasi in punta di piedi.
Un giorno non sapeva, il giorno dopo ne sapeva più di chiunque altro.
Era attento al mondo, ma non ragionava mai per massimi sistemi.
Ogni persona che lo avvicinava godeva della sua attenzione, intera, senza distrazioni, senza che i suoi problemi personali andassero a influire su questa attenzione nei confronti degli altri, che capiva senza sforzi, immedesimandosi nei loro bisogni e nei loro problemi.
Eppure aveva estremo bisogno di ammirazione e di attenzione, lui, il solare e vanitoso leone che mi mostrava ridendo come un bambino i suoi articoli pubblicati, il numero di pagine di Google in cui compariva il suo nome, i numerosissimi tributi ai suoi lavori di insigne linguista, apprezzati in tutto il mondo.
E io sono orgogliosa di lui, sono orgogliosa di avergli creato intorno il clima di cui aveva bisogno per crescere e prosperare, come una pianta ha bisogno della luce del sole. Non mi era difficile guardarlo con adorazione, fargli complimenti: era esattamente quello che sentivo e provavo. Una sconfinata ammirazione e un amore sempre più grande.
Era ammalato, da un anno la sua cardiopatia si era aggravata considerevolmente.
Ma la affrontava come affrontava tutto, sfottendola, mettendo a frutto tutte le sue altre risorse, che erano quelle di un uomo anche fisicamente fuori dal comune.
I medici del 118 che hanno tentato inutilmente di rianimarlo si sono meravigliati sentendo che usciva, camminava, andava in bicicletta, faceva in tutto e per tutto una vita normale: guardando le carte lui non avrebbe dovuto essere in grado nemmeno di allacciarsi le scarpe da solo. D'altra parte non si sarebbe saputo accettare diverso: già la scoperta della perdita dell'invulnerabilità era stata un duro colpo per lui, aveva insinuato una vena di tristezza e paura nel suo carattere solare, l'aveva reso ancora più dolce, tenero, attento.
Ieri mattina c'è stata una piccola cerimonia laica per salutarlo.
E' stato difficile organizzarla: nessuno sapeva da che parte incominciare, a memoria d'uomo non si era mai fatto, e quanche vecchietto del paese, vedendo la bara senza la croce sopra se l'è presa col povero impresario delle pompe funebri.
Si sarebbe indignato per questo. Lui non era religioso, e si definiva ateo e materialista, senza rendersi conto di quanto spirituale fosse il suo modo di essere.
Ma questo non c'entra niente con la religione, in effetti, c'entra solo con la sua anima grande.
In ogni caso alla cerimonia c'era tantissima gente oltre ai familiari: colleghi, amici di tutti i generi e provenienti dagli infiniti rami dei suoi infiniti interessi, e alunni ed ex alunni a frotte: i più dispiaciuti e commossi di tutti.
I più piccoli mi hanno chiesto sue foto, i più grandi hanno chiesto che i due colleghi di musica organizzassero uno spettacolo musicale in sua memoria.
Lui amava la musica e il teatro, cantava benissimo e recitava meglio, e durante gli spettacoli era sempre sul palco coi ragazzi, interpretando le parti più difficili, quelle per cui le voci ancora incerte dei bambini non avevano ancora sufficiente forza.
Dopo la cerimonia, quando la piccola cappella del cimitero è stata chiusa, io e alcuni amici siamo andati a mangiare al Liolà, che lui amava molto, e lui è venuto con noi. Tutti noi sentivamo intensa la sua presenza, e lo abbiamo sentito materializzarsi nella battuta al fulmicotone che Flavia ha fatto a Claudio, battuta che sembrava uscita direttamente dalla sua bocca, e che ha scatenato un coro di risate, e la sua non mancava.
Non riesco a pensare alla mia vita senza di lui.

sabato 20 settembre 2008

La kriptonite nella borsa

Ho iniziato a leggere questo libro due giorni fa, la mattina del 18 settembre.
Io e il prof stavamo facendo colazione, e come sempre stavamo leggendo. Dopo due pagine gli ho detto: "Devi leggerlo, sono sicura che ti piacerà".
Parla di Napoli questo libretto, di una famiglia un po' normale e un po' squinternata, dei vizi e vezzi di una città diversa da tutte, che io conosco pochissimo, ma della quale, al posto d'onore nella nostra sala, è appesa una panoramica notturna.
E poi le battute, i frizzi, i lazzi, le inquitetudini e i segreti timori, e i personaggi, uguali a quelli che lui mi ha sempre raccontato fare parte della sua gioventù napoletana.
Ma lui, il mio amore, il mio mitico prof, il prof per definizione, non leggerà mai questo libro.
La sera del 18 settembre, mentre stavamo cenando, come sempre col nostro libro davanti, e lui stava leggendo Diario di scuola di Pennac e stava ridendo riconoscendo molti suoi colleghi nelle impietose descrizioni dello scrittore francese, si è improvvisamente accasciato, e nonostante un'ora di sforzi da parte dei medici del 118, non c'è stato nulla da fare.
Ho finito il libro questa mattina. Non riesco a dormire perché il dolore mi morde coi suoi denti di lupo.
L'ho finito e ho pianto, e ancora piango, perché Alfredo avrebbe adorato questo piccolo libro, e su ogni aneddoto avrebbe ricamato altri aneddoti presi dall'inifnito archivio della sua giovinezza, prendendomi in giro perché io sono lombarda e non ho avuto la fortuna di nascere a Napoli, però tutto sommato non sono una lombarda così male: detesto Bossi e Berlusconi, so fare la pastiera, capisco ormai meglio il napoletano del friulano, che ancora mi paralizza nonostante viva qui da quasi dieci anni.
Ciao amore mio, Rosaria si è impegnata a non farmi scordare il napoletano, ma tu puoi prendere esempio da Gennaro Superman, che poi Superman era anche il tuo eroe preferito, e vieni a farmi una carezza ogni tanto. Me le vedo davanti, le tue mani grandi, calde e gentili, me le sento ancora sul viso.

domenica 14 settembre 2008

Vox populi

Non so dire se sono più tediata o più scioccata dalla vicenda Alitalia.
A rigor di termini potrei anche sentirmi un pochettino tronfia, dato che avevo già previsto mesi fa come sarebbero andate le cose, dopo che il nano malefico aveva buttato sul piatto la sua carta per vincere le elezioni, e mandato contemporaneamente un messaggio mafioso ai sindacati.
Insomma che la famosa cordata di imprenditori si è fatta, si chiama CAI, nel miglior stile alpinistico, ma da lì al salvare l'Alitalia ce ne corre, e infatti l'Alitalia è sull'orlo del baratro.
La cordata è così entusiasta del suo compito che al primo intoppo ha lasciato il tavolo delle trattive, e non ha ritirato l'offerta solo perché, probabilmente, la fuga è stata così veloce che si sono dimenticati il faldone.
Il nano aveva proposto ai sindacati di sabotare il piano di acquisizione Air France facendo non troppo velatamente capire che lui avrebbe salvato la compagnia così com'è.
E invece?
Invece c'è la good company e la bad company, ci sono i registri in tribunale per insolvenza, ci sono esuberi pari a circa il doppio rispetto al piano della compagnia francese, ci sono sul piatto riduzioni di stipendio per il personale che resterebbe in servizio di circa il 25%.
Pare una riedizione di paria dei cieli.
E il solito nano che cosa fa? Va in giro a dire che il paese è solido (ho il dubbio che si riferisca ad Arcore però), e che il federalismo fiscale e la riforma della magistratura sono quello che la gente vuole, e con queste riforme (riforme?), il paese si riprenderà dalla crisi.
Vedo difficile conciliare queste affermazioni col progetto di lasciare sul marciapiede circa 6.000 persone, che si vanno ad aggiungere a tutti coloro che hanno perso il lavoro negli ultimi anni, e di dare ai rimanenti uno stipendio che li costringerà a chiedere l'elemosina nel tempo libero.
Come sempre il nano strilla contro l'opposizione.
Opposizione che, quando era al governo, stava riuscendo a vendere, e in modo nemmeno troppo disonorevole, la bagnarola ... ehm, la compagnia.
E allora, come la mettiamo? Il Berlusca è sempre attento ai sondaggi.
Bene, un sondaggio su Repubblica dice che il 57% dei lettori attribuisce le colpe della tragedia all'attuale governo, e un altro 11% ai sindcati, che infatti sono corresponsabili per aver creduto al messaggio mafioso del pessimo soggetto.
Vox populi, nanetto.
In più, per aggiungere la mia voce al coro, trovo ignobile il federalismo fiscale, e peggio che ignobile, illecita, la riforma della magistratura che il tuo governo ha in mente.
O non posso considerarmi popolo?

Cambiamo argomento.
Da ieri fa freddo.
Non freschino, freddo freddo, con bora. E questo mette fame. Però stasera siamo fuori a cena, così abbiamo pensato di fare uno spuntino come pranzo.

Pane condito alle acciughe (x 2 persone)
4 sottili spianate arabe, 300 g di acciughe fresche sfilettate, 4 o 5 filetti di acciuga sott'olio, 6 olive verdi grandi, qualche pomodorino, un cucchiaio di capperi di Pantelleria, 50 g di pecorino fresco, 2 cucchiai di pecorino romani grattuggiato, 1 peperoncino fresco, prezzemolo, olio extravergine di oliva.

Tritare insieme i filetti di acciuga sia freschi sia sott'olio, il peperoncino, i capperi, il prezzemolo e le olive snocciolate.
Tagliare a pezzetti i pomodorini e a fettine sottili il pecorino.
Stendere un foglio di carta da forno in una teglia bassa e larga, disporre sul foglio due spianate, coprire ciascuna spianata con una metà degli ingredienti, irrorare con un filo d'olio, coprire con le altre spianate, cospargere con il pecorino grattuggiato e gratinare in forno caldissimo per 5 minuti, o finché il formaggio è dorato.

giovedì 11 settembre 2008

Pari opportunità

Si vede che è il periodo della discesa in campo delle ministre di questo governo Berlusconi, vale a dire di quelle illustri sconosciute, o conosciute non illustri, che hanno ottenuto la poltrona non si sa per quali meriti.
Dopo il tifone Gelmini, che sta avendo l'indubbio merito di far regredire la scuola italiana a una velocità persin superiore a quella alla quale sta regredendo l'intera società, ora tocca a Mara Carfagna.
Questa gentil signorina, più nota per i suoi calendari in desabillè che per per le sue qualità politiche, ammesso però che certe abilità non siano da considerarsi politiche, dal momento dell'insediamento ha dato notizia di sè esclusivamente per una tirata contro i gay.
Ma evidentemente la ragione del silenzio non era l'improduttività, ma un pensiero profondo. Già si sa, il capo non dorme, pensa.
Comunque, da tutto questo pensiero, è scaturito un ddl che rende reato la prostituzione in luogo pubblico, che diventa reato punibile sia per la prostituta che per il cliente.
La famigerata legge Merlini, che ha chiuso i bordelli in Italia, partiva da un pensiero abbastanza realistico: non sono le prostitute a commettere un reato, e nemmeno chi va con le prostitute, bensì chi le prostitute le sfrutta.
Quindi non esisteva il reato di prostituzione, ma quello di sfruttamento della prostituzione.
Perché è brutto prostituirsi, ma se una donna lo fà liberamente, per sè, per quanto una società che costringe una donna alla prostituzione senza darle altre opportunità sia ignobile, fa una sua scelta, ma se è qualcun altro che la costringe a prostituirsi, la priva persino dell'infima libertà di utilizzare il proprio corpo per sostentarsi.
Tutto cambiato: adesso chi si prostotuisce commette reato, e non fa nulla se è una minorenne albanese messa sulla strada a furia di stupri e botte.
Non la si aiuta, non si cerca di aiutarla a trovare una sua dignità.
La si arresta, la si espelle, e la si prepara a rivivere il ciclo da cima a fondo.
O pensa la ministra Carfagna che una volta espulsa quella povera ragazzina verrà lasciata in pace, e che le sue misure metteranno un freno a un commercio così redditizio?
Se così fosse, con le leggi severissime che sono state varate contro la droga, non avremmo più commercio di droga in questo paese.
E invece, come sempre in questo paese, si punisce il pesce piccolo e non si fa nulla contro quello grosso.
Si punisce lo spinellatore, ma non si fa nulla contro il grosso spacciatore.
Si punisce la prostituta, ma non chi a botte l'ha messa sulla strada.
Così la coscenzucola della minsitra è soddisfatta, gli affari dei caporioni non sono minimamente intaccati, la pubblica opinione imbottita di televisione dice che era finalmente ora, e tutti sono felici e contenti.
La nostra ministra non a caso si occupa di pari opportunità, no?
E poi suvvia, la legge punisce la prostituzione in luogo pubblico, certi commerci che danno posti in televisione, e, a quanto si dice, pure ministeri, mica avvengono in luogo pubblico.

domenica 7 settembre 2008

Passin passino

Stamattina abbiamo deciso di andare a fare una passeggiata a peidi, per la verità stimolati anche da una simpatica trasmissione di radio due intitolata "Carpa diem" e condotta da Lucia Cosmetico, non a caso formatasi alla scuola di Caterpillar.
Comunque, stimolazioni o non stimolazioni, visto anche il bel tempo, ci siamo infilati pantaloncini e scarpe da tennis, e siamo usciti.
Noi passeggiamo, non facciamo jogging, questo sia ben chiaro: non abbiamo alcuna ansia da prestazione, solo la voglia di fare un po' di salutare movimento, e di guardarci attorno.
Abbiamo stabilito a grandi linee il percorso: a piedi fino alla più vicina fermata dell'autobus, circa 5 km facendo i sentieri piuttosto che la strada asfaltata, poi autobus fino alla stazione, e il seguito da decidersi basandosi sulla fame e il mal di piedi.
Siamo partiti di buon passo, consci che il primo chilometro è il più difficile, quello che potrebbe farti facilmente dire: torniamo indietro e prendiamo la macchina.
In realtà faceva piuttosto caldo, con una discreta umidità dell'aria, e così siamo stati felici che i sentieri che avevamo preso conducessero per prima cosa dietro il centro commerciale, e che lo stesso fosse aperto.
Siamo entrati, ci siamo rinfrescati nel bagno, abbiamo acquistato una confezione di fazzoletti di carta, che abbiamo la casa piena, ma ovviamente dimentichiamo sempre di prenderne su un pacchetto, e sostenuto una divertente discussione con la cassiera della cassa rapida, la quale sosteneva che avendo lei appena aperto non poteva dare resti, e quindi avremmo dovuto pagare con la carta di credito. 85 cents? ma per favore. In ogni caso avevamo le monete contate, e quindi il teatrino è stato del tutto inutile.
Quindi, ristorati, abbiamo affrontato l'ultimo tratto di strada fino alla fermata del'autobus.
Ovviamente ne era appena passato uno, ed essendo domenica e quindi la frequenza diradata, il prossimo è tra mezz'ora.
Acquistiamo i biglietti all'edicola, e iniziamo a discutere se sia meglio aspettare lì, oppure andare alla fermata successiva, oppure andare in un altro posto dove passa un'altra linea. Ovviamente non sappiamo esattamente dove si trova la fermata dell'altra linea nè gli orari.
In ogni caso passiamo piacevolmente la mezz'ora di attesa, facendo quello che tutti noi intellettuali di sinistra sappiamo fare in via genetica: discutere sul nulla con perizia e competenza.
Arriva l'autobus ed è completamente vuoto, se si escludono l'autista e il controllore, e ovviamente il prof attacca bottone col controllore.
L'argomento non è peregrino: come mai la linea non si prolunga almeno fino al centro commerciale. Il controllore, che evidentemente si annoia, ci spiega cortesemente che è una questione di soldi, nessuno vuole pagare questo prolungamento. Io mi chiedo a che cosa servono i soldi del biglietto che noi paghiamo, dato che, a quanto pare, nel conteggio non vengono nemmeno ipotizzati.
Mi pare un po' il serpente che si morde la coda: non si danno i servizi perché non convengono, non convengono perché i cittadini non li usano, e i cittadini non li usano perché sono insufficienti.
In ogni caso nel frattempo scopriamo che la domenica il bilietto dura quattro ore invece che una, e che quindi, assai probabilmente, avremo due biglietti che ci avanzeranno per la prossima volta.
Arriviamo in stazione, scendiamo e decidiamo di andare a mangiare una pizza in una pizzeria di Via Cividale. Non abbiamo voglia di andare a piedi, quindi aspettiamo l'autobus che arriva da quelle parti.
Io, ovviamente, approfitto per fare un giro in edicola e comprarmi un libro.
Intanto, fuori dalla stazione, arrivano due ragazze di colore, non saprei dire esattamente a che etnia appartengano, ma sono decisamente europeizzate. Subito dopo arrivano due ragazzi, e uno di loro inizia immediatamente a litigare con una delle ragazze. Parlano in arabo, ma la mimica è eloquente. La ragazza non ne vuole più sapere del ragazzo, gli dice che lei è padrona della sua vita e che lui è un peso inutile. Il ragazzo porta avanti le sue ragioni, che appaiono ben misere di fronte alle rivendicazioni della ragazza, che infatti ha la meglio e lo scaccia. Lui cerca di tornare indietro, ma l'amico lo trascina via per evitare ulteriori piazzate, mentre lui, infuriato, urla "sharmuta". E' proprio questa parola, che significa puttana in arabo, che mi conferma che ho capito bene tutta la scena.
Intanto arriva l'autobus. Saliamo e facciamo in tempo a sentire una anziana signora, locale dalla testa ai piedi, che dice a un'amica, con tono indignato: "Al giorno d'oggi se ne vedono di tutti i colori, sembrava fosse un uomo e invece era una donna". Si riferisce all'utista dell'autobus. In stazione viene effettuato il cambio di turno, così lei ha visto in faccio quello che scendeva, e, orrore supremo, era una donna, coi capelli corti, magrina e con la divisa le era sembrata un ragazzo.
Ci guardiamo in faccia e consideriamo che anche qui, in questa piccola città sonnolenta e provinciale, che pure è convinta di essere il centro del mondo, ormai la società è multietnica, colorata quanto più non si può, e stratificata.
Stratificata senza possibilità di rimedio: la signora che si stupisce dell'autista donna non ha gli strumenti culturali per assistere a un litigio tra immigrati, in più nella loro lingua, per cui nemmeno li vedrà.
I quattro ragazzi fuori dalla stazione per la signora in viola seduta sull'autobus proprio non esistono.
In mezzo agli strati ci siamo noi, gli intellettuali di sinistra di cui sopra.
Noi che guardiamo tutto, siamo curiosi di tutto, ma siamo impotenti e inosservati, inascoltati da qualsiasi strato. Siamo un non strato che non riesce a diventare una inclusione, portiamo in giro solo i nostri dubbi, le nostre analisi che non interessano a nessuno, e la nostra curiosità atavica. Che poi su, non è mica serio essere così curiosi e palesemente infantili alla nostra età, pare dirci il signore con completo anni '70 che ci guarda con disapprovazione perché, in pantaloncini a scarpe da tennis discutiamo in autobus dei massimi sistemi.
E siccome l'età ci sta facendo diventare sordi dubito che il volume non sia nemmeno un sussurrato.
Arriviamo in pizzeria, gustiamo la pizza, e, subito dopo, un gelato in una delle migliori gelaterie della città.
Dopo di che intraprendiamo il viaggio di ritorno, per oggi siamo stanchi.

martedì 2 settembre 2008

Lunga vita ai morti

Dato che a quanto pare questo è periodo di barzellette, e che la barzelletta per definizione è il concetto di vita espresso dal Vaticano, dopo la raccomandazione espressa l'altro giorno dall'ermellinato, vale a dire il rispetto della sacralità della vita ai migranti che sfuggono a morte certa, raccomandazione secondo la quale i suddetti migranti dovrebbero restare a casa loro a farsi ammazzare di sicuro piuttosto che rischiare la vita per sfuggire a una situazione insostenibile, oggi l'Osservatore Romano aggiunge una postilla alla barzelletta.
In altre parole il giornale della piccola monarchia assoluta che, come un cancro, è inclusa nel nostro territorio nazionale governando e legiferando al posto di chi dovrebbe farlo, ha espresso l'opinione che la morte cerebrale non segni più il momento del decesso, ma che, in base a non meglio precisate nuove ricerche scientifiche, la persona sia ben viva nonostante il suo organo pensante non funzioni più, e pertanto la creatura sia più simile a una carota che a un essere umano.
Confesso che la prima cosa che mi è venuta in mente è che le ricerche scientifiche citate dall'Osservatore Romano siano state fatte utilizzando dei leghisti, nei quali, come è noto, l'organo pensante non è il cervello, rendendo quindi del tutto plausibile quanto citato dal giornale.
Considerato però che i leghisti sono diffusi fondamentalmente in Italia, paese dove la ricerca scientifica langue, si evince che queste ricerche sono state fatte da un'altra parte, ma in ogni caso non è questo l'argomento in discussione.
In discussione è il fatto che una simile presa di posizione manda a gambe per aria la disciplina dei trapianti, favorendo così le carote contro gli esseri umani.
Voglio dire: se tu sei ormai decerebrato, incapace di intendere e di volere, vivo solo dal punto di vista biologico e solo perché delle macchine stimolano l'organismo a compiere determinate funzioni, allora sarai tutelato in quanto vivo secondo il precetto della chiesa cattolica.
Se invece sei un infartuato, o un ammalato di cuore, con una qualità della vita miseranda e una speranza di vita tendente a zero senza un trapianto, beh, ti converrà morire o entrare in coma alla svelta, così almeno il tuo cadaverone verrà mantenuto in vita.
Ovviamente in un paese civile si provvederebbe innanzi tutto a precisare che se nella piccola monarchia assoluta vogliono coltivare morti viventi così come si coltivano carote, beh, possono farlo a casa loro e a spese loro, senza rompere le scatole a chi, tutto sommato, li ospita e li foraggia.
Dopo di che il paese civile tirerebbe dritto per la sua strada badando al benessere sei suoi cittadini viventi.
Scommettiamo invece che in questo paese del cavolo si aprirà ampia discussione sulla barzelletta odierna, perdendo di vista l'essenziale della qualità della vita e della certezza della morte?
Ma già, le carote non dissentono, sarà per questo?

Cambiando argomento, oggi ci siamo preparati una interessante insalata di pasta, coi peproni però, che le carote al momento mi stanno antipatiche.

Farfalle con fagioli, peperoni e tonno (x 2 persone)
160 g di farfalle, 1 scatola di fagioli canellini, 1 peperone rosso, 1 cipollotto, e scatola di tonno, prezzemolo tritato, olio extravergine di oliva, pepe.

Tagliare il peperone a listarelle e cuocerlo in microonde alla massima potenza per 5 minuti.
Tagliare a fettine sottili il cipollotto.
Scolare i fagiolini e il tonno.
Mettere in una insalatiera tutti gli ingredienti.
Nel frattempo cuocere e scolare la pasta, metterla nell'insalatiera, aggiungere l'olio e mescolare molto bene. Lasciar raffreddare prima di servire

lunedì 1 settembre 2008

I libri di agosto

W. - Jennifer Lee Carrel - 31.08.2008
Chesil beach - Ian McEwan - 28.08.2008
Antartide. Perdersi e ritrovarsi alla fine del mondo - Tito Barbini - 27.08.2008
La finestra rotta - Jeffery Deaver - 27.08.2008
Piccoli suicidi tra amici - Arto Paasilinna - 25.08.2008
I pellegrini delle tenebre - Serge Brussolo - 23.05.2008
Stupida puttana. I miei viaggi in Asia da pseudovergine ventenne -Iris Bahr - 22.08.2008
La città labirinto - Robert Silverberg - 21.08.2008
Invasori silenziosi - Robert Silverberg - 20.08.2008
Il sogno del Tecnarca - Robert Silverberg - 19.08.2008
Galapagos - Francisco Coloane - 18.08.2008
Grotesque - Natsuo Kirino - 16.08.2008
Il vagabondo delle stelle - Jack London - 14.08.2008
Il sole dei morenti - Jean-Claude Izzo - 09.09.2008
Un miliardo di donne come Eva - Robert Reed - 06.08.2008
Il sole nero - Philip José Farmer - 05.08.2008
Il caso del cadavere ritrovato sull'argine - Janwillem Van de Wetering - 01.08.2008
La città labirinto - Robert Silverberg - 21.08.2008

domenica 31 agosto 2008

La barzelletta del giorno

Questo post doveva intitolarsi "Le trojane", e parlare della divertente gita fatta ieri con amici a Lubjana, con appendice a Trojane, appunto, per fare scorta dei fantastici krapfen prodotti in quel minuscolo paese sloveno.
Poi stamattina, stavo mangiando per colazione uno dei suddetti, paradisiaci krapfen, quando, al giornale radio, ho sentito la barzelletta del giorno: sua santità il procione ermellinato Benedetto XVI, conosciuto anche come nazingher, ha lanciato un'esortazione ai paesi europei a farsi carico degli immigrati e bla bla bla, nonsense parlando, in quanto lui per primo sa benissimo che queste parole non le ascolterà nessuno, e soprattutto non le ascolteranno i cattolicissimi politici italiani, dispostissimi a compiere qualsiasi bassezza in nome di un cattolicesimo di facciata, ma indisponibili a fare qualcosa di concretamente cristiano come trattare gli immigrati quale prossimo.
E quando mai? Non trattano nemmeno gli italiani quale prossimo, basta sentire gli sproloqui del celodurministro contro i professori del sud, per farsene un'idea.
E quindi niente di nuovo nello sproloquio del procione, niente in grado di farmi mollare il krapfen che stavo sbocconcellando con tanta dedizione.
Il fatto è che poi sua ermellinità se n'è uscita con una esortazione ai succitati migranti i quali " ... vanno pure sensibilizzati sul valore della propria vita, che rappresenta un bene unico, sempre prezioso, da tutelare di fronte ai gravissimi rischi a cui si espongono nella ricerca di un miglioramento delle loro condizioni e sul dovere della legalità che si impone a tutti".
Ma ci è o ci fa?
La vita è un bene prezioso, e credo che nessuno come i migranti ne sia convinto, o sua santità è convinto che partano incautamente per un viaggio che credono di piacere?
Quella è tutta gente che, quando va bene, sfugge a una vita di estrema miseria, materiale e morale (morale, ha sentito la parola, santità? dovrebbe farle suonare qualche campanellino nella zucca procionesca, questa parola), e quando va male sfugge, per l'appunto, alla morte: per fame, per guerra, per persecuzione.
Lo sanno benissimo che qualcuno non arriverà vivo, ma il rischio di morte è assai inferiore a quello che avrebbero restando a casa loro!
I migranti hanno un senso della vita e della sua sacralità, e notevole: infatti sfuggono a morte certa!
E il procione gli dice pure che vanno sensibilizzati. Ma che si spogli dell'ermellino e vada a fare un po' la loro vita, quest'uomo che è convinto di poter predicare sulle vite degli altri senza nulla sapere di esse, e lo vedremo scappare in mutande e a gambe levate ...
Evidentemente anche ai vertici RAI la cazzata deve essere parsa grossetta, perché, dopo quella prima edizione del giornale radio del mattino, la frase non è stata ripetuta in alcuna altra edizione ... non per questo non è stata pronunciata ...

mercoledì 27 agosto 2008

Poesia dorsale

Cos'è la poesia dorsale?
Mettere dei libri uno sopra l'altro in modo che i titoli si concatenino fino a formare dei versi. Questo è fare “poesia dorsale”. Inoltre la poesia dorsale è nata da uno spunto visivo e perciò va scattata una foto, subito, alla prima versione convincente, che poi resta l'unica e sola testimone della propria creazione (dal sito http://www.poesiadorsale.it).

Su Anobii, vale a dire il sito di lettori pazzi di cui faccio parte, nel sottoinsieme ancora più pazzo di lettori che si dedicano a sifde lettararie (ovviamente sono un membro attivissimo), si è deciso di fare una sfida per la creazione di una propria poesia dorsale, ed ecco la mia



Poveri e semplici
cristalli sognanti,
stelle che bruciano
oltre l'orbita di Giove.
Assalto a un tempo
devastato e vile.
Recinti e finestre
il mio paese inventato.

Con i contributi di: Anna Maria Ortese, Theodore Sturgeon, AA.VV, Keith Leumer, Giuseppe Genna, Naomi Klein, Isabel Allende.

lunedì 25 agosto 2008

Questa l'ho già sentita

I fatti sono noti: una coppia di cicloturisti olandesi è stata aggredita a Roma, da due balordi, che ne hanno fatto scempio, derubandoli e violentando la donna.
Terribile, non dovrebbero succedere cose così, oddio dove siamo arrivati ... breve riassunto dei commenti intelligenti, per quanto possano essere intelligenti dei commenti di questo genere per una cosa del genere.
Eppure sono costretta a definirli intelligenti, perché poi ci sono i commenti del sindaco Alemanno.
Che cosa ha detto questo sindaco così ferrato sulla sicureza da aver vinto le elezioni proprio per quello, e che pure porta nel suo cognome il segno di un arrivo al seguito di una banda di stupratori e assassini come i Lanzichenecchi?
Questo ha detto: "Non stavano uscendo da una stazione ferroviaria né andavano sulla ciclabile. Si sono andati ad accampare in un posto abbandonato da Dio e dagli uomini dopo aver chiesto consiglio su dove mettere la tenda a un branco di pastori immigrati. La loro è stata una grave imprudenza".
Ma santo cielo, ma Roma non è quindi una città sicura, nonostante il sindaco Alemanno e nonostante l'esercito?
Ci sono ancora posti dimenticati da dio e dagli uomini nella sicura città di questo lanzichenecco?
Che poi questi vengono dall'Olanda, mica dal paese delle fate, possibile che solo in Italia debbano aver beccato, in città, un posto dimenticato da dio e dagli uomini?
Ovviamente i vari politicanti si schierano pro o contro le dichiarazioni del sindaco, ma qui non c'è da schierarsi pro o contro, ci sarebbe da dare ai turisti olandesi una bella mazza, e vedere se picchiano prima i due balordi oppure il sindaco.
Non so come mai, ma opterei per la seconda soluzione.
Ed è inutile dire che i due erano rumeni. Perché, non ci sono mai state donne, turiste o italiane, violentate brutalmente da balordi nostrani?
Non è che l'atto sia più o meno grave! Disgustoso è e disgustoso resta.
Disgustoso è e disgustoso resta che sia fatto in un luogo dimenticato da dio oppure fuori da una stazione (ma non era fuori da una stazione che è stata violentata e uccisa una donna a Roma tempo fa? Ah già, il lanzichenecco non era ancora sindaco, quindi quella morte non conta, o meglio, conta solo perché cavalcandola ha guadagnato voti).
Dopo di che, basta applicare la buona vecchia logica fascista e maschilista: cara signora, se ti sei trovata un cazzo dove non volevi, beh, che ci possiamo fare? Te la sei cercata ... eri vestita come non dovevi/eri dove non dovevi essere/erano immigrati ... eccetera eccetera cercando scuse.
Gia sentita, già sentita troppe volte. E non me ne frega niente di chi si spacca sulle dichiarazioni di Alemanno, qualche fatto vorrei vedere, tipo mandarlo a casa a calci in culo!

Meglio che parlo di cucina, così mi consolo un po': un velocissimo e gustoso piatto di linguine.

Linguine con zucchine e zenzero (x 2 persone)
160 g di linguine, 2 zucchine, 1 piccolo scalogno, 1 cucchiaino abbondante di zenzero in polvere, olio extravergine di oliva, parmigiano grattuggiato.
Tritare finemente lo scalogno.
Grattuggiare le zucchine con la grattuggia a fori grossi.
Soffriggere in un tegamino con l'olio e lo zenzero, a fuoco bassissimo perché le verdure non brucino.
Nel frattempo cuocere al dente le linguine.
Scolarle e saltarle con la salsa di zucchine.
Servire caldissimo cosparso di parmigiano

N.B. se le zucchine hanno il fiore, toglierlo, pulirlo e tagliarlo a listerelle, aggiugendole alle zucchine al momento di saltare la pasta.

domenica 24 agosto 2008

Due pomodori e un pasticcio

Qualche tempo fa il nostro fantastico celodurministro ha tuonato contro gli insegnanti del sud, rei, a suo giudizio, di tartassare i poveri studenti del nord, così geneticamente superiori a loro che bocciarli in matematica per il semplice fatto che non sanno una cippa di matematica è come bestemmiare sul Sinai.
Ovviamente lo studente inchiappettato in matematica era il figliolo del succitato celodurministro, ma questo è un particolare di secondaria importanza ... non è l'offesa ai sacri lombi ad avere scandalizzato il Bossi, ma il fatto che l'insegnante fosse del sud.
E quindi, che tornino ad insegnare al sud, questi insegnanti così poco preparati da non sapere che al figlio del senatur la promozione si dà, per diritto di cazzo duro, e che cazzo!
Ieri invece la maestrina dalla penna rossa, colei che pensa di risolvere i problemi della scuola italiana con i grembiuli e il sette in condotta, vale a dire la ministra minestra Gelmini, dall'alto della sua predella ha tuonato contro le scuole del Sud, dicendo che sono loro che, con la loro scarsa qualità, abbassano la qualità media delle scuole italiane, e ha proposto che per gli insengnanti del sud vengano tenuti appositi corsi di recupero, in modo che imparino a insegnare come quelli del nord.
Ma come?
Sti insegnanti del sud, dove insegnano? Al nord, rompendo le scatole alla lega, ma facendo sì che la qualità delle scuole del nord sia più alta di quelle del sud, oppure a sud con una bassa qualità?
Opure a sud insegnano gli insegnanti del nord?
Insomma, un pasticcio innominabile, quale solo potrebbe venire fuori da una discussione tra due scimmie ammaestrate.
Oggi la minestra Gellini fa parziale marcia indietro, dicendo che è necessario "colmare il gap esistente tra scuole del Nord e scuole del Sud con più formazione e aiuti sia per i docenti che per gli studenti".
Due domande:
1) con che soldi?
2) con che insegnanti? mandando al sud quelli che stanno sui coglioni al senatur?
Ma soprattutto: sa quello che dice? perché l'analisi semantica delle frasi dette dalla ministra minestra spesso rivela simpatiche sorprese ...
Un pasticcio simile è decisamente immangiabile, meglio il polletto grigliato che ci siamo fatti oggi, preceduto da un piatto di penne al pomodoro, anzi, ai due pomodori.

Penne ai due pomodori (x 2 persone)
160 g di penne lisce, 1 scalogno, 1 cucchiaio di capperi di Pantelleria, 6 pomodorini, 3 pomodori secchi sott'olio, erba cipollina, timo, olio extravergine di oliva, pepe.

Tritare finemente lo scalogno, farlo appassire in padella con l'olio e i capperi.
Aggiungere i pomodorini tagliati a pezzetti e i pomodori secchi tritati grossolanamente.
Cuocere a fuoco bassissimo.
Nel frattempo cuocere la pasta al dente.
Quando la pasta è quasi cotta aggiungere al sugo le erbe e il pepe.
Saltare la pasta nel sugo per un minuto a fuoco vivace, e servire caldissima.

giovedì 21 agosto 2008

No, nel parco no!

Girellando sui giornali, che nel generale accaldamento propinano notizie del tutto inutili e inifluenti, mi sono imbattuta in questa bizzarra fotografia , che ritrae l'accogliente ingresso di un parco pubblico in provincia di Padova.
Il parco si chiama Parco della Libertà, ma è un concetto di libertà che assomiglia tanto a quello della Casa delle Libertà, con le sue ordinanze pipposindachesche.
Purtroppo la fotografia non è molto dettagliata, e per la lettura dei divieti ci dobbiamo affidare alla didascalia, ma i segnali di divieto sono 18, per cui non riesco a immaginare che cosa non sia vietato.
Dunque, è vietato calpestare le aiuole, come dappertutto, ma francamente, per camminare su vialetti di ghiaia e asfalto non ho proprio bisogno di andare in un parco.
Poi è vietato buttare mozziconi di sigaretta. Giustissimo, ma ci sono le ceneriere?
Io non fumo, ma fumavo, e so per esperienza che la cosa più difficile da trovare in un parco pubbloco sono i cestini portarifiuti e le ceneriere.
Che poi i cestini portarifiuti, quando ci sono, sono sistemati in posti assurdi, e non vicino alle panchine, dove sarebbero più utili.
Ah già, ma tanto se non sei un bambino, un vecchio o una donna incinta su una panchina non ti puoi sedere, tutti condannati alla peripateticità. Io sono una donna, e quasi vecchia, per cui può darsi che prima o poi possa sedermi.
E a fare che cosa poi, che mangiare e bere in pubblico è vietato? Che poi non si capisce perché, visto che mangiare un panino su una panchina è uno dei piaceri della vita. Non sarà mica per un malinteso senso del decoro? Il Garzanti, alla voce decoro recita "dignità nell'aspetto, nel comportamento, nei modi", che c'entra tutto questo con un panino su una panchina?
Mi pare di essere piombata nelle atmosfere di Cave of Steel, di Asimov, un romanzo in cui per l'umanità era tabù farsi vedere durante i pasti, che venivano consumati in apposito cubicolo. Siamo arrivati a tanto oppure è un eccesso didivietitudine?
Poi è vietato usare un linguaggio volgare e offensivo. Ma di grazia, perché è vietato nel parco e non in tutto il resto dell'universo? Non riesco a capire perché dovrebbe infastidirmi questo tipo di linguaggio in un parco e non sotto casa mia, e non è giuridicamente configurabile l'aggravante di linguaggio offensivo nel parco!
Ma il divieto più divertente è quello di sostare sotto gli alberi in caso di maltempo. Mi sembra già di sentire qualcuno che dice: "ma è giusto, non si sta sotto gli alberi durante i temporali". Ma maltempo non significa necessariamente temporale, nemmeno in questa Italia ormai monsonica, e poi, non sarebbe bastato mettere un avviso, invece che un divieto?
Insomma che sono qui che rifletto su tutte le mirabolanti libertà in vigore in questa Italia della Casa delle Libertà, quando mi arriva una mail del Postino Trasalpino, che riporta un articolo de La Stampa in cui si anuncia per il 20 settembre la «prima giornata mondiale del saluto»: 10 mila volontari saluteranno almeno 10 persone sconosciute a testa, in modo che prima di sera 100 mila persone abbiano ricevuto quei saluti che ignorano da anni: dal Settanta ad oggi i saluti quotidiani sono scesi da 30 a 8.
Ma siamo sicuri? perché secondo me fanno in tempo a emettere una ordinanza di divieto di saluto ... sai com'è, il decoro ...

mercoledì 20 agosto 2008

L'orata nel piatto

E' da un bel po' che su questo blog non si parla di cucina, complice il caldo che non ci fa venire voglia di cucinare, e complice la bonaccia di agosto, per dirla con Battiato, che non fa venire voglia di scrivere.
In realtà non è che ci sia moltissimo su cui scrivere.
La politica è finalmente in ferie, per lo meno per quanto riguarda la sua copertura mediatica, anche se sono convinta che proprio in questio periodo si stano preparando i simpatici scherzetti con cui dovremo fare i conti da settembre in avanti.
Come la chiusura e l'accorpamento delle scuole elementari dei piccoli paesi, si parla di qualcosa come 2500 plessi scolastici, in nome del risparmio.
Benissimo, risparmiamo pure, tanto tutto il movimento per portare avanti e indietro i bambini mica va nel conto del ministero, i soldi escono dalle tasche dei cittadini, i quali respirano anche i gas di scarico ... però il governo farà vedere di aver risparmiato.
Il guaio è che non avremo mai un'Italia ricca con i cittadini sempre più poveri e privi di servizi.
In ogni caso, oggi avevamo una voglia di pesce che abbiamo prontamente soddisfatto.

Spaghetti alla bottarga a modo mio (x 2 persone)
160 g di spaghettini, 1 spicchio d'aglio, 1 peperoncino, 4 filetti di acciuga, prezzemolo tritato, olio extravergine di oliva, bottarga di muggine grattuggiata.
Rosolare l'aglio tritato, il peperoncino e i filetti di acciuga nell'olio.
Nel frattempo lessare la pasta al dente, scolarla e saltarla in padella col condimento e un cucchiaio di prezzemolo tritato.
Servire caldissimo, con abbondante bottarga grattuggiata.

Orata alla marinara (x 2 persone)
2 orate da porzione, 1 spicchio d'aglio, una decina di pomodorini, pepe, olio extravergine di oliva, origano.
Tagliare l'aglio a fettine, rosolarlo nell'olio, aggiungere le orate e dorarle leggermente da entrambe le parti.
Coprire con i pomodorini, pepare e spolverizzare di origano.
Cuocere a fuoco dolcissimo, in padella coperta, per 20 minuti, girando delicatamente a metà cottura.

giovedì 14 agosto 2008

Il dito medio ce l'abbiamo ancora

Così disse il celodur ministro qualche giorno fa, durante la festa del carroccio a Pontida.
Ora, io Pontida la conosco bene, e mi chiedo dove cavolo lo hanno messo il Carroccio: o il Carroccio, o gli abitanti del paesucolo, che le due cose insieme non stanno.
In ogni caso mi consola che abbia ancora un dito medio, e concordo col fatto che il suo alzarlo durante l'Inno di Mameli non sia stato considerato un reato ministeriale.
Innanzi tutto considerare Bossi un ministro è una aberrazione che si può vedere solo nella nostra sgangherata repubblica e sotto lo scettro di re Silvio, poi ricordiamo che l'uomo ha subito dei gravi danni cerebrali, non al suo cervello pensante, ma alla massa situata nella testa e che muove i muscoli. In altre parole un impulso scoordinato è arrivato al medio durante l'Inno nazionale. Non c'è la volontà né il dolo, insomma.
Fatto sta che se possiamo scusare il celoduro, che col catetere ben infilzato nel suo unico organo pensante, e il centro del coordinamento muscolare seriamente danneggiato non può fare di meglio che dire sciocchezze, non si riesce invece proprio a capire che cosa è passato per la testa a Borghezio.
Oddio, anche qui un ossimoro, la prola testa e la parola Borghezio non stanno normalmente nella stessa frase, e poi l'uomo non è noto per pronunciare versi di senso compiuto.
Comunque, tutto soddisfatto per la buona messe di medaglie d'oro ottenuta dagli atleti italiani alle olimpiadi, in un olimpico impeto di cretineria ha detto " le medaglie d'oro alle olimpiadi dimostrano la superiorità etnica padana".
Ora, a parte che qualcuno dovrebbe spiegarmi che cosa si intende per etnia padana, e lo chiedo da persona nata sulle rive del Po, da due famiglie antichissime e ben note nella città in cui sono nata. Nonostante ciò mi basta guardare la mia faccia, e leggere i miei esami del sangue per sapere per certo che nel mio corredo genetico è passato di tutto.
In ogni caso, tanto per informazione del mitico Borghy
Matteo Tagliariol è nato a Treviso
Giulia Quintavalle è nata a Livorno
Valentina Vezzali è nata a Jesi
Federica Pellegrini è nata a Mirano
Chiara Cainero è nata a Udine (particolare menzione di disonore in questo caso per il neosindaco Honsel, che per fare i complimenti all'atleta avrebbe detto la sciocchezza del giorno, se Borghezio non avesse detto di peggio)
Insomma che non mi pare proprio di poter desumere una qualsiasi supremazia padana da questo medagliere, vedo invece l'Italia, quella dei cosiddetti sport minori, che, una volta ogni quattro anni, riesce a dimostrare che c'è, e ad alti livelli, anche se nessuno gli da una lira.
E siccome le Olimpiadi non sono ancora finite, immagino che altri non padani calcheranno il podio, alla faccia dello scioccherello.
Vabbè, c'è chi alza una medaglia d'oro, e chi alza il medio ... a ognuno secondo le sue possibilità.

mercoledì 13 agosto 2008

Una giornata al mare

Va bene che il tempo è poco, va bene che i soldi sono pochi, va bene che tutto sommato stiamo bene a casa nostra, però a un certo punto la voglia di una giornata diversa dalle altre, seza alcuna incombenza, proprio viene, assieme a una gran voglia di mare.
Qui vicino ci sono spiagge rinomate, che a noi non piacciono nemmeno un po' innanzi tutto perché l'arenile si estende per qualche km anche sott'acqua, col risultato di impedire un bagno decente, poi perché sono sovraffollate e puzzolenti di abbronzanti vari e, last but not least, impongono l'uso del costume.
Accidenti, uno sta, per un motivo o per l'altro, vestito tutto il giorno tutti i santi giorni, proprio non capisco perché si debba vestire, anzi travestire, visto che mette un costume, per andare al mare dove dovrebbe rilassarsi.
Senza contare che a volte i minuscoli costumini che si vedono in giro sono del tutto indecenti, e fatti per esserlo. Altre volte invece sono corazze che tentano di mascherare il non più mascherabile, che sarebbe ben più dignitoso mostrare così com'è, senza vergonarsi del tempo che passa e dei suoi segni.
Insomma che se non si fosse ancora capito siamo naturisti convinti.
Solo che nell'ipocrisia italiana il naturismo è una cosa da nascondere, e anche le spiagge naturiste sono nascoste e per nulla attrezzate: mi dicono che ce n'è una anche nella baia di Sistiana, frequentabile a patto di farsi almeno mezz'ora camminando su una pietraia, sotto il sole a picco.
No grazie.
Insomma che si va in Croazia, in un magnifico campeggio naturista sulla costa istriana. Poco più di due ore di macchina e si arriva in una specie di paradiso terrestre. Non c'è spiaggia, ma una piattaforma di pietra, con comode discese a mare, subito dietro c'è il bosco, dove se se si è in tenda o in roulotte ci si può comodamente sistemare.
Noi arriviamo con la macchina nella piazzuola vuota più vicino al mare, scarichiamo le sdraio e ci spogliamo sotto lo sguardo benedicente di una attempata coppia tedesca che si gode il fresco del mattino leggendo il giornale, ovviamente del tutto senza vestiti, esattamente come siamo noi, finalmente.
La giornata è semplicemente perfetta, se avessimo pregato per una giornata così non avremmo ottenuto di meglio. Non una nuvola in cielo, sole caldissimo, ma una brezza di vento e niente umidità. Il mare è una tavola blu, limpidissima.
La spiaggia, la si chiama così anche se non c'è sabbia, è ancora quasi deserta, ci sistemiamo vicino a un muretto, in modo da garantirci ombra per tutta la giornata, e ci tuffiamo seduta stante.
Chi è abituato a fare il bagno col costume non può immaginare il senso di liberazione, e insieme di appartenenza, che si ha entrando in mare nudi.
Si capisce che l'acqua di mare è il nostro elemento costitutivo.
Oltretutto il mare tiene su le tette, una sensazione magnifica che assomiglia a un viaggio nel tempo.
Stiamo in acqua quasi tutta la mattina e constatiamo che il campeggio, visto dal mare, è abbastanza spopolato, soprattutto considerato che siamo nella settimana di ferragosto. La maggior parte dei presenti sono olandesi e tedeschi, cioè la popolazione storica del campeggio, moltissimi sono persone anziane che passano tutta la stagione estiva ad arrostirsi sulla costa croata.
Ci sono alcuni danesi, mai visti prima, il solito zoccolo duro di triestini, che si riconoscono per la rosolatura uniforme e la crosta scura e croccante, la inesauribile parlantina, la buffonaggine congenita e la capacità di attaccare discorso con chiunque, qualsiasi lingua parli, rivolgendoglisi esclusivamente in triestino.
Iniziano a comparire gli sloveni: sembra che la ferita della guerra si stia in qualche modo chiudendo, e la Croazia sia diventata una meta di villeggiatura come un'altra.
Mentre facciamo queste riflessioni iniziamo a sentire i morsi della fame, così riguadagnamo pigramente la riva, andiamo a farci una doccia veloce, mettiamo il costume da bagno e andiamo al ristorante (il ristorante e il piccolo market sono gli unici due posti del campeggio dove è obbligatorio avere addosso qualcosa, per ragioni fondamentalmente igieniche).
Il ristorante si chiama Danjela, e propone un omonimo piatto per due persone, costituito da carni grigliate e verdure. L'entusiasmo ci spinge a ordinarlo, dimenticando la controindicazione costituita dalle sue dimensioni. Finiamo tutto, lasciando solo un po' di peperoni e qualche patatina, per semplice tigna, ma ci facciamo un appunto mentale di non ordinarlo più se non siamo almeno in tre.
Il piatto ha anche un'altra controindicazione: non è leggerissimo, e ci accompagnerà per il resto del pomeriggio, provocando degli sfoghi che ribattezziamo da-nie-la: da è l'esplosione gassosa nello stomaco, nie la salita dei gas lungo l'esfaogo, la la liberazione finale.
Con questa e altre simili sciocchezze trascorriamo il pomeriggio sulla sdraio, con un altro breve bagno, diversi pisolini e un po' di lettura.
Tramonta il sole su una giornata perfetta, a malincuore raccogliamo le nostre cose e ripartiamo verso casa.
E' stato un giorno solo, ma le pile sembrano di nuovo cariche.