giovedì 12 febbraio 2009

Il ritorno di Capitan Uncino, ovvero considerazioni sulla vita e sulla morte, passando per la letteratura

Quante coincidenze siete disposti a considerare coincidenze, prima di capire che non lo sono? Ecco, questa è una domanda che mi pongo spesso quando catene di coincidenze, appunto, mi accompagnano nel fare un percorso che forse coscientemente non sceglierei.
Gli avvenimenti di questi ultimi giorni sono stati tragici, e ci hanno mostrato un volto di noi italiani che forse era meglio rimanesse nascosto, ma di questo ha parlato assai meglio di me Roberto Saviano, nel suo articolo apparso oggi su Repubblica.
Posso dire che venire a sapere che un quotidiano come Avvenire ha chiamato Beppino Englaro "boia" mi ha riempito di amarezza, oltre a rafforzarmi nella considerazione che una casta di maschi celibi non deve in alcun modo interferire con la gente normale, che prova dolori che loro non sono minimamente in grado di comprendere.
Posso dire che mi ha sconvolto vedere ieri un drappo, appeso a una casa nelle vicinanze della clinica dove finalmente Eluana Englaro ha trovato la sua pace, drappo che diceva "Eluana ribellati ti stanno uccidendo". Ora, avrei voluto scendere dalla macchina e far entrare la luce della ragione nel cervellino bacato di chi ha scritto quel drappo: Eluana era già morta, nessuno la stava uccidendo, e non si ribellava per questo semplice ed evidente motivo. Poi ho pensato che è inutile ragionare con le rape e con i fanatici, che sono men che rape, e ho desistito.
Insomma che in questa panoramica spiritualmente così faticosa, si è inserito un libro, Pan, di Francesco Dimitri. Ed è dopo aver letto questo libro che ho iniziato a pormi la solita domanda sulle coincidenze.
Perché Pan, che parte più o meno come un libro tra il punk e il fantasy, è invece una analisi della società dei nostri giorni, delle lotte intestine, del ritorno della repressione e del grigiore, delle regole imposte invece di quelle condivise, della volontà dello stato superiore a quella dei cittadini, di una Chiesa che ha scordato la pietà e la compassione.
Insomma che è un romanzo sul ritorno di Capitan Uncino.
Penso che tutti abbiamo letto il romanzo originale di Barrie, Peter Pan, anche se probabilmente nella riduzione per ragazzi, e penso che, proprio per questo, non ci abbiamo capito nulla.
Bene, Peter Pan è una versione moderna del dio Pan, e invito a leggere Wikypedia per avere notizie del grazioso esserino, ma il personaggio più importante del romanzo è Capitan Uncino, che non è niente altro che la personificazione della repressione, dell'adulto (in quel caso vittoriano) che reprime tutte le pulsioni infantili in nome della legge e dell'ordine. E il fatto che Barrie lo rappresenti come un pirata la dice lunga su come la pensava in materia.
Capitan Uncino è tornato, ed è molto forte, e gli effetti del suo ritorno li stiamo vedendo, e li abbiamo visti fortissimi in questi giorni, con questa vicenda, con le proposte che stanno venendo fuori, che ridurranno ciascuno di noi a oggetti privi di volontà nel momento in cui la volontà per natura si annulla, e dovrebbe essere sostituita dalla pietà: il passaggio tra la vita e la morte.
In altre parole ciascuno di noi, da oggi in avanti, sarà privato della propria volontà, in nome di una cultura della morte, che si spaccia per cultura della vita, e che invece della vita non tiene conto: dove sono quelli che invocavano per Eluana il dirittto a non morire di fame e di sete, dove sono quando bambini e non solo nella lontana Africa, muoiono di fame e di sete? Dov'è questa chiesa ipocrita, che non tiene conto che tenere in stato di freschezza un cadavere è un costo spaventoso, quando bambini muoiono perché non ci sono soldi per un vaccino?
Nel loro estremo delirio di onnipotenza dimenticano che non possono obbligare nessuno di noi a fare quello che vogliono: la volontà, l'ultima volontà, è una questione privata, e io non intendo privarmi della libertà della morte che scelgo in nome di chi va in parlamento col cilicio o di un papa in cui non mi posso riconoscere perché non mi riconosco nel cattolicesimo!
Chi, chi risponde alla mia domanda? Io NON sono cattolica, non sono religiosa, sono atea, e ho il diritto di esserlo, in uno stato che si definisce laico.
Perché questo stato non riconosce i miei diritti e si schiera invece solo dalla parte delle richieste della chiesa, chiesa che, ricordiamolo e urliamolo, col Cristo e col Vangelo non hanno nulla a che vedere.
Bene, e allora parlerò qui, pubblicamente, della mia morte.
In nessun modo il mio corpo dovrà essere profanato da atti che siano intesi a prolungare la vita apparente, rifiuto alimentazione e idratazione dal momento stesso in cui non mi sarà più possibile manifestare palesemente una qualsivoglia volontà.
Considero finita la mia vita nel momento in cui non sarà in grado di essere autonoma.
Rifiuto qualsiasi cura invasiva in caso di qualsiasi malattia, nel caso in cui non ci sia una garanzia di riprisitino delle funzioni di un corpo sano, e di un cervello in grado di decidere per il corpo.
Chiedo a una mano pietosa di mettere fine ai battiti del mio cuore se, ridotta all'impotenza, non fossi in grado di farlo da sola.

giovedì 5 febbraio 2009

Un cuore che batte

Tre notizie di oggi: si tenta ancora una volta di impedire al povero padre di Eluana Englaro di seppellire dignitosamente la figlia; sarà consentito ai medici fare i delatori in caso di prestazioni sanitarie nei confronti di clandestini; sono state rese legali le immonde ronde padane.
Sono piegata dall'orrore, e non sono riuscita a scrivere altro se non la poesia qui sotto.
Mi scuso per la pochezza dei miei mezzi poetici.

Un cuore che batte
come un tamburo in petto
e urla dal fondo della gola
ma la voce non c'è.
Favella ammutolita
sbigottimento nella barbarie.
Un cuore che batte
come un tamburo in petto
tam tam tribale
che cancella la luce
la civiltà e l'amore.
Digrignare di denti
e rimbombare dei pugni
di gorilla selvaggi.
Odio profondo
razziale
religioso
politico
inumano.
Un cuore che batte
come un tamburo in petto
muscolo involontario
sopravvalutato
non sede di vita
non sede di intelligenza
non, soprattutto non
sede di amore.

domenica 1 febbraio 2009

I libri di gennaio

L'eleganza del riccio - Muriel Barbery
Il mio paese inventato - Isabel Allende - 29.01/2009
Triste, solitario y final - Osvaldo Soriano - 28.01.2009
Racconti di Bosnia - Ivo Andric - 26.01.2009
La luce di Orione - Valerio Evangelisti - 22.01.2009
La bibliotecaria - Claudio Ciccarone - 20.01.2009
Recinti e finestre - Naomi Klein - 19.01.2009
Stagioni - Mario Rigoni Stern - 16.01.2009
Frankenstein - Mary Shelley - 15.01.2009
La tavola fiamminga - Arturo Perez-Reverte - 14.01.2009
Navi a perdere - Carlo Lucarelli - 12.01.2009
Carrie - Stephen King - 11.01.2009
Morte in lista d'attesa - Veit Heinichen - 11.01.2009
Il nuovo domani - Maeve Blinchy - 09.01.2009
La guerra del basilico - Nico Orengo - 09.01.2009
Le stagioni di Giacomo - Mario Rigoni Stern - 08.01/2009
Guida galattica per gli autostopisti - Douglas Adams - 07.01.2009
L'impero del sole - J.G. Ballard - 06.01.2009
Carmine Pascià - Gian Antonio Stella - 04.01.2008
Middlesex - Jeffry Eugenides - 03.01.2009