Come deciso, parto piuttosto presto per andare a visitare Triora, il paese delle streghe. Mi sono documentata un pochino, e ho scoperto che in questo paesetto dell'entroterra ligure, oltre 200 donne furono accusate di stregoneria, numero poi ridotto dal fatto che vennero accusate le nobili così come le popolane, e questo ovviamente non si fa, le popolane possono essre streghe, le nobili giammai.
Mi sono anche studiata il percorso con il solito viamichelin, sempre per evitare l'autostrata: Aurelia fino ad Albenga, e poi strade provinciali varie.
Data l'ora mattutina, e il fatto che è sabato, c'è pochissimo traffico. Supero Albisola Mare, Savona, e via via tutti i vari paesi del ponente ligure.
Devo dire che non c'è paragone tra il levante e il ponente, e il saldo positivo è tutto a favore di quest'ulttimo. I paesi sono più ordinati, più ariosi, più attraenti, non ho mai visto in ponente un bailamme come quello in cui sono incappata a Rapallo, cittadina che mi ha fatto venire tentazioni da delenda Cartago.
Mi rendo conto, attraversandoli uno dopo l'altro, che i paesi ponentini sono praticamente tutti dotati di certificazione ambientale. Ok, benissimo, però c'è un però: in nessuno di questi comuni si fa una raccolta differenziata spinta, ci sono dappertutto i cassonetti, e in gran parte traboccano, che ne pensano i certificatori di questo piccolo particolare?
So benissimo che può essere complicato mettere in piedi un sistema di raccolta differenziata porta a porta in località che vedono la propria popolazione mutare a fisarmonica tra quella invernale e quella estiva, ma sono convinta che una soluzione migliore dei cassonetti sia possibile trovarla.
Intanto arrivo a Pietra Ligure, paese che nella mia memoria pragono ai lager nazisti uniti ai gulag sovietici. Ovviamente Pietra, di per se stessa, non ha alcuna colpa, il fatto è che da piccola mi ci mandavano in colonia, e ho dei ricordi terrificanti. Onde non si pensi che sono i ricordi di una bimba viziata, dirò che la colonia dove venivo mandata, dopo aver subito una ispezione provocata dalle mie continue lamentele con i miei genitori, che sapevano che non sono una che si lamenta facilmente, venne chiusa, e noi poveretti rimandati a casa prima della fine naturale della pena.
Crescendo ho rivalutato Pietra Ligure, che però continuo a non amare, forse anche per via della ferrovia, che lì scorre ancora tra le case e le spiagge.
Arrivata ad Albenga mi addentro nell'entroterra ligure, e in breve inizio a salire su una strada tutta curve, che ricorda di essere una provinciale solo ed esclusivamente per via dei cartelli chilometrici. La strada è immersa nel bosco, e ha a tratti luci di acquario, mentre in altri ha un buio da caverna primordiale che i fari della macchina faticano a forare.
Ho lasciato da tempo l'ultimo abitato, e inizio a sentirmi un po' strana: sono partita sull'onda dell'entusiasmo senza colazione, e mi rendo conto di avere un imponente calo di zuccheri. La fine della strada non si vede, e sto seriamente pensando di tornare indietro quando finalmente vedo l'ultimo incrocio, sono praticamente arrivata.
Parcheggio, bevo un caffè e mangio un pasticcino, e girello per i vicoli medievali, molto ben restaurati. Mi rifiuto di visitare il museo della stregoneria e quello etnografico, non ho voglia di folclore, voglio semplicemente calcare queste pietre già calcate da tante donne che, per il semplice fatto di dare adito a qualche dubbio di indipendenza mentale, hanno sofferto tanto.
Mi immedesimo con loro, anche perché sono tante le persone che mi conoscono e che spesso dicono che ai quei tempi io sarei stata bruciata tra le prime, cosa di cui francamente mi vanto.
Le streghe sono ovunque, anche perché in questo piccolo paese, piuttosto isolato, i cognomi familiari sono ancora quelli di una volta, e ciascuno può dire di aver avuto una strega nel proprio albere genealogico. Non so se essere felice del fatto che di queste donne si conservi la memoria, oppure in qualche modo sentirmi indignata perché lo si fa tramite un business spinto che riguarda l'artigianato, la cucina, tutto insomma.
In ogni caso decido di non pranzare a Triora, ma tornare indietro lungo la strada, nell'ultimo paese prima del bivio, dove ho visto un ristorante.
In realtà di tratta di una trattoria familiare, e la cucina, anche se genuina, non è eccelsa: si potrebbe fare di più con gli ottimi ingredienti a disposizione. In ogni cado mangio dei discreti pansotti con radicchio e noci e un piatto di affettato, il tutto parlando di libri con la proprietaria e cuoca, il che tutto sommato non mi dispiace.
Torno a valle in tempo per incontrare Nadya, alias paperina, vale a dire un'amica anobiiana con cui abbiamo un fitto scambio di messaggi, ma che non avevo mai visto di persona.
Prendiamo un aperitivo in porto a Savona, parlando di noi, dei nostri guai, del nostro amore per la lettura. Abbiamo solo un'ora di tempo, ma la trascorriamo piacevolmente e ci lasciamo col desiderio di rivederci presto.
Torno ad Albisola, mi faccio una doccia e vado a cena alla Meridiana, locale chic della passeggiata a mare, caro come il fuoco ma è l'ultima sera e pazienza, il guazzetto di moscardini è un po' troppo salato, il fritto misto buono ma non eccezionale, in compenso il personale, esclusivamente maschile, è una gran bella vista: camerieri giovani e dal belloccio al veramente bello, vestiti di nero, veloci e sorridenti, pronti a cogliere la minima occhiata da parte del cliente, un maitre giovanissimo e molto bello, vestito di bianco, e il proprietario in camicia azzurra, onnipresente, sorridentissimo e assai piacente. Dato che l'occhio vuole la sua parte, posso dire che la serata è finita bene.
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