mercoledì 12 agosto 2009

Crollo psichico

Ho appena finito di fare colazione e sto controllando alcune cose su internet mentre aspetto che Michela finisca di prepararsi, quando, tradendo gli impegni presi con me stessa per queste vacanze vado sul sito di Repubblica, e leggo l'ennesima sparata leghista di questa estate piena di convulse scemenze, vale a dire la proposta del ministro Zaia di affidare a RAI educational delle trasmissioni da svolgere in dialetto al fine di promuovere le culture locali.
Per essere più precisi il ministro propone che le trasmissioni dedicate al territorio e ai prodotti locali siano tenute nel dialetto del posto, cosa che secondo lui darebbe un sapore più autentico a queste cose tradizionali.
Per esempio, la ricetta dell'oss bus in gremulada dovrebbe essere rigorosamente data in dialetto milanese, e quella dei bruscit in dialetto di Busto Arsizio, quella dei cjarsons in friulano, la ribollita in fiorentino, la pastiera e i purpatielli alla Luciana in napoletano, e via così.
Si da il caso che siano tutti piatti che so fare, e il fatto che, pur conoscendone i nomi originali, chi mi ha insegnato le ricette lo abbia fatto rigorosamente in italiano non li rende di sicuro meno autentici, mentre è certo che se qualcuno tentasse di descrivermi la preparazione dei cjarsons in lingua friulana non otterrebbe da me altro che uno sguardo di totale incomprensione.
Si da il caso, come ho già detto più volte, che io sia una lombarda residente in Friuli che non parla e non capisce alcun dialetto, ma questo non mi priva né dell'interesse né della capacità di cimentarmi con varie cucine regionali, ma a quanto pare al ministro Zaia sfugge il fatto che in Italia ci siano italiani che parlano italiano, lingua la quale essendo quella della repubblica è la sola in grado di veicolare per tutti tutti i contenuti, cosa che i dialetti, pur con tutta la possibile (e impossibile) dignità non possono fare.
Ho sempre ritenuto Zaia il pezzo migliore di questo governo, l'ho sentito più volte intervistato a Decanter, una trasmissione sul cibo e la cultura del buon bere e del buon mangiare che ascolto volentieri, e mi era sembrata una persona misurata e competente, per cui attribuisco questa sua uscita decisamente poco intelligente alla calura estiva: si sa, il solleone provoca crolli psichici, in questa stagione escono i matti e coloro che non lo sono tendono a diventarlo.
Riassumo la proposta del ministro leghista a Diego e Michea. Diego è un friulano trasferito a Roma, Michela una romana puro sangue, di me ho già detto più sopra, e ci troviamo d'accordo nel giudizio in un corale vaffanculo, al ministro e alla sia idea geniale.
Nel frattempo Michela è pronta, e Matteo, che ha deciso di venire con noi, pure. Diego resterà a casa con Camilla.
Saliamo in macchina e ci dirigiamo verso Castelgandolfo.
Scendiamo dalla macchina, e l'auto della polizia ferma davanti al cancello ci dice che sua santità sta nella sua residenza estiva, che pertanto non è possibile visitare. Cerchiamo di indirizzarci verso la zona archeologica, ma ci si presenta davanti una salita impossibile da fare con il passeggino, così torniamo in macchina e raggiungiamo la nostra seconda meta, vale a dire Rocca di Papa.
Il paesetto è delizioso, ancorché infestato di macchine che starebbero meglio da un'altra parte, e di cassonetti puteolenti, che mi fanno esclamare un “Raccolta differenziata no grazie, eh?” sotto lo sguardo attonito di due tizi che siedono sul gradino di una botteguccia mangiando cocomero e gettando i pezzi di buccia direttamente sulla piazzetta che si affaccia su un panorama meraviglioso.
Percorriamo le stradette in porfido con il naso all'aria, ammirando il borgo, che pure avrebbe bisogno urgente di un restauro e nonostante ciò è suggestivo, con Matteo sul passeggino che fa continue domande su qualsiasi cosa. Arriviamo, dopo una svolta, al principio di una discesa vertiginosa, e a quel punto Matteo esclama “Giù”, intendendo dire che ne ha avuto abbastanza del passeggino e che intende camminare da solo. Lo facciamo scendere, gli diamo un paio di raccomandazioni essenziali, e ci avviamo.
Il bambino non salta nemmeno una delle infinite scalette che fiancheggiano la strada, e viene fermato prima che si possa fiondare correndo in tutti i negozi che si aprono di lato. Sono tutte piccole botteghe, con merci un po' dubbie in vetrina, e sono un po' strane soprattutto per me che sono abituata agli infiniti franchising dei negozi del nord, e dove comunque i negozi, anche quelli che conservano una certa quale aria di bottega, cercano di mostrare al pubblico una facciata ampia a luminosa. Qui paiono aperture di grotta.
E una vera e propria apertura di grotta ci introduce in un vecchissimo forno a legna, uno stanzone di vendita che da sulla sala del forno, che ha l'aria di aver visto tutte e due le guerre, e forse qualcuna di più, di più antica.
Il profumo di pane ci ha attirato dentro, e sul banco, vecchissimo, ci sono alcune pagnotte lunghe, dalla crosta grigiastra e lievemente annerita dalla fuliggine. Ne prendiamo una, e la fornaia ce la taglia per renderla più maneggevole, rivelando all'interno la tipica mollica morbida ed elastica, occhiata finemente, caratteristica del pane di grano duro preparato con la pasta cresciuta e un paio di giorni di lievitazione. La fornaia dà anche a Matteo un pezzetto di pizza bianca, che lui rifiuta di dividere con la mamma e la specie di zia acquisita (cioè io), e poi, mentre scelgo da una mensola un sacchetto di ciambelle con la granella di zucchero, lascia cadere che domani farà le crostate. Molto dispiaciute le diciamo che siamo solo di passaggio, ma poi ripensiamo a questa proposta per tutta la giornata, e chissà mai, potremmo anche tornare domani.
Continuiamo la nostra discesa, con Matteo che ha finito la pizza e chiede pane, e tace e cammina allegramente, anche quando torniamo indietro, e quindi saliamo, finché ha il suo pezzetto in mano.
Scherzando diciamo che dobbiamo calcolare quanti km sarebbe in grado di fare con l'intero filone.
Torniamo a casa, mangiamo e facciamo tutti un riposino, e poi, come deciso ieri, andiamo al lago di Albano a fare il bagno e prendere il sole. Camilla sta sulla spiaggia nera con Michela, mentre io, Matteo e Diego entriamo in acqua. I contrafforti vulcanici del lago sono punteggiati di parapendio, e li indichiamo a Matteo come compensazione del mancato spettacolo dei canadair di ieri.
Mi porto dietro Matteo attaccato alle spalle, e si diverte così tanto che al momento di uscire fa un capriccio epico, che alla fine gli costa un meritatissimo scapaccione.
Una volta calmata la buriana gli si dice che torneremo domani, e di ricordarsi la palla, perché si giocherà a pallanuoto.
Torniamo a casa, nessuno ha voglia di cucinare, e anche la fame non è gran che, così finiamo per mangiare fette di pane casereccio, seguite da anguria accompagnata da ciambelle, intanto che progettiamo la gita di domani, e sarà a Nemi.

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