martedì 25 agosto 2009

C'era una volta

Intendevo dedicare questo post a un argomento ameno, vale a dire la lista dei ristoranti dove ho mangiato in queste vacanze, con indirizzi e relative valutazioni, e la playlist di viaggio, ma ahimè, le vacanze finiscono e sono già un bel ricordo, e la dura realtà di ogni giorni riprende i suoi spazi, a maggior ragione quando uno va al bar a prendere un caffè la mattina e legge sul bugiardino locale, vale a dire il Messaggero Veneto, edizione di Udine, un titolo cosiffatto: "Cattedre, la metà ai prof meridionali". Dato che purtroppo conosco bene le abilità dei titolatori del Messaggero, capacissimi di far dire al titolo il contrario di quello che sostiene l'articolo, attendo che chi sta sfogliando il giornale lo depositi, e me ne approprio.
Questo è l'articolo , che tutto sommato è piuttosto neutro, e spiega semplicemente come mai è così facile dalle nostre parti l'inserimento di insegnanti provenienti da altre regioni, che poi si tratti di regioni o meno del meridione è del tutto ininfluente, è una questione di mero meccanismo. L'articolo che invece è irreperibile nella versione online del bugiardino, e che è assai più grave, è un altro, che è il violento attacco leghista ai prof provenienti dal meridione, e la promessa (direi meglio la minaccia), di creare un meccanismo che porti di fatto all'impossibilità per chi proviene dal sud di insegnare in Friuli.
Ora, e lo dico da persona geneticamente padana, assai più di Bossi, della Gelmini, di Calderoli e di chi per loro, essendo io nata all'ombra del Torrazzo e sulle rive del fiume Eridano, tutto ciò è veramente una stronzata, una idea del tutto imbecille che può essere partorita solo da imbecilli.
Nella mia personale carriera scolastica ho avuto professori meridionali eccelsi (una tra tutte, l'insegnante di matematica delle superiori) e deprecabili, così come professori settentrionalissimi eccelsi (sempre per citarne una tra tutte, la prof di lettere del biennio delle superiori) e altri che sarebbe stato meglio non incontrare sul proprio cammino.
Non credo che la matematica mi sarebbe potuta essere insegnata meglio se la docente avesse parlato con accento lombardo piuttosto che siciliano, nè che sia stato l'accento lombardo a far si che l'insegnamento della prof di lettere abbia prodotto dei buoni risultati sul mio atteggiamento nei confronti delle lettere e sul mio modo di praticarle.
Dopo di che credo sia necessario dire che l'insegnamento, qualsiasi insegnamento, deve essere impartito in lingua italiana, perché è demente insegnare in uno dei qualsiasi dialetti/lingue di questo paese, per non dire del fatto che tutti questi salvatori delle piccole patrie secondo me della cultura che vogliono portare avanti non sanno nulla.
Però questo post si intitola C'era una volta, che è la formula con cui inizia una storia, ed è una storia che voglio raccontare.
C'era una volta un giovane laureato in lingue, laureato al prestigioso Istituto Orientale di Napoli, culla della linguistica in Italia assieme a Ca' Foscari di Venezia.
Subito dopo la laurea il giovane si rese conto che a Napoli la sua vita sarebbe stata troppo dura, così prese un treno di emigranti e arrivò a Udine, dove, nel corso di una affollata giornata al Marinelli, gli fu assegnata, non senza un po' di dolo (ma si, non si preoccupi, il posto è ben collegato con la città, e non era vero, non lo è ora figuriamoci a quei tempi), la sede di Ampezzo.
Chi sa di Carnia sa di che parlo. Comunque il giovane neoprofessore andò ad Ampezzo, e ci si trovò bene, e gli ampezzani si trovarono bene con lui, al punto che in pochi mesi era un membro attivo della vita locale, e uno dei fondatori di una associazione culturale locale.
Insegnare ad Ampezzo significava anche avere cura dei giovani saurani, abitanti di Sauris, che allora non era ancora la località turistica un po' esclusiva che è oggi, e che erano emarginati dato che non parlavano friulano, ma una variante del 1200 del tedesco. Così il giovane prof andò ad insegnare tedesco moderno ai saurani. Dopo sei anni in quelle che erano diventate le sue montagne, ragioni di famiglia lo portarono a Udine, eppure la Carnia gli rimase nel cuore finché visse.
A Udine continuò a insegnare, in una maniera tale per cui molti dei suoi allievi, una volta entrati nel mondo del lavoro, gli mandavano mail ringraziandolo per la qualità del suo insegnamento, diventò formatore di insegnanti, pioniere della multimedialità nella didattica, ricercatore, eccetera eccetera.
Da un anno questo professore, che pure era ancora giovane e attivo, non c'è più, eppure il suo nome verrà ricordato, a differenza dei nomi degli imbecilli leghisti che firmano certe proposte di legge.
Che vadano a chiedere ad Ampezzo, a Sauris, a San Giorgio di Nogaro, a Feletto, all'Università di Udine, al Goethe Institut di Trieste, Napoli e Monaco chi era Alfredo Colucci, professore meridionale.


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