lunedì 17 agosto 2009

Ahi, Capalbio (ovvero la solitudine dei numeri primi) (*)

E' venuto il momento di partire, e cominciare la vera parte alla ventura delle mie vacanze.
Mi alzo abbastanza presto, faccio la mia ginnastica quotidiana, bevo un tè, un caffè, carico la macchina. Diego dice a Matteo di venirmi a salutare perché devo partire, Matteo dice che non devo partire e sottolinea il fatto buttandosi a capofitto a giocare con la sabbia del cortile, e si rifiuta di salutarmi. E' più che giusto, non ha ancora tre anni, sono entrata a far parte del suo mondo, anche se per un breve periodo, e siccome in questa fase della sua vita tutto è suo, anch'io sono sua e quindi nega il fatto che io adesso sparisca.
Camilla è troppo piccola, per cui il rituale del bacio per lei è solo uno dei tanti baci che si prende durante la giornata, e ride felice.
Saluto Michela e Diego, li ringrazio per l'ospitalità, mi sono veramente sentita come a casa mia, e metto in moto, tirando fuori dalla custodia del computer la stampata di Viamichelin con il percorso fino alla Liguria, che poi è una bazzeccola, si tratta di acchiappare la SS1 Aurelia dalle parti di Civitavecchia, e seguirla fin su.
Infatti sul Grande Raccordo Anulare una uscita chiusa mi disorienta, e finisco per imboccare l'autostrada per Civitavecchia. Esco alla prima per limitare i danni, e trovo subito i cartelli direzionali per l'Aurelia. Attraverso una campagna di stoppie, e poi una serie di paesucoli pseudobalneari e tutti uguali, con palme a fiancheggiare la strada.
A un certo punto vedo un bancarella di fruttivendolo, e decido di acquistare qualcosa da mangiare lungo il percorso. Vedo delle strane pesche schiacciate, e mi ricordo che Diego mi aveva detto di averle mangiare in Sicilia e di averle trovare buonissime, per cui ne acquisto un chilo. La fruttivendola me le da miste, un po' bianche e un po' gialle, e sono effettivamente molto buone. Le bianche hanno una polpa consistente, quasi croccante, venata di rosa chiaro, e profumata di rosa canina. Le gialle invece sono pastose, succose, con un profumo intenso di frutta matura.
Ne mangio tre o quattro guidando, e intanto alla mia sinistra, insistente, invitante, vedo il mare.
Arrivo all'altezza di Santa Severa e mi dico che in fin dei conti non mi corre dietro nessuno, così giro verso la spiaggia. Ho scelto la direzione del castello, e più tardi scoprirò di aver avuto una felice intuizione. Il parcheggio è a pagamento e custodito, cosa che mi va benissimo, mentre la spiaggia è libera, cosa che mi va altrettanto bene.
Prendo dal bagagliaio la borsa da mare e mi avvio. Arrivata sulla spiaggia vera e propria mi cambio, coadiuvata dalla mia solita mancanza di senso del pudore, che in fin dei conti mi permette di spogliarmi completamente in mezzo alla gente senza che a tutti gli effetti nessuno se ne accorga.
Una parte della spiaggia, un piccolo golfo, è strapiena di gente e di ombrelloni, mentre poco più in là, ai piedi delle mura del castello, c'è una fascia di scogli, con poche persone.
A me serve qualcuno a cui affidare la mia borsa, dato che ho dentro parecchie cose che mi sono necessarie, e subito individuo un anziano signore intento a leggere sugli scogli. Gli chiedo se posso lasciare le mie cose vicino a lui mentre mi faccio il bagno, ed acconsente di buon grado.
Appena si entra in acqua c'è una specie di piscinetta naturale, della profondità massima di ottanta cm, poi c'è un'altra fascia di scogli, e finalmente acqua profonda.
Mentre annaspo su questa seconda fascia, ricoperta di alghe scivolose, un tizio che sta lì a prendere il sole mi da alcune istruzioni per evitare di scivolare, così, mentre rientro, mi vien naturale fermarmici a parlare.
E' un mio coetaneo, persona simpatica e interessante, e in breve ci raccontiamo quasi la vita. Torno a riva, mi cambio di nuovo col solito sistema, ringrazio e saluto il vecchietto che nel frattempo ha custodito i miei averi, saluto anche il mio recente conoscente rimasto sulla seconda fascia di scogli, e torno verso la macchina.
In breve arrivo a Civitavecchia, e mi fermo di nuovo, anche perché sento la necessità di togliermi di dosso un po' di salsedine, che nel frattempo ha iniziato a darmi fastidio. Infatti sul lungomare trovo una fontana, e mi lavo abbondantemente la faccia e le braccia, fino a togliere ogni traccia di sale.
Faccio due passi guardando le bancarelle, sono sempre le solite cose, ma alla fine mi faccio attrarre da una cavigliera. Mi è anche venuta fame, così in un bar prendo un tramezzino e una coca cola.
Mi rimetto in macchina, con l'idea di arrivare verso Grosseto.
L'Aurelia prende un aspetto quasi di autostrada, per molti tratti è a quattro corsie coi New Jersey in mezzo. Il mare si allontana, e si vedono le colline che dal Lazio transustanziano in Toscana.
A un certo punto, da lontano, vedo sulle alture un paesetto dall'aspetto molto attraente. Dal nome dell'uscita della statale scopro che si tratta di Capalbio. Beh, che si fa? Ovvio, si va a Capalbio, con tutto quello che ne ho sentito parlare nei miei svariati anni di militanza di sinistra!
L'inizio è promettente. Mano a mano che si avvicina il paesetto diventa sempre più promettente, e sulla strada si vedono molti segnali di B&B e agriturismi con alloggio. Decido che prima mi cercherò da dormire, farò una doccia, e poi andrò a vedere l'Atene della sinistra, come l'ha definita un amico che nel frattempo sta in Siria a mostrare ai locali che non è detto che italiano sia sinonimo di eleganza nel vestire.
Il primo posto in cui mi fermo è l'Agribioalbergo Capalbio. Bellissimo posto, immerso nel verde, sicuramente bio, con l'unico problema di avere disponibile esclusivamente una stanza matrimoniale a un prezzo allucinante, e alla domanda retorica fattami dal proprietario (lei si chiederà come mai c'è una stanza libera il 16 di agosto) mi vien voglia di replicare che il motivo sono i prezzi da furto.
Proseguo nella mia ricerca e incasso una serie di risposte negative che arrivano sempre, e sottolineo il sempre, quando capiscono che sono sola. Probabilmente hanno paura del fatto che essendo sola potrei richiedere di pagare per la matrimoniale il prezzo di una singola, per cui mi prendo il no con un bel sorriso, e la segreta maledizione di non ricevere per il resto della giornata altre richieste oltre la mia. Di solito le mie maledizioni vanno a buon fine.
Dopo aver girato e rigirato Capalbio e dintorni, al punto che i morbidi colli toscani mi stanno uscendo dalle orecchie, gli ulivi artistici sono ridimensionati a tronchi contorti, e anche le bianche pecorelle al pascolo mostrano il vero colore giallastro che ha la lana prima di essere lavata, decido che farò un ultimo tentativo, e si tratta dell'albergo Mimosa, a Carige, frazione di Capalbio. E' un postaccio, e appena entro mi accoglie un odoraccio di fritto e rifritto, per cui decido che prenderò la camera solo se sarà veramente economica. Il tizio, con aria rude, mi dice che ha solo una matrimoniale, ovviamente, e il costo è esattamente quello dell'Agribioalbergo. Il mio sorriso a questo punto mostra anche un po' di canini, credo che non avrà richieste di camere per almeno due giorni, e giro i tacchi.
Lascio che Capalbio torni nel suo oblio, mi rimetto in macchina e decido di arrivare a quella che era la mia meta orginale, vale a dire Grosseto.
In realtà non è tardi, potrei arrivare anche più lontano, ma sento la necessità di farmi una doccia e di guardarmi un po' in giro. Trovo un alberghetto non bellissmo ma pulito e tranquillo, ovviamente hanno solo una matrimoniale, e la signora è indecisa sul fatto di darmela o meno finché non le dico che non me ne frega niente, pago il prezzo intero, che tanto è quasi la metà di quello che mi hanno chiesto a Capalbio. Non ho voglia di cavarmela con un sorriso e una maledizione, mi serve la doccia.
Una volta sistemata, scendo, pensando di andare in centro a cena, e invece vedo tutti i tavoli occupati, e sento un buon profumo. Decido di fare il tentativo, e faccio bene, i tagliolini con fagioli e cozze sono ottimi, giusti di cottura, saporiti, e le cozze sono fresche e locali.
Finita la cena riprendo la macchina e torno in direzione di Roma, a Rispescia, dove ho visto che si tiene la festa di Legambiente.
Che dire se non che è una delusione esattamente come Capalbio? Innanzi tutto si paga l'ingresso, dieci euro, e gli stand, a parte pochi, non sono nulla di che, con roba che si trova in questa stagione sulle bancarelle in quasi tutti i paesi turistici. Canterà Irene Grandi, che non mi piace e non mi interessa, e tutto quello che si vede è a pagamento. Per fortuna trovo il Pomario, cioè una esposizione di antiche varietà di piante da frutto. Da un sacco di tempo accarezzo l'idea di mettere a dimora nel mio orto quattro antichi meli, così mi fermo a parlare con la proprietaria delle piante, ed è un colloquio molto interessante. La signora verrà con le sue piante in autunno a Strassoldo, cioè a pochi km da casa mia, e per allora probabilmente potrò dare corso al mio desiderio.
E' ora di rientrare, una buona notte di sonno e domani raggiungerò Livorno.

(*) La solitudine dei numeri primi – Paolo Giordano

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