Va bene che il tempo è poco, va bene che i soldi sono pochi, va bene che tutto sommato stiamo bene a casa nostra, però a un certo punto la voglia di una giornata diversa dalle altre, seza alcuna incombenza, proprio viene, assieme a una gran voglia di mare.
Qui vicino ci sono spiagge rinomate, che a noi non piacciono nemmeno un po' innanzi tutto perché l'arenile si estende per qualche km anche sott'acqua, col risultato di impedire un bagno decente, poi perché sono sovraffollate e puzzolenti di abbronzanti vari e, last but not least, impongono l'uso del costume.
Accidenti, uno sta, per un motivo o per l'altro, vestito tutto il giorno tutti i santi giorni, proprio non capisco perché si debba vestire, anzi travestire, visto che mette un costume, per andare al mare dove dovrebbe rilassarsi.
Senza contare che a volte i minuscoli costumini che si vedono in giro sono del tutto indecenti, e fatti per esserlo. Altre volte invece sono corazze che tentano di mascherare il non più mascherabile, che sarebbe ben più dignitoso mostrare così com'è, senza vergonarsi del tempo che passa e dei suoi segni.
Insomma che se non si fosse ancora capito siamo naturisti convinti.
Solo che nell'ipocrisia italiana il naturismo è una cosa da nascondere, e anche le spiagge naturiste sono nascoste e per nulla attrezzate: mi dicono che ce n'è una anche nella baia di Sistiana, frequentabile a patto di farsi almeno mezz'ora camminando su una pietraia, sotto il sole a picco.
No grazie.
Insomma che si va in Croazia, in un magnifico campeggio naturista sulla costa istriana. Poco più di due ore di macchina e si arriva in una specie di paradiso terrestre. Non c'è spiaggia, ma una piattaforma di pietra, con comode discese a mare, subito dietro c'è il bosco, dove se se si è in tenda o in roulotte ci si può comodamente sistemare.
Noi arriviamo con la macchina nella piazzuola vuota più vicino al mare, scarichiamo le sdraio e ci spogliamo sotto lo sguardo benedicente di una attempata coppia tedesca che si gode il fresco del mattino leggendo il giornale, ovviamente del tutto senza vestiti, esattamente come siamo noi, finalmente.
La giornata è semplicemente perfetta, se avessimo pregato per una giornata così non avremmo ottenuto di meglio. Non una nuvola in cielo, sole caldissimo, ma una brezza di vento e niente umidità. Il mare è una tavola blu, limpidissima.
La spiaggia, la si chiama così anche se non c'è sabbia, è ancora quasi deserta, ci sistemiamo vicino a un muretto, in modo da garantirci ombra per tutta la giornata, e ci tuffiamo seduta stante.
Chi è abituato a fare il bagno col costume non può immaginare il senso di liberazione, e insieme di appartenenza, che si ha entrando in mare nudi.
Si capisce che l'acqua di mare è il nostro elemento costitutivo.
Oltretutto il mare tiene su le tette, una sensazione magnifica che assomiglia a un viaggio nel tempo.
Stiamo in acqua quasi tutta la mattina e constatiamo che il campeggio, visto dal mare, è abbastanza spopolato, soprattutto considerato che siamo nella settimana di ferragosto. La maggior parte dei presenti sono olandesi e tedeschi, cioè la popolazione storica del campeggio, moltissimi sono persone anziane che passano tutta la stagione estiva ad arrostirsi sulla costa croata.
Ci sono alcuni danesi, mai visti prima, il solito zoccolo duro di triestini, che si riconoscono per la rosolatura uniforme e la crosta scura e croccante, la inesauribile parlantina, la buffonaggine congenita e la capacità di attaccare discorso con chiunque, qualsiasi lingua parli, rivolgendoglisi esclusivamente in triestino.
Iniziano a comparire gli sloveni: sembra che la ferita della guerra si stia in qualche modo chiudendo, e la Croazia sia diventata una meta di villeggiatura come un'altra.
Mentre facciamo queste riflessioni iniziamo a sentire i morsi della fame, così riguadagnamo pigramente la riva, andiamo a farci una doccia veloce, mettiamo il costume da bagno e andiamo al ristorante (il ristorante e il piccolo market sono gli unici due posti del campeggio dove è obbligatorio avere addosso qualcosa, per ragioni fondamentalmente igieniche).
Il ristorante si chiama Danjela, e propone un omonimo piatto per due persone, costituito da carni grigliate e verdure. L'entusiasmo ci spinge a ordinarlo, dimenticando la controindicazione costituita dalle sue dimensioni. Finiamo tutto, lasciando solo un po' di peperoni e qualche patatina, per semplice tigna, ma ci facciamo un appunto mentale di non ordinarlo più se non siamo almeno in tre.
Il piatto ha anche un'altra controindicazione: non è leggerissimo, e ci accompagnerà per il resto del pomeriggio, provocando degli sfoghi che ribattezziamo da-nie-la: da è l'esplosione gassosa nello stomaco, nie la salita dei gas lungo l'esfaogo, la la liberazione finale.
Con questa e altre simili sciocchezze trascorriamo il pomeriggio sulla sdraio, con un altro breve bagno, diversi pisolini e un po' di lettura.
Tramonta il sole su una giornata perfetta, a malincuore raccogliamo le nostre cose e ripartiamo verso casa.
E' stato un giorno solo, ma le pile sembrano di nuovo cariche.
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