lunedì 22 settembre 2008

Cose da dire

E' difficilissimo scrivere in questo momento, perché il dolore mi stringe in una morsa, e per me, che tutto sommato sono una persona pudica, parlare pubblicamente di cose personali è veramente difficile.
Ma Alfredo non c'è più, e Alfredo non era una persona che faceva mistero dei suoi sentimenti, mai, e in questo stava la sua grandezza.
In questi anni mi ha insegnato molto del suo modo di essere, a me che sono una lombarda cattolica per sbaglio, ma cresciuta in una modalità culturale forse più vicina al calvinismo, con il suo riserbo e le sue prenni zone buie sui sentimenti.
Lui i sentimenti li gridava con tutto se stesso.
Se era felice il suo viso era roseo e luminoso, gli occhi nocciola diventavano trasparenti come topazi e i baffi biondi prendevano il colore dell'oro.
Se era triste, arrabbiato, infelice, impaurito, diventava pallido, gli occhi diventavano scuri, duri e impenetrabili, e i baffi sembravano quasi bianchi, spenti.
Se era felice le sue mani erano calde e morbide, se era triste erano fredde, secche.
Ci eravamo conosciuti per caso, una decina di anni fa, tutti e due con un carico di stanchezza e dolore sulle spalle, e avevamo subito capito di poter essere, l'uno per l'altro, di conforto.
La confortevole amicizia è durata poco, perché in pochissimo tempo si è trasformata in amore, in un amore così grande da vivere ogni giorno la meraviglia dell'innamoramento.
Ci innamoravamo ogni mattina, e sempre di più man mano che gli anni passavano.
Il venire a conoscenza degli inevitabili difetti, delle piccinerie che ognuno di noi ha dentro, ci dava allegria invece che fastidio.
Lui prendeva in giro bonariamente il mio totale isolarmi dalla vita e dal mondo quando leggevo un libro, per cui era perfettamente inutile parlarmi, e io sfottevo la sua estrema passione per le offerte speciali al supermercato, che lo ottenebrava così tanto da non fargli riconoscere le fregature travestite: la sua unica concessione al consumismo.
Ho ammirato fin dal primo giorno la sua estrema intelligenza, la capacità di prendere, rivoltare, approfondire e infine fare propria qualsiasi conoscenza, senza per questo apparire pedante, anzi, con leggerenza, quasi in punta di piedi.
Un giorno non sapeva, il giorno dopo ne sapeva più di chiunque altro.
Era attento al mondo, ma non ragionava mai per massimi sistemi.
Ogni persona che lo avvicinava godeva della sua attenzione, intera, senza distrazioni, senza che i suoi problemi personali andassero a influire su questa attenzione nei confronti degli altri, che capiva senza sforzi, immedesimandosi nei loro bisogni e nei loro problemi.
Eppure aveva estremo bisogno di ammirazione e di attenzione, lui, il solare e vanitoso leone che mi mostrava ridendo come un bambino i suoi articoli pubblicati, il numero di pagine di Google in cui compariva il suo nome, i numerosissimi tributi ai suoi lavori di insigne linguista, apprezzati in tutto il mondo.
E io sono orgogliosa di lui, sono orgogliosa di avergli creato intorno il clima di cui aveva bisogno per crescere e prosperare, come una pianta ha bisogno della luce del sole. Non mi era difficile guardarlo con adorazione, fargli complimenti: era esattamente quello che sentivo e provavo. Una sconfinata ammirazione e un amore sempre più grande.
Era ammalato, da un anno la sua cardiopatia si era aggravata considerevolmente.
Ma la affrontava come affrontava tutto, sfottendola, mettendo a frutto tutte le sue altre risorse, che erano quelle di un uomo anche fisicamente fuori dal comune.
I medici del 118 che hanno tentato inutilmente di rianimarlo si sono meravigliati sentendo che usciva, camminava, andava in bicicletta, faceva in tutto e per tutto una vita normale: guardando le carte lui non avrebbe dovuto essere in grado nemmeno di allacciarsi le scarpe da solo. D'altra parte non si sarebbe saputo accettare diverso: già la scoperta della perdita dell'invulnerabilità era stata un duro colpo per lui, aveva insinuato una vena di tristezza e paura nel suo carattere solare, l'aveva reso ancora più dolce, tenero, attento.
Ieri mattina c'è stata una piccola cerimonia laica per salutarlo.
E' stato difficile organizzarla: nessuno sapeva da che parte incominciare, a memoria d'uomo non si era mai fatto, e quanche vecchietto del paese, vedendo la bara senza la croce sopra se l'è presa col povero impresario delle pompe funebri.
Si sarebbe indignato per questo. Lui non era religioso, e si definiva ateo e materialista, senza rendersi conto di quanto spirituale fosse il suo modo di essere.
Ma questo non c'entra niente con la religione, in effetti, c'entra solo con la sua anima grande.
In ogni caso alla cerimonia c'era tantissima gente oltre ai familiari: colleghi, amici di tutti i generi e provenienti dagli infiniti rami dei suoi infiniti interessi, e alunni ed ex alunni a frotte: i più dispiaciuti e commossi di tutti.
I più piccoli mi hanno chiesto sue foto, i più grandi hanno chiesto che i due colleghi di musica organizzassero uno spettacolo musicale in sua memoria.
Lui amava la musica e il teatro, cantava benissimo e recitava meglio, e durante gli spettacoli era sempre sul palco coi ragazzi, interpretando le parti più difficili, quelle per cui le voci ancora incerte dei bambini non avevano ancora sufficiente forza.
Dopo la cerimonia, quando la piccola cappella del cimitero è stata chiusa, io e alcuni amici siamo andati a mangiare al Liolà, che lui amava molto, e lui è venuto con noi. Tutti noi sentivamo intensa la sua presenza, e lo abbiamo sentito materializzarsi nella battuta al fulmicotone che Flavia ha fatto a Claudio, battuta che sembrava uscita direttamente dalla sua bocca, e che ha scatenato un coro di risate, e la sua non mancava.
Non riesco a pensare alla mia vita senza di lui.

6 commenti:

Francesca ha detto...

Cara Mariagrazia,
ti ho pensato tanto oggi!!!
Stamattina mi capita tra le mani, per caso, questa piccola poesia e ho avuto un intenso pensiero per te.
L'autore si chiama Albino Comelli.

MI MANCA
Mi manca l'amore di sole
dei tuoi occhi
per guardare autunno
già lento e freddo
che discende sopra il mio corpo.

Mi manca il tuo ritorno
all'ora giusta
per mangiare il pane insieme,
per dormire con il tuo sonno accanto.
C'era più luce nella perduta festa
che tu aprivi all'alba
con l'antico suono di un nuovo giorno.

Mi pare ormai una leggenda
la tua voce che divaga sola
fra i racconti dell'infanzia.
Parlarti è una preghiera:
che il tuo sorriso non sia stanco,
che tu non veda piangere il mio pianto.
Che tu torni dal viaggio
con le grandi mani aperte
a dare un segno di calore.

Un abbraccio forte.
Fammi sapere se e quando e dove organizzeranno questo concerto in suo onore. Non mancherò!!!
Francesca

ombraluce ha detto...

Grazie per la poesia, è assolutamente perfetta e magnifica.

Ti faccio sapere per lo spettacolo.

Anonimo ha detto...

Lui era lì con noi, ha riso con noi ed è stato felice nel vederci alzare i bicchieri in suo onore... sono sicura che era quello che voleva vedere, i suoi amici stare insieme a ricordarlo con il sorriso sulle labbra, anche se non è stato facile trattenere le lacrime e spesso hanno rigato i nostri visi nonostante gli sforzi, ma non sgridarci per questo prof!

Anonimo ha detto...

Non sono eleganti i regali riciclati, ma in questo caso è diverso : una amica virtuale in un momento di sconforto mi ha regalato questa, io ora lo regalo a te
(Gianni aka inox1964, un tuo 'vicino' di anobii)

Ciao



Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattrocchi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
(Eugenio Montale)

Anonimo ha detto...

Non ci conosciamo, sono giunta nel tuo blog da aNobii e leggere il tuo dolore mi ha fatto piangere come una bambina.
Non so confortare, ti dico solo (per quanto possa servire) che soffro con te.
Un abbraccio

zeros

Lucia ha detto...

Cara Mariagrazia, permettimi di rivolgermi a te così anche se non ci conosciamo personalmente.

Da qualche giorno non passavo sul tuo blog ed oggi quando l'ho aperto sono rimasta interdetta, incredula: e un dolore forte mi ha preso. Mi dispiace, mi dispiace tanto.

So molto bene che le parole non scalfiscono questi grandi dolori, non certo così presto almeno, ma per quanto può valere sento il bisogno di esprimerti la mia vicinanza almeno con il pensiero, con il sentimento.

Quello che traspare dai tuoi scritti – anche sul vostro rapporto – è la sensazione di qualcosa di molto bello, di grande: e questo resta, resterà sempre e potrà, spero, aiutarti a superare questo momento, e un domani a guardare indietro con la serenità che viene dalla consapevolezza di aver avuto la fortuna di conoscere e godere di qualcosa di unico, di immenso, di luminoso.

Non riesco a dirti di più, anche se vorrei.

Un abbraccio, forte, a te.

Lucia