venerdì 24 aprile 2009

Terremoto SPA, seconda puntata: il libro dei numeri

Ecco, dopo un terremoto, un terremoto devastante come quello dell'Abruzzo, dove alcuni paesi come l'ormai tristemente famosa Onna sono stati completamente rasi al suolo, e dove nel capolouogo il 100% degli edifici pubblici è stato dichiarato inagibile, bisogna ricostruire.
E bisogna ricostruire in fretta, in modo da evitare un'altra tristemente famosa vergogna italica, vale a dire i terremotati che per decenni campano nelle tendopoli e nei container.
Basti pensare che ci sono ancora notevoli tracce dei terremoti, tanto per fare qualche esempio, di Messina (anno 1908), Belice (anno 1968), Irpinia (anno 1980), Umbria (1997).
Stranamente non ci sono tracce del terremoto del Friuli, o meglio, una traccia c'è, una rovina diroccata … custodita con la massima cura a perenne memento di quando di questa regione non restò pietra su pietra, ed era il 1976, non il 1908.
Qual'è la differenza tra gli altri terremoti e quello del Friuli, dove l'ultimo baraccato tornò a vivere in una vera casa a meno di dieci anni dall'evento, quando, appunto, ci sono famiglie che ormai hanno visto trascorrere le generazioni nelle baracche nelle altre zone terremotate?
Io non ero in Friuli all'epoca, anche se quel terremoto mi è rimasto impresso per un gustoso episodio famigliare, ma da quel che so, da quello che mi hanno raccontato friulani che quella tragedia hanno vissuto, credo che la differenza l'abbia fatta la circostanza che i cittadini presero in mano in prima persona la situazione, senza attendere l'aiuto di nessuno, e poi accettando e utilizzando al meglio l'aiuto di tutti quelli che vollero darlo.
E questo sia nel momento dell'emergenza, come lo svuotamento dell'ospedale di Gemona, che allora si trovava in pieno centro, dove una catena umana di volontari autoorganizzati evuacò i malati usando le proprie automobili, sia dopo, al momento della ricostruzione, quando ognuno impegnò se stesso fino alla spasimo.
Nessuna grande ricostruzione per il Friuli, ma un grande amore per il territorio, e un attento utilizzo di tutte le risorse che vi piovvero, al punto che, con una battuta, si dice che la fortuna del Friuli è stata il terremoto, che prima la principale produzione di questa regione erano gli emigranti, e adesso fa parte della “locomotiva del Nord-Est”.
Insomma questa lunga digressione per dire che adesso bisogna ricostruire alla svelta.
E qui tornano in primo piano i costruttori edili, vale a dire quelle stesse persone e imprese che sono in gran parte responsabili, assieme ai politici che gli hanno tenuto mano, del disastro avvenuto.
In realtà, dopo il terremoto del Friuli, nessun disastro imputabile a movimenti tellurici è privo di colpevole, e questo deve essere molto chiaro, e il colpevole è colpevole per dolo, e non per semplice colpa od omissione, perché le leggi ci sono, da decenni ormai, e solo il loro mancato rispetto ha provocato tutto questo, e lo provocherà ancora in qualsiasi parte la terra italica deciderà di tremare di nuovo.
Ho già sentito invocare nuove leggi, l'altro grande sport di noi italiani. Abbiamo uno dei corpus giuridici più complesso e completo del mondo, in gran parte ancora abbastanza ben scritto, per lo meno in quelle parti dove la furia e la foga celoduristica e pseudoliberista che girano libere per l'aere dal 1994 in avanti non hanno ancora messo mano.
Sono leggi che se fossero applicate, invece che continuamente disattese e derogate, ci darebbero, tra le altre cose, abitazioni, scuole, uffici pubblici capaci di stare in piedi per uno scuotimento che non ha raggiunto il sesto grado della scala Richter, valore che in Giappone considerano a malapena fastidioso, altro che devastante.
E invece no, si invocano nuove leggi, una ricostruzione veloce, quartieri nuovi, L'Aquila più grande e più bella che pria, si va a far visita ai terremotati nelle tendopoli con grande sfoggio di cerone e fard, si colpevolizza un vignettista che fa semplicemente il suo mestiere, vale a dire esprime dubbi e pungola, si mandano sms per donare soldi alla protezione civile, si fanno consigli dei ministri, e forse pure un G8, nelle zone terremotate, e, soprattutto si dice che le inchieste per scoprire i colpevoli di tanto casino intralciano la ricostruzione.
Ora, è ben vero che nell'Italia di Berlusconi, così come è stato nell'America di Bush Junior, non è lecito disturbare il manovratore, e soprattutto chi ha uno spirito critico viene tacciato di essere un sabotatore, uno privo di amor di patria, un comunista pedofilo e mangiatore di bambini, e soprattutto, oggi, in riguardo all'Abruzzo, uno che non vuole che questo terremoto sia diverso dagli altri, che non lasci i terremotati nelle tendopoli.
Ora, riaffermo il concetto che un terremoto diverso dagli altri c'è già stato, ed è stato quello del Friuli, eppure non c'erano all'epoca ceronati e postfascisti in grande spolvero, non c'erano consigli dei ministri e G8, che erano anni biechi di Democrazia Cristiana, e Moro sarebbe morto solo due anni dopo.
E quindi, come ricostruire in fretta e bene, evitando che gli stessi pescecani che sono colpevoli del disastro si pappino le fette più grosse della pioggia di aiuti che sono in arrivo, beati e pasciuti fino al prossimo terremoto, col quale si potranno poi pascere di nuovo?
Bene, la mia ricettina, non a caso sono anche una cuoca, è questa:
innanzi tutto, tutti, e dico tutti, quelli che non si danno da fare con le mani vadano fuori dalle palle (mi si passi il francesismo, ma prediligo l'efficacia alla finezza del discorso), quindi via televisioni, ceronati, nani, ballerine, pseudoesperti raglianti e quant'altro. Si permetta, come mezzo di comunicazione e informazione, la sola radio, che ha mostrato di essere veramente un servizio pubblico, pubblica o privata che fosse.
Vengano formati dei comitati per la gestione degli aiuti, formati dai cittadini, in primis da coloro che hanno perso casa e famiglia, perché solo chi ha molto sofferto sarà in grado di tenere alla larga chi potrebbe causare nuove sofferenze.
Stiano alla larga i grandi costruttori nazionali, coloro che sono infiltrati dalla mafia, dalla camorra e dalla semplice speculazione, che secondo me di danni ne fa di più che la mafia e la camorra messi insieme, ma la ricostruzione sia affidata alle sole piccole imprese locali, e che queste imprese siano comunque controllate fino alla carta asciugamani nei cestini dei cessi.
Si dia mano libera alla magistratura, perché individui in via definitiva i colpevoli, e li affidi certamente a scontare la loro pena (è vero che io suggerirei i lavori forzati, ma anche spogliarli di tutti i guadagni ingiustamente realizzati, da dividersi tra i loro operai sottopagati non sarebbe male, con successiva interdizione allo svolgere qualsiasi lavoro pagato più di mille euro al mese).
E, soprattutto, si ami finalmente il territorio, lo si consideri una parte viva della comunità: non c'è comunità senza territorio, quando il territorio è devastato si svuota, e infatti già si sentono voci di gente che se ne vuole andare dall'Abruzzo, e se un territorio si svuota, si perde definitivamente una ricchezza di gente e di cultura.
Eppure, non so perché, ma ho la sensazione che le cose andranno in modo diametralmente opposto.
Ma questa è un'altra storia,e si dovrà raccontare un'altra volta.

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